Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27151 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27151 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Catanzaro il 03/10/1977
NOME NOME nato a Crotone il 05/06/1990
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro in data 13/11/2024
udita la relazione del consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni con le quali il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chie l’inammissibilità dei ricorsi;
lette le conclusioni scritte con le quali l’avv, NOME COGNOME difensore di Celi Giuseppe, chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’Appello di Catanzaro con la sentenza indicata in epigrafe ha confermato quella del GUP del Tribunale di Catanzaro in data 18/11/2019 con la quale, a seguito di annullamento
pronunciato dalla medesima Corte di appello della sentenza del GUP in data 4/11/2016, COGNOME NOME è stato condannato, in esito a giudizio abbreviato, per il delitto di tentata estors aggravata di cui al capo B7) (artt. 56, 629, co.1 e 2 c.p., e 7 D.L. 152/1991), in continuazi con i reati giudicati con sentenza della Corte di appello di Catanzaro n.15 del 19/7/201 (irrevocabile il 4/6/2019), alla pena complessiva di anni otto, mesi tre e giorni di reclusione; e NOME NOME per i delitti di cui al capo L1) (artt. 1, 2, 4 e 7, L. 8 art.23 L.110/75 e 7 D.L. 152/91), in continuazione con altri reati giudicati dalla Cor appello di Catanzaro con sentenza n. 15 del 19/7/2018, alla pena complessiva di anni sei e mesi otto di reclusione.
La Corte d’appello con la sentenza impugnata ha disatteso le doglianze difensive con le quali NOME contestava la responsabilità per i reati in materia di armi, il diniego delle atte generiche e la violazione del divieto di reformatio in peius; ed ha disatteso anche le doglianze difensive avanzate da COGNOME NOME relativamente alla presunta violazione del principio di ne bis idem in relazione al capo B7).
2.Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione COGNOME NOME e NOME.
2.1. Il primo deduce vizio di motivazione e violazione di legge in particolare del principio d ne bis in idem osservando che il GUP con la sentenza del 4/11/2016, parzialmente annullata dalla Corte d’appello con la sentenza n.15/18, aveva già condannato COGNOME NOME per il delitto di cui al capo B7) posto che nella sequela di reati satellite di natura estorsiva ( capi B2 – B9 da ritenersi compreso anche il tentativo di estorsione di cui al capo B7).
2.2.NOME NOME propone tre motivi.
Con il primo motivo deduce violazione del divieto di reformatio in peius per avere la Corte di appello erroneamente ritenuto che la declaratoria di nullità relativa ad un solo capo de sentenza (capo L1) giustificasse l’irrogazione di una pena maggiore (anni sei e mesi otto d reclusione) rispetto a quella inflitta nella precedente sentenza del GUP, pari ad anni sei e m quattro di reclusione.
Con un secondo motivo deduce violazione di legge ed in particolare del principio di specialità d cui all’art. 15 c.p., non essendo configurabile il concorso formale tra i reati di introdu detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo.
Con il terzo motivo contesta l’affermazione di responsabilità siccome basata su intercettazio dalle quali non sarebbe dato desumere che il “Salvatore” di cui si discorreva, fosse l’odier ricorrente: la Corte d’appello non avrebbe motivato in merito alle doglianze difensive sollev sul punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
In relazione al ricorso di COGNOME NOME osserva il Collegio che non è dato ravvisare alcun illegittimità posto che, come segnalato nella sentenza impugnata (pag.2), la Corte di merit
con la sent. 15/18, ha rilevato d’ufficio la mancanza di una specifica decisione da parte de primo GUP in ordine ai capi B7) ed L1) per cui sotto tale profilo, trattandosi di pronunc inesistente, legittimamente il GUP con sentenza del 18/11/2019 ha condannato COGNOME per la prima volta, in ordine a tale reato e la Corte di appello ne ha confermato la statuizione senz che possa profilarsi la violazione di legge denunciata nel ricorso posto che il difett statuizione su tali capi impedisce, in radice, la violazione del principio del ne bis in idem.
Tale modus procedendi è stato avallato dalla Corte di cassazione la quale con la sentenza emessa nel procedimento instaurato a seguito dell’impugnazione della sentenza della Corte di appello datata 19/7/2018, ha affermato che “Anche il quinto e ultimo motivo del ricorso del Celi è manifestamente infondato, in quanto non vi è stata alcuna violazione di legge nel trattamento sanzionatorio del Celi, posto che la Corte territoriale ha chiarito che il giudi primo grado aveva omesso di pronunciarsi sul capo d’imputazione 87) pure contestato al prevenuto, tanto che di tale addebito non vi era alcuna traccia nel dispositivo della prim sentenza: sicché correttamente i giudici di secondo grado – che per tale capo hanno dichiarato la nullità della sentenza e disposto la trasmissione degli atti al giudice di prime cure hanno tenuto conto del relativo reato al momento della determinazione della pena inflitta all’imputato (v. pp. 1307, 1353, sent. impugn.)” ( cfr. pag. 40 della sentenza della Sez. 6, n. 32373 del 2019) ( cfr. anche pag. 10 della sent. del GUP del 18/11/2019 da cui risulta che il capo B7) è stato computato ex novo, rispetto alla sequela dei capi B2 – B9).
