Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18992 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18992 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TAURIANOVA il 02/11/1982
avverso la sentenza del 28/06/2024 della CORTE di APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso chiedendo emettersi declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa in data 28 giugno 2024 la Corte d’Appello di Torino, giudicando in sede di rinvio dalla Corte di cassazione (sent. n. 30977/23 della Sesta sezione penale), in parziale riforma della sentenza emessa il 18 ottobre 2018 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Torino nei confronti dell’imputato COGNOME NOMECOGNOME esclusa la circostanza aggravante dell’avere agito in più persone riunite in relazione al reato di estorsione pluriaggravata di cui al capo 20), rideterminava la pena inflitta per il reato continuato, nell
misura di anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 4.000,00 di multa, confermando nel resto l’appellata sentenza.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al trattamento sanzionatorio, concretatosi, secondo la prospettazione difensiva, nell’applicazione di una pena illegale, nonché ritenuto eccessivo e in violazione del principio del divieto di reformatio in peius.
Esponeva che, in ragione del venir meno dell’aggravante del numero delle persone e di quella del metodo mafioso, la Corte territoriale, nel calcolare la pena per il reato continuato, aveva individuato il reato più grave in quello di cui al capo 21), in luogo di quello di cui al capo 20), che era stato individuato quale reato base con la sentenza annullata sul punto dalla Corte di cassazione.
Evidenziava che nella sentenza impugnata la pena base per il reato di cui al capo 21) era stata determinata in anni cinque, mesi nove di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, pena inferiore di appena tre mesi di reclusione ed euro 400,00 di multa rispetto a quella che la Corte territoriale – con la sentenza annullata – aveva determinato per il reato base di cui al capo 20), che descriveva un’estorsione pluriaggravata dalle più persone riunite e dal metodo mafioso.
Assumeva che tale rideterminazione della pena aveva avuto quale conseguenza l’applicazione di un trattamento sanzionatorio peggiorativo e illogico, considerato che una corretta applicazione dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. avrebbero dovuto indurre il giudice del rinvio ad applicare una pena base più mite.
Deduceva inoltre che tanto nella individuazione della pena base che negli aumenti di pena a titolo di continuazione la Corte d’Appello non aveva offerto alcuna motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato, e pertanto, inammissibile.
Ad onta del fatto che con l’intestazione dell’unico motivo di ricorso si denuncia l’applicazione di una pena illegale e la violazione del divieto di reformatio in peius, in realtà le argomentazioni sviluppate dalla difesa del
COGNOME hanno ad oggetto esclusivamente la GLYPH motivazione relativa all’individuazione della pena base e degli aumenti di pena per la continuazione, che la difesa ritiene illogica in quanto la diminuzione della pena base rispetto a quella individuata con la sentenza annullata non sarebbe congrua avuto riguardo alla minor gravità del reato più grave (di cui al capo 21) individuato con la sentenza qui impugnata rispetto a quello (di cui al capo 20) individuato con la sentenza annullata.
Lamenta in particolare il ricorrente che l’esclusione delle aggravanti del metodo mafioso e dell’avere agito in più persone riunite avrebbe dovuto indurre il giudice del rinvio all’applicazione di una pena più mite.
Ciò premesso, osserva il Collegio che la Corte d’Appello di Torino, con la sentenza impugnata, ha reso una motivazione immune dai denunciati vizi di mancanza e illogicità manifesta in ordine alla individuazione della pena base e degli aumenti di pena per la continuazione, effettuando un richiamo del tutto congruo alla gravità delle condotte e al calcolo della pena effettuato in relazione ai delitti per i quali le relative statuizioni erano ormai divenute definitive, e particolare ai “criteri seguiti dal Giudice di primo grado ai fini della determinazione delle pena base e degli aumenti per la continuazione per í delitti per i quali NOME COGNOME risulta ormai essere stato giudicato in via definitiva … valutata, in ogni caso, la particolare gravità delle condotte criminose ascritte al prevenuto, tenuto conto del divieto di reformatio in peius (che preclude a questa Corte l’applicazione di una pena più elevata di quella già applicata nella sentenza cassata)…” (v. pag. 19 della sentenza impugnata).
Deve pertanto ritenersi che la Corte territoriale abbia dato conto in maniera adeguata delle decisioni discrezionali assunte in punto di calcolo della pena per il reato continuato: statuizioni che, pertanto, risultano insindacabili in questa sede.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 13/02/2025