Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13562 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13562 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso la sentenza in data 20/06/2023 della Corte di appello di Milano, terza sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricoso;
preso atto che è stata avanzata formale richiesta dalle parti di trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1 -bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5 -duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
udita la discussione della difesa del ricorrente, AVV_NOTAIO, che si è riportato ai motivi di ricorso e si è associato alle conclusioni della Procura generale.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 20/06/2023, la Corte di appello di Milano, decidendo in sede di rinvio, confermava la sentenza emessa in data 02/12/2020 dal Tribunale di Milano con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione oltre al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede e al pagamento di una provvisionale di euro 8.000 a favore della parte civile, in relazione al reato di cui all’art. 368 cod. pen., pre riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione, i cui motivi vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Primo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 627, commi 2 e 3, 597, commi 1 e 3, cod. proc. pen., con particolare riferimento al beneficio di cui all’art. 163 cod. pen., all’obbligo imposto ai sen dell’art. 165, primo comma, cod. pen. ed alla statuizione di cui all’art. 539, comma 2, cod. proc. pen. La Corte territoriale ha ripristinato la statuizione relativa a provvisionale, immediatamente esecutiva ai sensi dell’art. 539, comma 2, cod. proc. pen. nonché l’obbligo imposto a norma dell’art. 165, primo comma, cod. pen., destinato ad incidere in via diretta sul beneficio della sospensione condizionale della pena. Infatti, laddove il pagamento dell’importo liquidato a titolo di provvisionale non fosse stato eseguito entro il termine di un mese dal passaggio in giudicato della sentenza, l’imputato sarebbe stato privato della possibilità di godere del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen.; in realtà, la provvisionale ed connesso obbligo imposto a norma dell’art. 165, primo comma, cod. pen. erano stati revocati con la sentenza pronunciata all’esito del secondo grado di giudizio (sentenza 09/03/2022, successivamente annullata con rinvio all’esito del primigenio giudizio di legittimità). Con la sentenza del 09/03/2022, infatti, giudice di secondo grado ebbe a revocare la provvisionale originariamente concessa dal Tribunale e, conseguentemente, il beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. fu riconosciuto in favore dell’imputato a prescindere dall’ottemperanza all’obbligo imposto ex art. 165, primo comma, cod. pen. La Corte territoriale, pertanto, ha riservato all’imputato un trattamento peggiorativo rispetto alle statuizioni contenute nel provvedimento reso all’esito del secondo grado di
giudizio, in palese violazione del divieto di reformatio in peius sancito dall’art. 597, comma 3, cod. proc. pen., pacificamente operante anche nel giudizio di rinvio a seguito dell’annullamento della sentenza di appello, in ragione dell’espressa previsione contenuta nell’art. 627, comma 2, cod. proc. pen.
Secondo motivo: violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento alla mancata ottemperanza al principio di diritto enucleato nella sentenza di annullamento con rinvio pronunciata dalla Corte di cassazione in ordine all’art. 368 cod. pen. e, in particolare, alle modalità attraverso cui accertare la sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di calunnia (nella sentenza di annullamento si sottolineava come “l’ipotesi formulata dal Tribunale di Napoli sottendeva un giudizio di non piena attendibilità del teste COGNOME, in rapporto alla versione di COGNOME, non potendosi a quel punto inserire una mera supposizione, cioè un giudizio ipotetico, all’interno di una diversa trama ricostruttiva, senza una specifica valutazione della concreta attendibilità del teste e di quanto da lui dichiarato nel presente processo”).
L’affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine al delitto di calunnia ed il giudizio sulla sussistenza dell’elemento psicologico del reato è il risultato di un ragionamento condotto in palese contrasto con il principio di diritto cui il giudice di merito si sarebbe dovuto uniformare a norma dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. La sentenza impugnata non solo omette di uniformarsi alla pronuncia di annullamento ma evita altresì di procedere ad una nuova valutazione del materiale probatorio al fine di verificare l’attendibilità intrinseca ed estrinse della fonte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione ad entrambi i motivi proposti.
