Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 5190 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 5190 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 03/09/1991
COGNOME nato a MUGNANO DI NAPOLI il 07/11/1984 NOME COGNOME nato a MUGNANO DI NAPOLI il 25/03/1982
avverso la sentenza del 08/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore generale, in persona del Sostituto dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità di tutti i ricorsi eccetto per il NOME COGNOME per il quale conclude per l’accoglimento del primo motivo inerente alla rideterminazione della pena ed inammissibilità nel resto;
udito il difensore Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME del foro di ROMA difensore di NOME COGNOME e di COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendigone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Cassazione, Sezione Terza penale, con sentenza n. 35855 del 18/05/2023, ha annullato la sentenza pronunciata il 16/05/2022 dalla Corte di appello di Napoli di parziale riforma della pronuncia di condanna emessa il 15/09/2020 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli nei confronti di Baiano Pasquale, COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME e altri non ricorrenti, accusati del reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti aggravata ai sensi dell’art. 416 bis.1 cod. pen. (capo A) nonché di reati – fine in materia di stupefacenti aggravati dalla finalità di agevolare il cl camorristico NOME nonché, COGNOME NOME e COGNOME NOME, del reato di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso denominata «clan Orlando» aggravato dall’uso delle armi (capo Z).
In particolare, la Corte di appello aveva confermato la pena di anni 20 di reclusione nei confronti di NOME COGNOME in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui ai capi A) e Z); aveva ridotto la pena ad anni 14 e mesi otto di reclusione nei confronti di NOME COGNOME in quanto responsabile per i reati di cui ai capi A), B), C) e D) . , aveva confermato la pena di anni 16 di reclusione per NOME COGNOME, ritenuto responsabile dei reati di cui ai capi A), C), F), G) e Z).
2. La Corte di cassazione ha annullato la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME in relazione al capo Z) limitatamente alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis, comma 4, cod. pen., nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. contestata al capo A) e nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al capo Z).
La Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice del rinvio, con la sentenza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello di NOME COGNOME con riguardo alla circostanza aggravante della disponibilità di armi in relazione al delitto associativo camorristico di cui al capo Z), rideterminando la pena in anni 19, mesi uno e giorni 10 di reclusione; ha accolto l’appello di NOME COGNOME con riguardo all’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. contestata al capo A), rideterminando la pena in anni 12 reclusione; ha accolto l’appello di NOME COGNOME con riferimento alla richiesta assoluzione dal reato ascrittogli al capo Z) per non aver commesso il fatto, rideterminando la pena in anni 14 di reclusione.
4. NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando la sentenza, con unico motivo, per violazione ed erronea applicazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello, si assume, si è riportata interamente ai motivi espressi dal giudice di primo grado e di appello. Nonostante l’annullamento con riguardo all’aggravante di cui all’art. 416 bis, comma 4, cod. pen., il giudice del rinvio ha, quindi, omesso di considerare l’esclusione dell’aggravante dell’associazione armata nel giudizio sul trattamento sanzionatorio. Difetta il bilanciamento tra gli elementi favorevoli e quelli sfavorevoli; dunque la valutazione dell’impatto positivo che l’esclusione dell’aggravante avrebbe dovuto avere sul giudizio di meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche. Risulta, inoltre, trascurata la valutazione complessiva della personalità dell’imputato, che ha mostrato reale resipiscenza e una buona condotta in fase detentiva.
5. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione l censurando la sentenza impugnata, con unico motivo, per violazione ed erronea applicazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Il giudice di rinvio ha negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche omettendo di fornire motivazione sul punto, nonostante abbia escluso la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. Omettendo di considerare l’esclusione dell’aggravante mafiosa, il giudice di rinvio ha pronunciato una sentenza che presenta una grave carenza logica nella motivazione in quanto difetta il corretto bilanciamento tra gli elementi favorevoli e quelli sfavorevoli. Inoltre, il giudice di rinvio ha trascurato di valutare personalità dell’imputato, segnatamente le ammissioni rese dal COGNOME in sede di interrogatorio di garanzia, tali da dimostrare la piena resipiscenza dell’imputato, confermata dal suo comportamento successivo all’arresto. Il ricorrente ha intrapreso un volontario cambiamento di stile di vita /inserendosi in un contesto lavorativo regolare; in aggiunta, il contributo del COGNOME all’associazione è stato limitato sia sotto il profilo della durata che sotto il pro qualitativo, rivestendo lo stesso un ruolo marginale.
6. NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione ed erronea applicazione dell’art. 597, comma 3,, cod. proc. pen. in relazione all’art. 81 cod. pen. nonché mancanza di motivazione. Il giudice di rinvio, nel rideterminare la pena all’esito dell assoluzione del ricorrente dal reato contestato al capo Z), ha aumentato la pena relativa al reato di cui al capo F) ad anni quattro mentre nel giudizio di primo
grado tale aumento ai sensi dell’art. 81, comma 2, cod. pen. era stato determinato in anni tre di reclusione. Tale diversa valutazione è, inoltre, priva di motivazione.
