Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12817 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12817 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato 1112/10/1944
avverso la sentenza del 20/06/2024 della CORTE APPELLO di ROMA dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Roma ha parzialmente riformato la sentenza di condanna pronunciata nei confronti di COGNOME per il reato di cui all’art. 497-bis, comma 1 cod. pen., riqualificando il fatto ai sensi dell’art. 497-bis, comma 2, cod. pen. (fatto commesso in Roma il 2 dicembre 2023);
che l’atto di impugnativa nell’interesse dell’imputato consta di due motivi;
che in data 30 gennaio 2025 è stata depositata in Cancelleria tramite PEC memoria difensiva nell’interesse dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il primo motivo, che denuncia la violazione degli artt. 43, 47 e 497-bis cod. pen., è assolutamente generico, in quanto affidato ad astratte deduzioni giuridiche, del tutto scollegate dalle specifiche e concrete ragioni argomentate nella sentenza impugnata per confermare l’affermazione di responsabilità dell’imputato (vedasi pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata);
che anche il secondo motivo, che eccepisce la reformatio in peius della sentenza di primo grado, è affidato a deduzioni assolutamente generiche, che non colgono affatto il nucleo della questione affrontata nella sentenza impugnata, laddove, senza modificare il trattamento sanzionatorio concretamente applicato all’imputato, la Corte territoriale ha qualificato il fatto in termini più gravi, ossia alla stregua della fattispecie di cui all’art. 497-bis, comma 2, cod. pen.; questione che è stata risolta dalla Corte stessa richiamandosi all’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità secondo cui «Il giudice di appello, pur in difetto di gravame del pubblico ministero, può dare al fatto una diversa e più grave qualificazione giuridica, ove la questione sia strettamente connessa ad un capo o ad un punto della sentenza che abbia costituito oggetto dell’impugnazione, senza per questo violare il divieto di “reformatio in peius”, che investe solo il trattamento sanzionatorio in senso stretto, e, dunque, la specie e la quantità della pena» (Sez. 6, n. 47488 del 17/11/2022, Rv. 284025; Sez. 3, n. 1275 del 09/10/2020, dep. 2021, Rv. 280578 secondo cui «Il giudice d’appello, nell’esercizio del potere dovere di procedere alla corretta qualificazione giuridica del fatto, anche quando l’impugnazione sia stata proposta dal solo imputato, per preservare il principio dell’obbligatorietà della legge può dare al reato l’esatta definizione, ancorché più grave di quella attribuita dal giudice di primo grado, fermo restando l’obbligo di pronunciare soltanto sul fatto sottoposto al suo esame, e salvo il divieto di “reformatio in peius” con riferimento alla pena sotto il profilo della sua specie e quantità»);
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 12 marzo 2025
Il consigliere estensore
Il Presidente