Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33298 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33298 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 17/09/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata a VIAREGGIO il 23/02/1976 COGNOME NOME nata a LANCIANO il 31/08/1987
avverso la sentenza del 18/11/2024 della Corte d’appello di L’aquila dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di L’Aquila, in parziale riforma de sentenza emessa dal Tribunale di Teramo, ha dichiarato COGNOME NOME e COGNOME NOME responsabili del reato di cui agli artt. 624 cod. pen. e 625 cod. pen, condannando COGNOME NOME alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione e euro 300,00 di multa e COGNOME NOME alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione e euro 700 di multa.
Le imputate, a mezzo del proprio difensore, ricorrono per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello lamentando, con un unico motivo, una violazione di legge in relazione all’art. 597 comma 3 cod. proc. pen. per violazione del divieto di reformatio in peius. In particolare, riguardo la posizione di COGNOME NOME si censura l’eccessiva quantificazio della pena in quanto non parametrata sulla cornice edittale vigente al momento di consumazione del fatto di reato, prima delle modifiche apportate all’art. 625 cod. pen. dall’a 1 della L. n. 103/2017. Con riferimento alla posizione di COGNOME si censura l’applicazio di un trattamento sanzionatorio peggiorativo rispetto a quello riservato dal giudice di pri cure (pag. 12).
Si osserva in ricorso la sentenza impugnata è inficiata da una sostanziale violazione del divieto di reformatio in peius. In particolare, il suddetto divieto non può essere inteso esclusivamente nel senso della impossibilità per il giudice di secondo grado di irrogare una pena complessivamente più severa, ma anche nella non consentita individuazione di una pena-base calcolata in differente proporzione rispetto al minimo, nella ipotesi di mutamento della forbice edittale.
Chiedono, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione risulta manifestamente infondato in quanto afferisce a trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Le ricorrenti, in concreto, non si confrontano adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertant immune da vizi di legittimità.
Si rammenta che non viola il divieto di “reformatio in peius” previsto dall’art. 597 c proc. pen. il giudice dell’impugnazione che, quando muta la struttura del reato continuato (come avviene se la regiudicanda satellite diventa quella più grave o cambia la qualificazione giuridica di quest’ultima), apporta per uno dei fatti unificati dall’identità del disegno cri un aumento maggiore rispetto a quello ritenuto dal primo giudice, pur non irrogando una pena complessivamente maggiore (Sez. Un. n.16208 del 27/03/2014 Ud. (dep. 14/04/2014 ) Rv. 258653 – 01).
Inoltre, per COGNOME NOMECOGNOME la decisione è in linea con la giurisprudenza di questa Cort secondo cui, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento della condanna per il reato più grave ritenuto in continuazione, il giudice, nel determinare la pena il reato satellite, non è vincolato alla quantificazione già effettuata in termini di aume
art.81, comma secondo, cod. pen., ma, per il divieto di reformatio in peius, non può irrogare una pena più grave, per specie e quantità, di quella base stabilita nel provvedimento d condanna annullato, purché superiore al minimo edittale previsto per tale reato satelli configurandosi altrimenti un’ipotesi di pena illegale (Sez. 4 – , n.9176 del 31/01/2024, 285873).
Nel caso in esame la Corte distrettuale ha individuato come pena base per il reato più grave in anni 2 e mesi 2 di reclusione, a fronte della precedente statuizione del giudice primo grado che prevedeva una sanzione di anni 3 e mesi 6 di reclusione.
Per COGNOME NOME la Corte di Appello ha fornito un’adeguata e logica motivazione laddove, ha motivato la rideterminazione del trattamento sanzionatorio tenendo in considerazione la non trascurabile gravità del fatto e dell’entità dei danni sopportati persone offese, nonché la particolare capacità criminale espressa dalle imputate, adeguando la pena, oggettivamente ridotta rispetto alla precedente statuizione di condanna, alla forbi edittale in vigore al momento del fatto.
A livello giurisprudenziale, utili riferimenti possono trarsi dalle pronunce di questa Cor cui si è chiarito che non viola il divieto di reformatio in peius il giudice dell’impugnazione che, riqualificando il fatto in altra meno grave fattispecie di reato, individui una pena base di maggiore rispetto a quella stabilita nel minimo edittale dal giudice di primo grado in relaz all’originaria imputazione, purché venga irrogata in concreto una sanzione finale non superiore a quella in precedenza inflitta (cfr., Sez. 2, Sentenza n. 33563 del 14/07/2016, Rv. 267858 01, COGNOME, in cui la Corte ha puntualmente fatto presente che il concetto di minino editt non ha una “potenzialità espansiva esterna” rispetto alla specifica natura della fattispe incriminatrice cui esso accede, giacché ad ogni singola figura incriminatrice corrisponde u giudizio di disvalore che l’ordinamento calibra proprio attraverso la previsione di un minim di un massimo edittale che, per ciò stesso, perviene soltanto a quella specifica ipotesi di reat
In altri termini, uno stesso fatto potrà essere oggetto di una differente valutazione ricondotto in una fattispecie diversa che sia punita, in astratto, con un “range” più mit effetto di una diversa e parimenti astratta considerazione da parte del legislatore, purché, ogni caso, venga irrogata una sanzione in concreto non superiore a quella inflitta dal giudice primo grado.
Ne deriva che il ricorso proposto va dichiarato inammissibile, con la condanna dell ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende .
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spes processuali e della somma di tremila euro ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2025
Il consigliere estensore