In relazione al primo motivo, va premesso che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità che il divieto di reformatio in peius esplica la propria efficacia anche in sede di giudizio di rinvio, con l puntualizzazione, tuttavia, che, qualora la sentenza di secondo grado sia stata annullata per ragioni esclusivamente processuali, il parametro cui occorre fare riferimento è costituito dalle statuizioni contenute nella pronuncia del primo giudice (cfr., Sez. 3, n. 9698 del 17/11/2016, dep. 2017, NOME., Rv. 269277; Sez. 6, n. 44488 del 30/09/2009, COGNOME, Rv. 245107; Sez. 6, n. 10251 del 25/06/1999, COGNOME, Rv. 214386).
La ratio del principio testé enunciato consiste nel fatto che, nelle ipotesi indicate, non vi è stato il consolidamento di alcuna posizione di carattere sostanziale in capo all’imputato, onde legittimamente il principio del divieto di reformatio in peius va declinato in rapporto a quanto statuito dalla sentenza di primo grado.
Così non è nel caso di specie: qui, invero, all’esito del giudizio di legittimità la Suprema Corte ritenne necessario annullare la primigenia sentenza della Corte di appello di Milano, disponendo il rinvio per nuovo giudizio innanzi alla Corte territoriale; e ciò è avvenuto, non per ragioni processuali, tali da cagionarne la nullità, bensì per motivi attinenti all’illogicità delle argomentazioni attraverso era stata affermata la sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di calunnia, cui si aggiunse l’ulteriore errore commesso dai giudici del merito che avevano omesso di rilevare l’inutilizzabilità patologica da cui affette le dichiarazioni re dalla parte civile, malamente esaminata quale mero testimone nel corso dell’istruttoria dibattimentale.
S’impone, conseguentemente, la riaffermazione del principio secondo cui il divieto di reformatio in peius è pienamente operante anche per le statuizioni civili che siano state nel precedente grado adottate ed anche nel giudizio di rinvio dopo la sentenza di annullamento (cfr., Sez. 1, n. 2658 del 17/11/2010, dep. 2011, Covelli, non mass.). Peraltro, allorquando la sentenza di secondo grado venga annullata per ragioni diverse da quelle di tipo esclusivamente processuale, il divieto di reformatio in peius va rapportato non già alla sentenza di primo grado, ma a quella di secondo grado, annullata (Sez. 6, n. 49717 del 28/06/2017, COGNOME, non mass.).
In applicazione di detto principio, all’esito del giudizio di rinvio, giammai l Corte territoriale avrebbe potuto confermare tout court le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado; e ciò in quanto perché, almeno alcune di esse erano già state revocate con il provvedimento conclusivo del primigenio giudizio di appello. Ne consegue che, in ragione del trattamento più favorevole riconosciuto all’imputato, non poteva né essere nuovamente liquidata una somma di denaro a titolo di provvisionale ex art. 539, comma 2, cod. proc. pen., né essere reintrodotto l’obbligo di cui all’art. 165, primo comma, cod. pen., in virtù del qual subordinare la materiale operatività del beneficio della sospensione condizionale all’ottemperanza delle statuizioni civili.
3. In relazione al secondo motivo di ricorso, si evidenzia come la sentenza impugnata non solo ometta di uniformarsi alla sentenza di annullamento ma non procede nemmeno ad una nuova valutazione del materiale probatorio al fine di verificare l’attendibilità della fonte. La Corte territoriale aveva il compit
procedere ad una specifica valutazione della credibilità del COGNOME tenuto conto di tutto il materiale probatorio raccolto, senza limitarsi a registrare solo la diversi delle prospettazioni rese e, sotto questo aspetto, ha omesso di uniformarsi al principio di diritto enunciato in sede di rinvio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione de Corte di appello di Milano.
Così deciso in Roma il 13/03/2024.