Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10617 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10617 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato il DATA_NASCITA a Brindisi
avverso la sentenza in data 03/11/2022 della Corte di appello di Lecce visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio relativamente alla pena, da rideterminarsi in anni tre e mesi due di reclusione; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Giudicando in sede di rinvio, a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione in data 24/11/2020 di precedente sentenza pronunciata in grado di appello, con cui era stata confermata quella del Tribunale Brindisi in data 26/10/2015, che aveva riconosciuto NOME COGNOME colpevole dei delitti di
estorsione e di usura, la Corte di appello di Lecce, preso atto della riqualificazione dell’ipotesi di estorsione in quella del mero tentativo, ha proceduto alla rideterminazione della pena, ritenendo più grave il delitto di usura rispetto a quello di tentata estorsione e irrogando la pena di anni tre mesi quattro di reclusione ed euro 4.500,00 di multa.
Ha proposto ricorso NOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla quantificazione della pena.
Rileva che la Corte era incorsa nella violazione del divieto di reformatio in peius, in quanto nelle precedenti fasi di merito i Giudici erano partiti da una pena pari al minimo previsto per l’estorsione, mentre nella sentenza impugnata la pena era stata determinata muovendo da una pena più elevata del minimo, senza alcuna specifica spiegazione delle ragioni per cui il fatto avesse assunto anche rispetto al reato di estorsione una consistente gravità.
Avrebbe dovuto dunque farsi riferimento ai principi esposti nella sentenza Morales delle Sezioni Unite, ai fini della valutazione della reformatio in peius con riguardo alle singole componenti che influiscono sulla determinazione della pena.
2.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
La Corte aveva inteso operare un aumento di mesi sei sulla pena base di anni due e mesi otto, ma in tal modo avrebbe dovuto giungersi ad una pena detentiva di anni tre e mesi due e non di anni tre e mesi quattro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte, a seguito della riqualificazione del delitto di estorsione nell’ipotesi del tentativo, ha rilevato che reato più grave, ai fini della determinazione della pena per i reati in continuazione, era quello di usura: ha dunque stabilito la pena base per tale reato, in misura più elevata rispetto al minimo previsto per l’usura, operando poi l’aumento per la continuazione, in modo da irrogare una pena inferiore rispetto a quella applicata nelle precedenti fasi di merito.
La circostanza che, diversamente da quanto avvenuto in precedenza con riguardo al delitto di estorsione, sia stata determinata una pena base non corrispondente al minimo edittale, peraltro nel rispetto dei limiti complessivi di pena irrogata, risulta pienamente in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale in forza del quale deve aversi riguardo alla relatio tra un quantum di pena base e un quantum di aumento per ciascuno dei reati satelliti, non
potendosi stabilire alcuna comparazione se è la stessa base di commisurazione a mutare e non potendosi neppure porre problemi di proporzionalità tra le decisioni a confronto, in quanto non può dirsi imposto al secondo giudice come pena base il minimo edittale previsto per il nuovo reato ritenuto più grave, ove il primo giudice si sia attenuto a quel limite nella determinazione della pena base (così nitidamente in motivazione, Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258653).
Nel caso di specie, dunque, la Corte ha correttamente determinato la pena base, senza incorrere nella violazione del divieto di reformatio in peius.
2. E’ tuttavia fondato il secondo motivo.
Nello stabilire un aumento a titolo di continuazione di mesi sei, quanto alla pena detentiva, la Corte ha erroneamente operato il calcolo rispetto alla pena base, essendo pervenuta ad una pena complessiva di anni tre e mesi quattro di reclusione, quando, muovendo dalla pena di anni due e mesi otto, avrebbe dovuto applicare una pena complessiva di anni tre e mesi due.
La sentenza impugnata deve essere dunque annullata senza rinvio quanto alla pena, che deve essere rideterminata in anni tre mesi due di reclusione ed euro 4.500 di multa. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena che ridetermina in anni tre e mesi due di reclusione ed euro 4.500 di multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.