Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45839 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45839 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Di Mauro Simone nato il 15/10/2000 a Catania
avverso la sentenza del 20/02/2024 della Corte di appello di Catania visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Catania, all’esito di rito abbreviato, in riforma della sentenza emessa il 29 giugno 2023 dal Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Catania, ritenuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.RR. 8 ottobre 1990, n. 309, in relazione alla contestazione di detenzione ai fini di spaccio di due dosi di cocaina di cui al capo 1), e confermata l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. cit. in relazione alla detenzione di 530
N
dosi di hashish e 303 dosi di marijuana, considerato più grave il reato di detenzione di hashish e marijuana, concesse le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva, ha rideterminato la pena in anni due, mesi sei di reclusione ed euro 3.600,00 di multa, confermando nel resto.
L’imputato è stato condannato, altresì, per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. perché, al fine di commettere il delitto di cui al capo 1), evadeva dagli arresti domiciliari il 17 dicembre 2022 (capo 2).
Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME deducendo, come unico motivo, la violazione di legge, anche processuale, in relazione alla mancata riduzione della pena per effetto delle, già concesse in primo grado, circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate.
2.0ccorre premettere che, in primo grado, la pena era stata così determinata: «pena base per il capo 1), con riferimento alla detenzione di cocaina, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti sulla recidiva semplice, anni quattro di reclusione ed euro 17.333 di multa». Il giudice era, quindi, partito, dalla pena base minima di anni sei di reclusione in relazione al più grave reato di detenzione di cocaina, effettuando la riduzione di 1/3 della pena a seguito del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, così pervenendo alla pena di anni quattro di reclusione. La pena era poi stata aumentata, in relazione al reato di detenzione e cessione di droga leggera ad anni cinque di reclusione ed euro 21.000 di multa e, ancora, a titolo di continuazione esterna, alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione ed eur’o 24.000 di multa; pena diminuita, per effetto del rito abbreviato, alla pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed euro 16.000 di multa.
In secondo grado la Corte territoriale, riduceva la pena, così determinandola: «riqualificato il reato di detenzione illegale di cocaina ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 8 ottobre 1990, n. 309, e, pertanto, ritenuto più grave il delitto di cui all’art. 73 comma 4, d.P.R. cit., pena base anni tre di reclusione ed euro 5.200 di multa, aumentata in riferimento alla detenzione illecita di cocaina ad anni tre mesi e mesi sei di reclusione ed euro 5.300 di multa; pena ancora aumentata ex art. 81 cod. pen., a titolo di continuazione esterna, ad anni tre e mesi nove di reclusione ed euro 5.400 di multa; pena diminuita per il rito abbreviato alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed euro 3.600 di multa.
Rileva il Collegio che, se è pur vero che, nel calcolo della pena, la sentenza impugnata non fa espresso riferimento alla riduzione ex art. 62-bis cod. pen., nella parte motiva della stessa (paragrafo 4.6), si riconosce espressamente il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva semplice e nel dispositivo, oltre alla indicazione del reato più grave in quello di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. cit., si «conferma, nel resto» la sentenza di primo grado che aveva riconosciuto tali circostanze in considerazione della giovane età dell’imputato e al fine di giungere a una pena maggiormente congrua rispetto ai fatti.
Deve, pertanto, ritenersi che la Corte di appello territoriale, allorchè indica la pena base in anni tre di reclusione ed euro 5.200 di multa, faccia riferimento alla pena già diminuita per la concessione delle circostanze attenuanti, che ha espressamente riconosciuto.
Del resto, è la statuizione contenuta nel dispositivo che deve essere presa in considerazione ai fini della verifica dell’eventuale violazione di un divieto di reformatio in peius. La statuizione in ordine alla concessione delle circostanze attenuanti generiche è stata confermata nel dispositivo della sentenza di secondo grado, senza alcuna violazione del predetto divieto. Dunque, la Corte d’appello ha correttamente applicato il principio, che deve essere qui riaffermato, secondo cui il divieto della reformatio in peius (art. 597, comma 3, cod. proc. pen.) concerne il dispositivo e non la motivazione, la quale può ben essere meno favorevole per l’imputato. Tale affermazione si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale di legittimità, secondo cui è legittima la decisione con la quale il giudice di appello critichi la decisione del giudice di primo grado, lasciando, tuttavia, inalterato il dispositivo di assoluzione (Sez. 5, n. 4011 del 19/05/2005, dep. 2006, Rv. 233593).
Per tale motivo, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali