Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29363 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29363 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1.COGNOME NOME nato a Catania il 07/07/1971 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
2.NOME nato a Catania il 24/12/1967 rappresentato e assistito dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
3.NOME COGNOME nato a Catania il 29/12/1994 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
4.NOME nato a Catania il 27/12/1973 rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
5.Spartà NOME nata a Catania il 06/12/1982 rappresentata ed assistita dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
6.Strano NOME nata a Catania il 19/02/1964 rappresentata ed assistita dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
avverso la sentenza in data 1/07/2024 della Corte di appello di Catania, seconda sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
preso atto che l’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME hanno avanzato rituale richiesta di trattazione orale in presenza, ai sensi dell’art. 611, commi 1-bis e 1-ter cod. proc. pen.;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udita la requisitoria con la quale il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha conc chiedendo la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi proposti da NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME il rigetto dei ricorsi proposti da NOME e NOME e l’annullamento della sentenza nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio;
udita la discussione dei difensori della ricorrente NOME COGNOME avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
preso atto della assenza dei difensori di fiducia degli altri ricorrenti che non hanno depos conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma de pronuncia emessa, all’esito di rito abbreviato, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribuna di Catania in data 06/07/2022, appellata anche dal Pubblico Ministero nei confronti di COGNOME COGNOME, NOME COGNOME e COGNOME NOMECOGNOME così statuiva per quanto rilevante in questa sede: -confermava il giudizio di responsabilità nei confronti di NOME COGNOME, NOME Fi NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME NOME COGNOME per il delitto di estorsione, i concorso tra loro, in danno di NOME COGNOME e NOME COGNOME, aggravato dall’avere commesso il fatto in più persone riunite, dall’avere fatto parte, NOME COGNOME e NOME COGNOME unitamente ad altri correi, dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra catanese, clan COGNOME, dal metodo mafioso e dal fine di agevolazione di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., c l’ulteriore aggravante per NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’aver commesso il fatto durante il periodo di sottoposizione a misura di prevenzione personale e, comunque, nei tre anni successivi alla cessazione degli effetti; GLYPH fr -confermava il giudizio di responsabilità nei confronti di NOME anche per il delit tentata estorsione commesso in concorso con NOME Daniele ed in danno di NOME COGNOME con l’aggravante del metodo mafioso di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo D di imputazione) -confermava il giudizio di responsabilità nei confronti di NOME COGNOME per il delitto di te estorsione in concorso e in danno di NOME COGNOME con l’aggravante dall’avere commesso il fatto facendo parte dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra catanese, clan
COGNOME, del metodo mafioso e della agevolazione mafiosa di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo F di imputazione);
-rideterminava la pena nei confronti di NOME COGNOME in anni tre, mesi quattro di reclusio ed euro 3.000,00 di multa, con applicazione della pena accessoria della interdizione dai pubblic uffici per la durata di anni cinque.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, tramite i rispetti difensori di fiducia.
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato articolato un unico motivo con il quale si deduc ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., la violazione di cui all’art. 63 de di rito in punto di utilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME vizio di motivazione, sotto il triplice motivo della mancanza, contraddittorietà e manif illogicità, con riferimento al giudizio di attendibilità di tale portato dichiarativo.
Rileva il ricorrente che nella denuncia sporta in data 17 aprile 2014 nei confronti de imputati – che costituisce l’unico elemento fondante il giudizio di responsabilità – a cari NOME COGNOME erano emersi indizi di reato avendo egli affermato che, a seguito di uno scippo subito dalla propria madre nel 2014, si era rivolto proprio a costoro per organizzare u spedizione punitiva nei confronti dell’autore di tale azione predatoria. A fronte di ci verbalizzazione avrebbe dovuto essere interrotta con gli avvertimenti di legge e conseguente inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 63 cod. proc. pen.
La Corte di appello, investita di tale questione, ha sbrigativamente affermato che nel narrazione dei fatti contenuta nella denuncia non sarebbero emersi elementi di reità a carico d NOME COGNOME
Sotto altro profilo, il ricorrente deduce che proprio l’azione istigatoria attuata da COGNOME contraddistinta da metodologia mafiosa avrebbe dovuto essere valutata in termini di incompatibilità con il denunciato rapporto di soggezione agli imputati e avrebbe dovut ingenerare nel giudice di appello non pochi dubbi in ordine alla attendibilità della denunci questione.
