Reformatio in peius: la Cassazione delinea i confini del divieto
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul principio del divieto di reformatio in peius, un cardine del diritto processuale penale. Il caso riguardava un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello che, pur riducendo la pena finale, aveva modificato il calcolo della sanzione base. La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire i criteri corretti per valutare la violazione di tale divieto.
I Fatti del Processo
L’imputato era stato condannato in primo grado per il reato di furto pluriaggravato. La pena inflitta dal Tribunale era stata di due anni di reclusione e 600 euro di multa. In sede di appello, la difesa otteneva una parziale riforma della sentenza: la Corte d’Appello escludeva una delle circostanze aggravanti contestate (la violenza sulle cose) e, di conseguenza, rideterminava la pena, riducendola a un anno e quattro mesi di reclusione, mantenendo la multa a 600 euro.
Tuttavia, l’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando due presunte violazioni di legge.
I Motivi del Ricorso e l’analisi sul divieto di reformatio in peius
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due principali motivi:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità penale: L’imputato contestava le modalità con cui era stato identificato, ovvero tramite la visione di filmati di una videocamera di sorveglianza. La Cassazione ha ritenuto questo motivo inammissibile, in quanto si trattava di una semplice ripetizione di argomenti già presentati in appello, senza un reale confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata.
2. Violazione del divieto di reformatio in peius: Questo è il punto centrale della decisione. L’imputato sosteneva che la Corte d’Appello, nel ricalcolare la pena, fosse partita da una pena base superiore a quella del primo grado, peggiorando di fatto la sua posizione. Il Tribunale aveva inflitto una pena complessiva di 2 anni. La Corte d’Appello, pur escludendo un’aggravante, nel suo calcolo era partita da una pena base di 2 anni e 927 euro di multa (il minimo edittale per il furto con l’aggravante residua), per poi applicare la riduzione prevista per il rito abbreviato, giungendo a una pena finale inferiore (1 anno e 4 mesi).
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, specialmente riguardo al secondo motivo. Gli Ermellini hanno chiarito che non vi è stata alcuna violazione del divieto di reformatio in peius. Il principio, sancito dall’art. 597 del codice di procedura penale, vieta al giudice dell’appello di applicare una pena più grave quando a impugnare la sentenza è stato solo l’imputato.
Nel caso specifico, la Corte ha spiegato che il giudice d’appello ha correttamente esercitato i propri poteri. Dopo aver escluso una delle aggravanti, ha dovuto ricalcolare la pena partendo dal minimo edittale previsto per il reato così come ridefinito, ovvero furto aggravato dalla sola circostanza residua. Sebbene la pena base individuata in appello fosse nominalmente più alta per la parte pecuniaria (€ 927 contro i € 600 di multa finale del primo grado), il risultato finale, grazie alla riduzione per il rito, è stato una pena complessivamente più favorevole per l’imputato (1 anno e 4 mesi contro 2 anni).
La Cassazione ha sottolineato che il confronto per verificare la violazione del divieto di reformatio in peius deve essere fatto tra il dispositivo della sentenza di primo grado e quello della sentenza di appello, ovvero tra le pene finali inflitte. Poiché la pena finale applicata dalla Corte d’Appello era inferiore a quella del Tribunale, non si è verificato alcun peggioramento illegittimo della posizione dell’imputato.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla violazione del divieto di reformatio in peius si effettua confrontando il risultato sanzionatorio finale, non i passaggi intermedi del calcolo della pena. Un giudice d’appello può legittimamente rideterminare la pena base, anche in aumento rispetto a quella individuata in primo grado, a condizione che la pena finale inflitta all’imputato appellante risulti complessivamente più mite o uguale a quella precedente. La decisione, quindi, consolida la giurisprudenza in materia e fornisce un’utile guida per distinguere una corretta rideterminazione della pena da una violazione dei diritti della difesa.
Che cosa significa divieto di reformatio in peius?
È il principio secondo cui il giudice dell’appello, se l’unico a impugnare la sentenza è l’imputato, non può emettere una decisione che peggiori la sua posizione, ad esempio aumentando la pena.
Perché il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
È stato ritenuto inammissibile perché era una mera riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza contestare specificamente le ragioni della decisione della Corte d’Appello.
Perché la Cassazione ha escluso la violazione del divieto di reformatio in peius?
Perché, nonostante la Corte d’Appello avesse ricalcolato la pena partendo da una sanzione pecuniaria base più alta, la pena finale inflitta (1 anno e 4 mesi di reclusione e 600 euro di multa) era comunque inferiore a quella stabilita in primo grado (2 anni di reclusione e 600 euro di multa). Il confronto va fatto sul risultato finale, non sui calcoli intermedi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38336 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38336 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 03/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AVERSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Ap )ello li Ancona che, in parziale riforma della sentenza di condanna, ex ar-. 442 cod. proc: pen. del Tribunale di Ascoli Piceno di condanna in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624, 625 nn. 2 e 7 cod. pen., commesso in Ascoli Piceno il 2 luglio 20″A E sclusa la circostanza aggravante prevista dall’art. 625 comma 1 n. 2 od. )en., ha rideterminato la pena inflitta.
Rilevato che il primo motivo, con cui ha dedotto la violazione di egge e il vizio di motivazione in relazione alla affermazione della penale res onsE bilità, è inammissibile in quanto meramente reiterativo della doglianza già pro ost,E in sede di impugnazione, in assenza di confronto con la sentenza impu ;nata cui non contrappone valide ragioni in fatto o in diritto. La Corte di appello ha dato atto che l’identificazione del ricorrente era avvenuta tramite la visione dei filmati tr’ 3tti dalla videocamera di sorveglianza da parte dei carabinieri che avevano firmato l’annotazione di polizia giudiziaria nella quale era menzionato a pun:o detto riconoscimento.
Considerato che il secondo motivo, con cui si deduce la violazione di I .gge e il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello violato di divieto di refoi nnatio i peius, è manifestamente infondato. Il Tribunale aveva irrogato, in ord’ne al reato di cui all’art. 624, 625 nn. 2 e 7 cod. pen. la pena di anni 2 di reclusione e euto 600 di multa; la Corte, dopo aver escluso la circostanza aggravante della violer za SI. Ile cose, ha condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione e euro E 00 ci multa, muovendo dalla pena base, pari al minimo edittale, di anni 2 di recl sior e euro 927,00 di multa ed operando la riduzione per il rito. La Corte non e incoi sa nella violazione dell’art. 597 cod. proc. pen, in quanto ha individuato la pena )ase nel minimo edittale previsto per l’art. 625 comma 1 n. 7 cod. pen.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inam nissinile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della SC MME di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della RAGIONE_SOCIALE delle an -mende.
Così deciso il 3 ottobre 2024
Il Consigliere nso