Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8974 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8974 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME, nato a Pietrasanta il DATA_NASCITA,
NOME (CODICE_FISCALE), nato in Marocco il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME, nato a Massa il DATA_NASCITA,
NOME COGNOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA,
COGNOME NOME (CUI 04BYHO), nato a Pietrasanta il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 07/03/2023 della Corte appello di Genova; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; sentito il Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; sentiti i difensori:
tg,
AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per NOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME; AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, per NOME COGNOME, che hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Genova, in sede di giudizio abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Massa, emessa 1 11 marzo 2022, ha confermato la responsabilità di tutti i ricorrenti per il reato ex art. 73 D.P.R. 309/90 di cui al capo A, qualificato ai sensi del comma quinto di tale norma, nonché la responsabilità del solo COGNOME NOME anche per il reato di tentata estorsione di cui al capo B. Secondo l’accusa, avallata dai giudici di merito di entrambi i gradi, gli imputat COGNOMEano introdotto a più riprese cocaina all’interno del carcere di Massa che veniva fornita ad alcuni detenuti.
A tale vicenda è riconducibile la tentata estorsione di cui al capo B.
Ricorrono per cassazione gli imputati, con distinti atti.
NOME COGNOME.
3.1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
La Corte ha determinato la pena per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90 pressoché al massimo edittale, valorizzando per il ricorrente elementi ascrivibili ad altri coimputati (come la recidiva per COGNOME) e senza tenere conto degli elementi di segno contrario indicati dalla difesa.
3.2. Con il secondo motivo si censura l’applicazione della continuazione interna al reato di cui al capo A, non essendo provati più episodi illeciti.
3.3. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione del divieto di reformatio in peius, per avere escluso le circostanze attenuanti generiche già riconosciute in primo grado.
3.4. Con il quarto motivo si censura la sentenza impugnata in ordine alla mancata sostituzione della pena detentiva, non ancorata a parametri convincenti.
NOME COGNOME.
4.1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
La Corte ha determinato la pena per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90 pressoché al massimo edittale, valorizzando per il ricorrente elementi ascrivibili ad altri coimputati (come la recidiva per COGNOME) e senza tenere conto degli elementi di segno contrario indicati dalla difesa.
4.2. Con il secondo motivo ci si duole della ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. g), D.P.R. 309/90, assumendosi la mancanza di prova della consapevolezza del ricorrente che la droga dovesse essere introdotta all’interno di un carcere.
4.3. Con il terzo motivo si eccepisce la violazione del divieto di reformatio in peius, per avere applicato una diminuzione di pena per effetto del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche inferiore a quello stabilito dal primo giudice.
COGNOME NOME.
5.1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
La Corte ha determinato la pena per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90 pressoché al massimo edittale, valorizzando per il ricorrente elementi ascrivibili ad altri coimputati (come la recidiva per COGNOME) e senza tenere conto degli elementi di segno contrario indicati dalla difesa.
5.2. Con il secondo motivo si eccepisce la violazione del divieto di reformatio in peius, per avere escluso le circostanze attenuanti generiche già riconosciute in primo grado.
5.3. Con il terzo motivo ci si duole della ritenuta sussistenza dell’aggravante di cu all’art. 80, comma 1, lett. g), D.P.R. 309/90, assumendosi la mancanza di prova del fatto che il ricorrente fosse coinvolto nell’attività di spaccio all’interno carcere.
NOME COGNOME.
6.1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità.
La Corte non avrebbe valutato adeguatamente l’assenza di riscontri alle dichiarazioni della coimputata non ricorrente COGNOME NOME in ordine alle cessioni di droga effettuate dalla NOMEmos, tanto non risultando dalle intercettazioni.
6.2. Con il secondo motivo ci si duole della mancata considerazione del motivo di appello con il quale era stata chiesta l’applicazione dell’art. 114 cod.pen., non rinvenendosi in sentenza alcuna specificazione sul ruolo dell’imputata.
