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Reformatio in peius e recidiva: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza d’appello che aveva considerato l’aggravante della recidiva, non esplicitamente valutata dal giudice di primo grado. Tale operazione, avvenuta in un appello proposto solo dall’imputato, viola il divieto di ‘reformatio in peius’, ossia il divieto di peggiorare la posizione dell’imputato. La Corte ha rinviato il caso per una nuova determinazione della pena che escluda tale aggravante.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reformatio in Peius e Recidiva: Quando l’Appello Non Può Peggiorare la Pena

Il principio del divieto di reformatio in peius rappresenta una garanzia fondamentale per l’imputato nel processo penale: se solo lui impugna una sentenza, la sua posizione non può essere peggiorata nel giudizio successivo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 13015/2024) ha riaffermato con forza questo principio in relazione alla circostanza aggravante della recidiva, chiarendo che essa non può essere ‘recuperata’ in appello se non è stata oggetto di una specifica valutazione in primo grado.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine dalla condanna in primo grado di un individuo per il reato di furto. Successivamente, la Corte d’Appello, in parziale riforma della prima sentenza, confermava la condanna, escludendo alcune aggravanti ma, al contempo, considerando sussistente l’aggravante della recidiva qualificata. Quest’ultima veniva bilanciata come equivalente alle attenuanti generiche.

L’imputato, tramite il suo difensore, ricorreva in Cassazione, sollevando un unico, ma decisivo, motivo: la violazione di legge in relazione al divieto di reformatio in peius. La difesa sosteneva che la recidiva non era mai stata concretamente valutata dal giudice di primo grado, né in motivazione né nel dispositivo. Pertanto, la Corte d’Appello, nel ‘ritenerla’ sussistente per la prima volta, aveva di fatto peggiorato la posizione del ricorrente, in un giudizio di appello promosso unicamente da quest’ultimo.

L’Applicazione del Divieto di Reformatio in Peius alla Recidiva

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Il fulcro della decisione risiede nella natura della circostanza aggravante della recidiva. Gli Ermellini hanno ribadito un orientamento consolidato: la recidiva non può essere considerata un mero automatismo derivante dalla presenza di precedenti penali. Al contrario, essa richiede una specifica e puntuale verifica da parte del giudice, il quale deve valutare in concreto se la reiterazione del reato sia un sintomo effettivo di maggiore riprovevolezza della condotta e di pericolosità sociale dell’autore.

Questo giudizio deve tenere conto di vari parametri, come la natura dei reati, la distanza temporale tra i fatti, l’omogeneità dei comportamenti e ogni altro elemento utile a personalizzare la valutazione. Un semplice richiamo formale non è sufficiente.

Le Motivazioni della Cassazione

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva erroneamente dedotto che il Tribunale di primo grado avesse implicitamente considerato la recidiva, solo perché nel giudizio di bilanciamento tra aggravanti e attenuanti (ex art. 69 c.p.) aveva fatto riferimento a una ‘pluralità di aggravanti’.

La Cassazione ha smontato questa tesi, affermando che una valutazione così complessa come quella sulla recidiva non può essere relegata a un richiamo generico e non motivato. Poiché il giudice di primo grado non aveva speso una sola parola per motivare la sussistenza e la rilevanza della recidiva, questa doveva considerarsi, a tutti gli effetti, ‘non ritenuta’.

Di conseguenza, l’operato della Corte di merito, che l’ha considerata per la prima volta in sede di appello, ha violato il divieto di agire in reformatio in peius. Tale principio impediva al giudice di secondo grado di orientarsi nel ritenere sussistente un’aggravante che, di fatto, era stata ignorata nella sentenza precedente, rendendola giuridicamente inesistente a qualsiasi fine in quella fase processuale.

Le Conclusioni

La Suprema Corte ha quindi annullato la sentenza impugnata, ma limitatamente al trattamento sanzionatorio. La causa è stata rinviata a un’altra sezione della Corte d’Appello di Bari, che dovrà procedere a una nuova determinazione della pena. In questo nuovo giudizio, i giudici dovranno escludere completamente la valenza dell’aggravante della recidiva.

Questa pronuncia rafforza le tutele per l’imputato, confermando che il giudizio di appello, se attivato solo dalla difesa, non può trasformarsi in un’occasione per introdurre elementi sfavorevoli precedentemente non considerati. La valutazione sulla recidiva deve essere sempre sostanziale e motivata, non un mero dato formale da poter recuperare a piacimento nei gradi successivi del giudizio.

Può il giudice d’appello considerare un’aggravante come la recidiva se il giudice di primo grado non l’ha specificamente motivata?
No. Secondo la sentenza, se il giudice di primo grado non ha condotto una valutazione specifica e puntuale sulla sussistenza dell’aggravante della recidiva, questa si considera come non ritenuta. Di conseguenza, il giudice d’appello, in un ricorso presentato solo dall’imputato, non può considerarla per la prima volta, poiché ciò violerebbe il divieto di reformatio in peius.

Cosa significa il principio del divieto di “reformatio in peius” nel processo penale?
Significa che quando solo l’imputato impugna una sentenza, la sua posizione non può essere peggiorata dal giudice dell’impugnazione. La decisione del giudice superiore non può quindi essere più sfavorevole per l’imputato rispetto a quella che ha impugnato.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello limitatamente alla determinazione della pena (trattamento sanzionatorio). Ha rinviato il caso a un’altra sezione della stessa Corte d’Appello per ricalcolare la pena, specificando che l’aggravante della recidiva deve essere esclusa da questa nuova valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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