Con il secondo motivo deduce violazione ed erronea applicazione degli artt. 62 bis e 133 cod. pen., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche. La Corte di appello in sede di rinvio ha rigettato la richiesta riportandosi interamente alle valutazioni del giudice di primo grado e di appello ma, si assume, tale motivazione è insufficiente. La motivazione è sintetica e caratterizzata da una formula di stile in quanto non tiene conto dell’assoluzione dal reato di cui al capo Z), valuta nuovamente la gravità della condotta già impiegata per determinare la pena, non separa la valutazione della gravità oggettiva del reato dalla valutazione delle circostanze attenuanti generiche. Non si è tenuto conto dell’assenza di precedenti penali e degli altri fattori inciden sulla capacità a delinquere e si è ignorato il fatto cruciale della intervenut assoluzione da un’ipotesi accusatoria particolarmente grave, così determinandosi un vizio di coerenza logica della motivazione.
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt.23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi pongono le seguenti questioni: a) se, in caso di assoluzione da un reato – satellite, costituisca violazione del divieto di reformatio in peius la determinazione dell’aumento per un altro reato satellite in misura superiore a quella determinata in primo grado; se l’assoluzione da una delle ipotesi di reato per le quali è intervenuta condanna in primo grado comporti, per il giudice di appello, l’obbligo di motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche con espresso riferimento all’intervenuta assoluzione; se, a seguito dell’esclusione di una circostanza aggravante ritenuta in primo grado, il giudice di appello sia tenuto a svolgere un nuovo giudizio di bilanciamento esplicitando l’avvenuta valutazione dell’esclusione della circostanza aggravante.
2. La prima questione deve essere risolta applicando il principio secondo il quale viola il divieto della reformatio in peius di cui all’art. 597, comma 4, cod. proc. pen., il giudice di appello che, pur diminuendo complessivamente la pena, a seguito di assoluzione parziale da uno o più capi di imputazione, operi un diverso computo · delle pene intermedie per effetto del vincolo della continuazione, in misura maggiore rispetto a quella fissata dal giudice di primo grado (Sez. 3, n. 17113 del 16/12/2014, dep. 2015, C., Rv. 263387 – 01). Il divieto di reformatio in peius della sentenza impugnata dal solo imputato non riguarda, infatti, unicamente l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che concorrono alla sua determinazione e, quindi, anche l’aumento conseguente al riconoscimento della continuazione (Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, NOME COGNOME Rv. 232066 – 01; Sez. 5, n. 50083 del 29/09/2017, COGNOME, Rv. 271626 – 01; Sez. 2, n. 48259 del 23/09/2016, COGNOME, Rv. 268636 – 01).
In base al principio sopra indicato, va ritenuto fondato il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME. Con riguardo a COGNOME NOME il giudice di primo grado aveva applicato per il reato di cui al capo F) l’aumento da 19 a 22 anni di reclusione, dunque di anni tre di reclusione, erroneamente riportati nella sentenza qui impugnata in anni quattro. È dunque fondato il motivo di ricorso laddove segnala che nel rideterminare la pena all’esito dell’assoluzione dal reato di cui al capo F) il giudice di rinvio ha applicato a COGNOME NOME con riguardo al reato di cui al capo F) l’aumento di pena pari ad anni quattro di reclusione laddove il giudice di primo grado aveva irrogato l’aumento nella misura di anni tre.
3. La seconda questione va risolta, caso per caso, verificando se il diniego delle circostanze attenuanti generiche abbia trovato la sua ragion d’essere sulla base della violazione per la quale è intervenuta la riforma in senso assolutorio. Esaminando, dunque, la pronuncia di primo grado, se ne desume la fondatezza del secondo motivo del ricorso di COGNOME in quanto, oltre a indicare elementi negativi genericamente riferibili a tutti gli imputati, il Tribunale h espresso una valutazione negativa individualizzante, specificamente fondata sulla contemporanea affiliazione del COGNOME in entrambe le associazioni e sulle molteplici attività svolte per’ entrambi i gruppi criminali. Venuta meno l’affermazione di responsabilità con riguardo al reato associativo contestato al capo Z), il giudice di rinvio avrebbe dovuto svolgere una nuova valutazione del giudizio di meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche e, in ogni caso, fondarne il diniego su elementi diversi da quelli valorizzati in primo grado. L’espresso richiamo ai medesimi elementi valorizzati dal giudice di primo grado
rappresenta una motivazione apparente, priva di adeguato confronto con le ragioni della riforma della sentenza.