6.3. Con il terzo motivo si censura la sentenza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio.
La Corte ha determinato la pena per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90 pressoché al massimo edittale, valorizzando per il ricorrente elementi ascrivibili ad altri coimputati (come la recidiva per COGNOME) e senza tenere conto degli elementi di segno contrario indicati dalla difesa.
6.4. Con il quarto motivo ci si duole della ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 80, comma 1, lett. g), D.P.R. 309/90, assumendosi la mancanza di
3 GLYPH
é(g
prova della consapevolezza del ricorrente che la droga dovesse essere introdotta all’interno di un carcere.
6.5. Con il quinto motivo si eccepisce la violazione del divieto di reformatio in peius, per avere applicato una diminuzione di pena per effetto del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche inferiore a quello stabilito dal primo giudice.
7. COGNOME NOME.
7.1. Con il primo motivo si censura la sentenza impugnata in ordine al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, non essendo state adeguatamente valutate le condizioni di salute del ricorrente accertate da relazione e perizia d’ufficio, sulla base RAGIONE_SOCIALE quali è stata concessa l’attenuante de vizio parziale di mente di cui all’art. 89 cod.pen.
7.2. Con il secondo motivo ci si duole della mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 89 cod.pen. in regime di prevalenza sulle aggravanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi non possono essere accolti.
NOME COGNOME.
1.1. Il primo motivo è infondato.
La Corte ha ampiamente motivato in ordine alla commisurazione della pena, giustificando l’ampio discostamento dal minimo edittale per fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90, in considerazione della particolare gravità del fatto, tratta dalla circostanza che gli imputati, tra i quali il COGNOMECOGNOME imbastito una attività illecita organizzata volta all’introduzione di cocai all’interno del carcere di Massa, che non COGNOMEa avuto connotati occasionali ma sistematici, secondo quanto emerso dall’insieme RAGIONE_SOCIALE prove raccolte (cfr. fgg. 8, 13 e 22 della sentenza impugnata).
Per di più, per quanto inerisce alla specifica posizione del ricorrente, la Corte ha mostrato, a fg. 22 della sentenza impugnata, di ritenere che la sua condotta fosse anche più grave di quella degli altri ricorrenti, per il fatto che egli era un inferm del carcere e dunque rivestiva un delicato compito istituzionale del quale COGNOMEa abusato.
Ne consegue che il giudizio di merito esercitato sul punto, esente da vizi logicogiuridici, resiste ad ogni censura difensiva.
Si deve rammentare, in proposito, che la pacifica giurisprudenza di legittimità, condivisa dal Collegio, ritiene che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, co come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e
133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME; Sez. 3 n. 1182 del 17/10/2007 dep. 2008, Cilia, rv. 238851).
1.2. Anche il secondo motivo è infondato.
In ragione di quanto si è precisato con riguardo al primo motivo, la Corte ha sottolineato che gli episodi delittuosi in cui era coinvolto il ricorrente er molteplici, indicandone, tra questi, almeno due specifici (fg. 21 della sentenza impugnata).
Per il che, correttamente è stato determinato un aumento di pena per la continuazione interna al reato di cui al capo A.
1.3. Anche il terzo motivo è infondato.
Il Giudice per l’udienza preliminare, come si legge a fg. 22 della sentenza di primo grado, COGNOMEa riconosciuto le circostanze attenuanti generiche in misura equivalente alle aggravanti.
La Corte di appello, a fg. 22 della sentenza impugnata, non ha calcolato l’incidenza RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche e del giudizio di bilanciamento, determinando una pena complessivamente inferiore a quella inflitta in primo grado (anni due, mesi otto di reclusione ed euro 1600 di multa rispetto alla pena di anni quattro, mesi quattro ed euro 19.000 di multa).
Vero è che la sentenza ha precisato che i motivi per i quali erano state concesse le circostanze attenuanti generiche, erano venuti meno in esito alla differente qualificazione giuridica del reato.
