Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1962 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CASTRIGNANO DEL CAPO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza in data 11.1.2023, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della statuizione di primo grado, ha affermato la responsabilità di NOME COGNOME, riqualificato il fatto, inizialmente imputao quale episodio di lesioni dolose aggravate, ai sensi dell’articolo 590 cod. pen. La vicenda vede l’imputato, ispettore capo della polizia di Stato, accusato di avere spintonato ruvidamente NOME COGNOME, la quale si era recata al Commissariato per sporgere una denuncia, così cagionandole lesioni consistite nella lussazione ad una spalla con frattura del trochite omerale (fatto del 4.2.2016).
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando (in sintesi, giusta il disposto di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.) quanto segue.
Violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla affermata responsabilità dell’imputato.
Si sostiene che la statuizione di condanna è erroneamente basata sulle dichiarazioni rese dal sovrintendente NOME COGNOME, che il giudice di merito ha riportato in termini incompleti: la narrativa di quest’ultimo era stata nel senso che l’imputato era stato da lui visto mentre era fisicamente aggredito dalla persona offesa e dalla madre della stessa. Nella prospettiva del ricorrente, le lesioni subite dalla persona offesa sono dovute ad una caduta che è stata innescata dall’aggressione portata all’imputato, per cui troverebbe applicazione la scriminante della legittima difesa.
II) Violazione dell’articolo 597, comma 3, cod. proc. pen., in relazione alla sospensione condizionale della pena, revocata dopo essere stata concessa dal primo giudice, costituente una non consentita reformatio in peius.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione del reato.
Il difensore della parte civile, NOME COGNOME, ha depositato memoria scritta con cui ha chiesto declaratoria di inammissibilità o, comunque, la reiezione del ricorso.
Il primo motivo è inammissibile.
5.1. La doglianza esula dal numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al
riguardo, sono insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. In tema di sindacato del vizio di motivazione, infatti, il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine all’affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ult abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Sez. U, n. 930 del 13/12/1995 dep. 1996, Clarke, Rv. 203428-01).
5.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha motivatamente ritenuto l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla COGNOME; inoltre, ha logicament valorizzato la discrasia fra la relazione di servizio redatta dal COGNOME e le dichiarazioni dallo stesso rese all’udienza del 22.9.2020 e ravvisato la credibilità delle dichiarazioni rese dal Sovrintendente COGNOMECOGNOME il quale, in maniera dirimente, aveva riferito che “l’Ispettore si liberava delle due donne riuscendo a spingerle fuori dalla porta a vetri del Commissariato’ e che la RAGIONE_SOCIALE “in conseguenza di ciò, rovinava a terra”, accusando poi un forte dolore al braccio destro che rendeva necessario l’intervento dell’autoambulanza. È stato, quindi, plausibilmente ritenuto accertato l’avvenuto contatto fra la persona offesa e l’imputato, in maniera tale da escludere, nella specie, l’istituto della legittima difesa in favore del prevenuto, visto che – a detta della Corte di merito l’imputato avrebbe potuto gestire la situazione in maniera meno dannosa, evitando l’impiego della forza nei confronti di una donna di piccola statura ed in stato di ubriachezza. Quanto all’elemento soggettivo, i giudici palermitani lo hanno legittimamente configurato in termini di colpa, per non essersi il COGNOME conformato a quelle regole cautelari finalizzate ad evitare l’evento lesivo cagionato, nella prospettiva di un soggetto addestrato ed esperto, ed in presenza di un interlocutore nelle condizioni in cui si trovava la COGNOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5.3. Si tratta di una ponderata e non arbitraria valutazione di merito, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità.
È, invece, fondato il secondo motivo di ricorso, atteso che la Corte territoriale, in violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc pen., ha revocato d’ufficio il beneficio della sospensione condizionale della pena che era stato concesso dal primo giudice, nonostante difettasse una specifica impugnazione sul punto da parte dell’imputato. Ne discende che, dando luogo la concessione del
beneficio ad una causa di estinzione del reato, la detta statuizione è sempre una previsione di favore per l’imputato, rispetto alla quale opera il divieto di “reformatio in peius” (Sez. 5, n. 42583 del 11/06/2015, Rv. 266412 – 01).
La fondatezza del secondo motivo di ricorso consente di rilevare d’ufficio l’intervenuta estinzione del reato per cui si procede, essendo spirato il relativo termine massimo di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei.
Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, agli effetti penali, per essere il reato in disamina estinto per prescrizione.
Il ricorso va, invece, rigettato agli effetti civili, con conseguente condanna del ricorrente a rifondere alla parte civile costituita le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili e condanna il ricorrente alla rifusione del spese di giudizio sostenute nel presente giudizio di legittimità dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in euro tremila, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 19 dicembre 2023
II
Il Presidente