3.Anche il ricorso di NOME Salvatore è inammissibile.
Va in primo luogo osservato che la Corte di appello con la sentenza 19/7/2018, ha rilevato che il GUP aveva omesso di pronunciarsi ( anche) sul capo L1) (introduzione, porto e detenzione illegale di armi).
Tale omissione, come quella relativa al capo B7), ha determinato la nullità della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 546 cod. proc. pen., con conseguente necessità di una pronuncia limitatamente al capo d’imputazione contestato e non deciso in relazione al quale, pur essendo stata esercitata l’azione penale, non risultava essere stata adottata alcuna decisione, per non essere, appunto, indicato nel dispositivo e rimanendo integra la sentenza del primo giudice per la restante parte (Sez. 1 n. 8277 del 28/4/1995, Rv. 202119; Sez. 2, n. 20958 del 15/05/2012, Rv. 252837).
Tanto premesso, nella specie non si ravvisa la violazione del divieto di reformatio in peius.
A tal proposito va considerato che il concetto di reformatio in peius implica necessariamente l’esistenza di un termine di paragone rappresentato da una precedente sentenza che abbia ad oggetto la stessa condotta valutata nei diversi gradi di giudizio. Nel caso in esame, invece, condotta di cui al capo L1), non è stata esaminata dal GUP nella sentenza del 2016, per cui in relazione tale pronuncia (con la quale veniva inflitta all’imputato la pena di anni sei e m quattro di reclusione) non può ritenersi acquisita o conseguita dall’imputato alcuna posizione sostanziale favorevole rispetto alla pronuncia oggi impugnata ( confermativa della sentenza del GUP in data 18/11/2019 che, per la prima volta, ha condannato l’imputato per il capo L1).
Nè a diverse conclusioni può giungersi ritenendo, come fa il ricorrente, che gli effe dell’annullamento siano diversi a seconda che si tratti di nullità totale (che travolge l’i giudizio) ovvero di nullità parziale (limitata ad solo un capo di imputazione).
Ed invero, anche nel caso di nullità parziale occorre che il raffronto avvenga tra la sentenza primo grado e quella di appello che ne consegue ma in relazione al singolo capo, dovendosi ricordare che la sentenza di condanna cumulativa che riguardi più reati ascritti allo stess imputato, è idealmente scindibile, in ragione di ogni capo di imputazione, in altrettan autonome statuizioni di condanna, con la conseguenza che, sebbene i diversi capi siano contenuti in un unico documento-sentenza, ognuno di essi conserva la propria individualità ad ogni effetto giuridico (Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Rv. 268965; Sez. U, n. 3423 del 29/10/2020,Rv. 280261).
4.Non consentito perché non devoluto in appello è il secondo motivo di ricorso con il quale i ricorrente deduce violazione del principio di specialità tra i reati di porto e detenzione illeg arma comune da sparo e quello di cui all’art. 23 L. 110/75.
In ogni caso osserva il collegio che le condotte di detenzione e porto abusivo di arm rimangono assorbite nel reato di introduzione clandestina delle stesse nel territorio dello Stat solo quando il fatto della introduzione clandestina coincide temporalmente con il fatto illec della detenzione e del porto, tanto da esaurirsi in tali azioni ( Sez. 1, n. 34463 del 25/03/20 Rv. 264494) ( In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da vizi la decision impugnata che aveva escluso l’assorbimento della condotta di porto abusivo in quella di introduzione clandestina nello Stato avendo riguardo ad una fattispecie in cui gli imputat superato il confine, avevano trasportato munizioni da guerra per una distanza di apprezzabile rilevanza).
Nel caso esaminato non si rileva la contestualità tra l’introduzione illegale delle armi territorio dello Stato ed il porto delle stese in luogo pubblico sicché deve escluders violazione del principio di specialità.
Inammissibile è anche il terzo motivo di ricorso con il quale la difesa conte l’individuazione del ricorrente assumendo il travisamento della prova (intercettazioni).
La difesa omette di confrontarsi con quanto spiegato dal giudice di appello ( pag. 2) riveland in tal modo l’assoluta aspecificità dell’impugnazione sul punto.
In merito alla conducenza dell’intercettazione ambientale ai fini dell’individuazione d ricorrente quale autore dei reti in materia di armi in concorso, non può non evidenziarsi come la doglianza si riduca alla prospettazione di una lettura soggettivamente orientata del material probatorio alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito nel tentat di sollecitare quello di legittimità ad una rivisitazione degli elementi di fatto posti a fond della decisione o all’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione valutazione dei medesimi, che invece gli sono precluse ai sensi della lett. e) dell’art. 606 c.p
Va infatti ricordato che in sede di legittimità è possibile prospettare una interpretazione significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo
presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di
merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiv
incontestabile (Sez. 6, n. 11189 del 8 marzo 2012, Rv. 252190), circostanze queste che non si sono verificate nel caso di specie, dovendosi per l’appunto ribadire che in tema di motivi
ricorso per cassazione, il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizio
ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutr
valutativa, del “significante”, ma non del “significato” (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, R
283370).
6. Alla stregua di quanto complessivamente esposto i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati la pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025