Tuttavia, tanto va considerato una imprecisione terminologica, dal momento che, nella sostanza, la Corte non ha tenuto conto, nel determinare la pena comunque in misura meno grave rispetto al primo grado, né dell’incidenza RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche, né dell’incidenza RAGIONE_SOCIALE aggravati, che il primo giudice COGNOMEa bilanciato nel senso della equivalenza.
Nel che, l’assenza della violazione del divieto di reformatio in peius.
1.4. Anche il quarto motivo è infondato.
La Corte, investita dal ricorrente della richiesta di sostituzione della pen detentiva, ai sensi dell’art. 545-bis cod. proc. pen., ha respinto la richi rilevando che, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE modalità dell’illecito, non era prev l’osservanza da parte del ricorrente RAGIONE_SOCIALE prescrizioni inerenti alle pene so previste dalla legge.
Si tratta di valutazione di merito non rivedibile in questa sede perc manifestamente illogica.
GLYPH
5 GLYPH
(-a-z
Deve ribadirsi che in tema di pene sostitutive RAGIONE_SOCIALE pene detentive brevi, la disposizione di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen., è applicabile, nei limiti principio devolutivo, anche al giudizio di appello, nel senso che le sanzioni sostitutive possono trovare applicazione solo se il relativo tema sia stato specificamente devoluto nei motivi di appello. (Sez. 6, n. 46013 del 28/09/2023, Fancellu, Rv. 285491).
Tuttavia, come si legge nella motivazione di quella decisione, qui condivisa, “va osservato che l’art. 545-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 31 del d.lgs. ottobre 2022, n. 150, non prevede affatto un obbligo per il giudice di rinviare l’udienza e sospendere il processo dopo la lettura del dispositivo per acquisire informazioni dall’ufficio esecuzione penale o dalla polizia giudiziaria, ma attribuisce al riguardo solo una facoltà il cui esercizio è rimesso al prudente apprezzamento del giudice, onde evitare inutili prolungamenti della durata del processo nel caso che gli elementi acquisiti consentano immediatamente di ritenere in concreto non adeguata la sostituzione della pena detentiva, pur se irrogata entro i limiti d durata che ne rendono ammissibile in astratto la sostituzione. Nel caso opposto, in cui il giudice della cognizione valuti, invece, adeguata la pena sostitutiv richiesta dall’imputato, la mancata elaborazione del programma di trattamento non può giustificarne il rigetto, essendo espressamente prevista la facoltà per il giudice della cognizione – che diventa in questo caso una scelta obbligata – di sospendere il processo per un tempo massimo di sessanta giorni al fine di rinviare l’udienza per predisporre, in collaborazione con l’ufficio di esecuzione penale esterna, l’elaborazione di uno specifico programma di trattamento.
La verifica della sussistenza di dette condizioni per la sostituibilità della pe detentiva deve evidentemente essere coordinata con quanto previsto dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981, che disciplina il potere discrezionale del giudice nell’applicazione RAGIONE_SOCIALE pene sostitutive e che richiama i criteri indicati nell’art. cod. pen., configurando la decisione in ordine all’applicazione della pena sostitutiva quale esercizio di un potere certamente discrezionale ma che impone tuttavia al giudice di soppesare adeguatamente quale possa essere la pena in grado di soddisfare meglio le finalità che la pena persegue sotto il profilo rieducativo e repressivo e di darne riscontro, evidentemente, anche nella motivazione della sentenza. La valutazione della sussistenza dei presupposti per l’adozione di una sanzione sostitutiva è legata agli stessi criteri previsti dalla legge per determinazione della pena, e quindi il giudizio prognostico positivo cui è subordinata la possibilità della sostituzione non può prescindere dal riferimento agli indici individuati dall’art. 133 cod. pen., con la conseguenza che il giudice pu negare la sostituzione della pena anche soltanto perchè i precedenti penali rendono il reo immeritevole del beneficio, purchè ne spieghi le ragioni sotto il
6 GLYPH
(ek
profilo dell’adeguatezza della pena alle finalità di rieducazione sociale del condannato, in relazione alle peculiarità del caso concreto”.