Per tali ragioni, la sentenza deve essere annullata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio 1 per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
4. La terza questione deve essere risolta sul presupposto che la valutazione discrezionale in merito al riconoscimento o meno delle circostanze attenuanti generiche si fonda, insindacabilmente, su uno o più elementi che il giudice di merito ritiene dirimenti in senso positivo o negativo. Il giudice dell’impugnazione che accolga l’appello dell’imputato relativamente a una circostanza aggravante ha l’obbligo di diminuire la pena complessivamente irrogata; deve ritenersi consentito, ma non imposto, in quanto rientrante nel potere valutativo del giudice circa la incidenza da attribuire alle circostanze attenuanti generiche in riferimento alla funzione regolatrice della adeguatezza della pena al caso concreto, che a seguito dell’accoglimento della richiesta dell’imputato di eliminazione di un’aggravante, sia nuovamente formulato il calcolo della detta incidenza e utilizzato anche un parametro con effetti matematici non identici, purché la pena finale risenta della diminuzione dovuta alla eliminazione dell’aggravante (Sez. 5, n. 48036 del 30/09/2009, Avino, Rv. 245394 – 01). Non può, dunque, ritenersi sussistente l’obbligo per il giudice di appello che ritenga di negare le circostanze attenuanti generiche di fare riferimento alla mancata incidenza della circostanza aggravante esclusa nel giudizio di riforma, purchè non risulti evidente che il giudice di primo grado abbia fondato il giudizio negativo sulla medesima circostanza aggravante. Per tale ragione i ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME sono infondati. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il giudice di rinvio ha, in primo luogo, ridotto la pena in considerazione dell’esclusione della circostanza aggravante rispettivamente riconosciuta. Inoltre, il giudice di primo grado ha escluso che gli imputati fossero meritevoli del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche o di qualsiasi altra attenuante in ragione dell’assoluta gravità dei fatti contestati e della negativa e pericolosa personalità di ciascuno. Il giudice ha considerato, a tal fine, il contesto storico criminale nel quale sono inseriti i delitti, la contemporanea partecipazione per alcuni degli imputati, tra i quali NOME COGNOME a entrambe le organizzazioni criminali e la consumazione da parte di ciascuno, tra i quali NOME COGNOME di delitti in materia di stupefacenti nell’attuazione del programma associativo nonché l’ostinazione a delinquere dimostrata proseguendo nelle condotte delittuose, nei legami e contatti nonostante gli interventi dei Carabinieri, le operazioni di arresto e di sequestro. Sebbene la gravità dei fatti
sia stata valutata anche tenendo conto del controllo generalizzato delle piazze di spaccio e di attività economiche acquisito dal clan COGNOME anche con le armi, risulta evidente che il giudizio si sia fondato sulla personalità negativa degl imputati, che hanno contribuito a dare attuazione al programma delittuoso di cui al capo A). Altro elemento valutato è stata la circostanza che ciascuno degli imputati svolge abitualmente l’attività delittuosa, è particolarmente addentro ai meccanismi criminali, conosce e frequenta abitualmente appartenenti a organizzazioni malavitose.
In dettaglio, con riguardo a NOME COGNOME il giudice ha sottolineato il ruolo apicale rivestito nell’associazione di cui al capo A), il carattere reiterato consolidato dei reati, la risalente militanza in organizzazioni camorristiche nonché la scalata e la carriera compiute all’interno delle organizzazioni camorristiche, oltre che i gravi e plurimi precedenti e i carichi pendenti dai quali è gravato. Con riguardo a NOME COGNOME, il giudice ha considerato nel calcolo della pena l’assoluta gravità dei fatti e la personalità negativa del prevenuto, desunta dallo stabile inserimento nel settore del narcotraffico con compiti di gestione di altri sodali e con quantitativi ingenti di stupefacente trattato denotanti abitualità della condotta e intraneità all’ambiente criminale oggetto di contestazione. Il giudice di primo grado ha escluso che qualcuno degli imputati avesse mostrato autentica resipiscenza o avesse fornito alcun contributo all’autorità giudiziaria, anzi rendendo il Capuozzo spontanee dichiarazioni consistenti nella ostinata negazione dei fatti. Si è valorizzata, inoltre, pervicacia dimostrata dal COGNOME, che ha proseguito la sua attività noncurante del fatto di essere stato arrestato.
Richiamando per relationem tale motivazione, il giudice del rinvio ha assolto all’obbligo motivazionale in quanto gli elementi valorizzati dal primo giudice non si pongono in contraddizione con l’esclusione della circostanza aggravante e rappresentano una tale congerie di argomenti a sostegno del diniego da consentire di ritenere che il giudice di merito non abbia tralasciato di valutare, negandola, la possibile incidenza della riforma su tale giudizio. Il mancato riconoscimento di circostanze eterogenee neppure ha dato luogo in primo grado al giudizio di bilanciamento del quale si chiede, in maniera inconferente, la rivisitazione.
Conclusivamente, i ricorsi proposti da COGNOME NOME e da COGNOME NOME devono essere rigettati; segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc pen., la condanna di tali ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia, per nuovo giudizio sul punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Dichiara l’irrevocabilità della declaratoria di responsabilità del COGNOME. Rigetta i ricorsi di Baiano NOME e COGNOME NOME e condanna i predetti ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8 gennaio 2025
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Il Consigliere estensore
Il Presidenrè