Per le ragioni esposte il ricorso, nel complesso, deve essere rigettato.
2. NOME NOME.
2.1. Il primo motivo, sovrapponibile a quello proposto nell’interesse di NOME COGNOME, è infondato per le medesime ragioni espresse a proposito di tale ricorrente al paragrafo 1.1. RAGIONE_SOCIALE presenti considerazioni in diritto.
2.2. Il secondo motivo è generico.
La condotta del ricorrente, coordinata con quella della sua convivente e ricorrente COGNOME era finalizzata all’approvvigionamento di droga da far pervenire in carcere attraverso l’opera dell’imputata COGNOME (non ricorrente), fidanzata del detenuto COGNOME NOME, altro ricorrente.
La prova della consapevolezza della destinazione della droga è stata ritenuta provata – e con essa l’aggravante contestata di cui all’art. 80, comma 1, lett. g) D.P.R. 309/90 – sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni della COGNOME siccome riscontrate dalle intercettazioni e dalle stesse ammissioni del ricorrente, secondo quanto evidenziato ai fgg. 16 e 17 della sentenza impugnata, con indicazioni che il ricorso trascura.
2.3. Il terzo motivo, identico a quello del ricorrente COGNOME, è infondato per medesime ragioni di cui al punto 1.3. RAGIONE_SOCIALE presenti considerazioni in diritto.
Nel caso specifico, come risulta a fg. 18 della sentenza impugnata, il ricorrente è stato condannato alla pena di anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 1600 di multa.
In primo grado, invece (cfr. fg. 23 della sentenza del GUP), era stato condannato ad anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro 19.000, con le attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva.
Il ricorso deve, nel complesso, essere rigettato.
3. COGNOME NOME.
3.1. Il primo motivo, sovrapponibile a quello proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, è infondato per le medesime ragioni espresse a proposito del primo ricorrente al paragrafo 1.1. RAGIONE_SOCIALE presenti considerazioni in diritto. 3.2. Il secondo motivo, identico a quello del ricorrente COGNOME, è infondato per le medesime ragioni di cui al punto 1.3. RAGIONE_SOCIALE presenti considerazioni in diritto. Nel caso specifico, come risulta ai fgg. 15 e 16 della sentenza impugnata, il ricorrente è stato condannato alla pena di anni due, mesi dieci di reclusione ed euro 1600 di multa.
In primo grado, invece (cfr. fg. 22 della sentenza del GUP), era stato condannato ad anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro 19.000, con le attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva.
3.3. Il terzo motivo è generico.
La condotta del ricorrente era finalizzata all’approvvigionamento di droga da far pervenire in carcere attraverso l’opera dell’imputata COGNOME (non ricorrente), fidanzata del detenuto COGNOME NOME, altro ricorrente.
Il COGNOME si trovava in carcere con il COGNOME e, come ha precisato la Corte di appello, non si limitava ad assumere droga personalmente ma anche a spacciarla.
Nel che, la sussistenza dell’aggravante contestata di cui all’art. 80, comma 1, lett. g) D.P.R. 309/90 (fgg. 7, 14 e 15 della sentenza impugnata).
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato.
4. NOME COGNOME.
4.1. Il primo motivo, con il quale si censura il giudizio di responsabilità del ricorrente, è generico per le ragioni espresse a proposito del ricorrente COGNOME, convivente della COGNOME e RAGIONE_SOCIALE quali il ricorso non tiene conto (cfr. paragrafo 2.2. RAGIONE_SOCIALE presenti considerazioni in diritto).
4.2. Quanto al secondo motivo, se ne deve rilevare l’inammissibilità, posto che le generiche argomentazioni contenute nell’atto di appello a proposito della invocazione dell’attenuante di cui all’art. 114 cod.pen., sono incompatibili con il ruolo ritagliato dalla Corte di appello alla ricorrente, come costante collaboratrice del convivente NOME nello spaccio di droga da far pervenire in carcere attraverso NOME COGNOME.
È giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata. (in questo senso v. Cass. Sez. 4 sent. n. 1149 del 24.10.2005 dep. 13.1.2006 rv 233187). 4.3. Il terzo motivo, sovrapponibile a quello proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME, è infondato per le medesime ragioni espresse a proposito
del primo ricorrente al paragrafo 1.1. RAGIONE_SOCIALE presenti considerazioni in diritto.
4.4. Il quarto motivo è generico per le ragioni espresse al paragrafo 2.2. della presenti considerazioni in diritto a proposito del ricorrente COGNOME, convivente della COGNOME.
4.5. Il quinto motivo è infondato.
Il GUP (cfr. fg. 22 della sentenza impugnata) COGNOMEa inflitto alla ricorrente la pena di anni due, mesi nove, giorni dieci di reclusione ed euro 14.000 di multa, previo riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, abbattendo la sanzione, ai sensi dell’art. 62-bis cod.pen., di anni due di reclusione ed euro 8000 di multa (da anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa, ad anni quattro di reclusione ed euro 18.000 di multa per la fattispecie di reato più grave di cui al primo comma dell’art. 73 D.P.R. 309/90 come ritenuta in primo grado).
La Corte di appello (fg. 18 della sentenza impugnata), ha ridotto la pena per le circostanze attenuanti generiche ad anni tre di reclusione ed euro 1800 di multa, in misura inferiore a quella di primo grado in quanto pari a mesi nove di reclusione ed euro 300 di multa (dalla maggior pena di anni tre, mesi nove di reclusione ed euro 2100 di multa).
Deve essere applicato il principio di diritto secondo il quale, nel giudizio di appel instaurato a seguito di impugnazione del solo imputato, non viola il divieto della “reformatio in peius” il giudice che, dopo aver riqualificato il fatto contestato in reato meno grave, applica per le circostanze attenuanti generiche una diminuzione di pena proporzionalmente inferiore rispetto a quella praticata dal giudice della sentenza riformata, perché la diversa qualificazione giuridica del fatto comporta una diversa incidenza degli elementi circostanziali (Sez. 2, n. 25739 del 09/05/2017, Pedraza, Rv. 270667; Sez. 5, Sentenza n. 41188 del 10/07/2014, COGNOME, Rv. 261034).
Ne consegue che non è ravvisabile alcuna violazione del divieto di reformatio in peius.
5. COGNOME NOME.
5.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Le circostanze attenuanti generiche non sono state riconosciute al ricorrente in ragione della ritenuta eccezionale gravità del reato e del ruolo di primissimo piano assunto dal ricorrente (fg. 12 della sentenza impugnata).
La motivazione è scevra da ogni censura, dovendosi rammentare che ai fini della concessione o del diniego RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame quello, tra gli elementi indicati dall’art. 1 cod. pen., che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno la concessione del beneficio; ed anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o
all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti medesime. (da ultimo, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549; Sez. 2, n. 4790 del 16.1.1996, Romeo, rv. 204768).
5.2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo la Corte giustificato il bilanciamento tra circostanze eterogenee nel senso della equivalenza per le medesime ragioni che l’hanno portata ad escludere il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche (fg. 13 della sentenza impugnata).
La giurisprudenza di legittimità è, infatti, concorde nel ritenere che in tema di bilanciamento di circostanze eterogenee, non incorre nel vizio di motivazione il giudice di appello che, nel formulare il giudizio di comparazione, dimostri di avere considerato e sottoposto a disamina gli elementi enunciati nella norma dell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi (Sez. 1, n. 17494 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME Filippi, Rv. 279181; Sez. 2, n. 3610, del 15/01/2014, COGNOME, Rv. 260415).
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi di NOME COGNOME, COGNOME NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 01.02.2024.