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato articolato un unico motivo con il quale si dedu la violazione di legge ed il vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento del attenuanti generiche e di quantificazione della pena.
La Corte di appello che non ha proceduto alla verifica ex officio di elementi positivi, tali da giustificare la diminuente di cui all’art. 62 bis cod. pen. e non ha parametrato la sanzione (particolarmente gravosa) ad una valutazione globale della vicenda.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati articolati tre motivi.
5.1. Con il primo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 629 c pen e la carenza di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità.
Sostiene il ricorrente che difetta l’elemento costitutivo della coartazione della volontà due persone offese rispetto alle somme di denaro, ritenute, in tesi accusatoria, corrispettivi d contestata condotta estorsiva.
Dalla stessa ricostruzione offerta dalle presunte vittime emergono usuali elargizioni di dena non per ottenere protezione da eventuali azioni lesive da parte degli stessi estorsori, ma p assicurarsi che la loro fiorente attività imprenditoriale fosse preservata da mire di altri s di caratura criminale; in altri termini gli COGNOME – nell’ottica di tale accordo- avevano eff i pagamenti con tale finalità senza esserne stati costretti.
La Corte territoriale non ha esaminato tale profilo, oggetto di specifica deduzione nell’a di appello, limitandosi ad un mero richiamo alla ricostruzione storica della vicenda.
5.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 114 co pen e l’illogicità della motivazione in punto di mancato riconoscimento della attenuante del minima partecipazione.
I giudici di secondo grado non hanno considerato il carattere ancillare della condot dell’imputato il quale, con ruolo decisamente fungibile, solo in pochissime occasioni ha riscoss somme elargite dalle persone offese, su commissione di terzi, così fornendo un contributo minimo alla azione delittuosa, concepita e organizzata nei suoi tratti tipicamente “contrattu da altri soggetti.
La sentenza impugnata, sul punto, è meramente apodittica e contiene considerazioni illogiche.
5.3. Con il terzo motivo si deduce carenza di motivazione in punto di mancato riconoscimento di attenuanti generiche e di trattamento sanzionatorio.
La Corte di appello non si è confrontata con gli elementi indicati nell’atto di appello c valutabili positivamente ai fine della diminuente di cui all’art. 62 bis cod. pen., né si è misurata con la condotta in concreto tenuto dall’imputato che avrebbe imposto di differenziare la pena lui inflitta rispetto a quella irrogata ai correi i quali avevano apportato un contributo causa più rilevante.
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Nell’interesse di NOME COGNOME è stato articolato un unico motivo con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen. il vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e di quantificazione della pena.
La Corte di appello ha ritenuto l’assenza di elementi positivi tali da giustificare la diminu di cui all’art. 62 bis cod. pen., nonostante l’ammissione di responsabilità dell’imputato rispetto al quale non si è misurata, spiegando le ragioni per le quali tale dato non fosse rilevante qu fattore giustificante un più mite trattamento sanzionatorio.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati articolati tre motivi.
7.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e) e c), cod. p pen., la violazione dell’art. 591 del codice di rito per mancata dichiarazione di inammissibi dell’atto di appello proposto dal Pubblico Ministero nei confronti dell’imputata e connesso vi motivazionale.
Con l’impugnazione proposta (ricorso per cassazione, poi convertito in appello), la parte pubblica aveva dedotto l’erronea applicazione della legge penale, da parte del giudice di primo grado, del disposto di cui all’art. 63, comma quarto, cod. pen con riferimento alle rite aggravanti di cui all’art. 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo n. 1 e cod. pen. e di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen.
L’atto di gravame, secondo il ricorrente, difetterebbe di specificità perché priv correlazione con la decisione appellata.
Nella sentenza di primo grado la pena irrogata all’imputata era stata, infatti, determin applicando esclusivamente la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen. e non anche quelle contemplate dall’art. 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo n. 1 e 3, cod. pen.
Tale omissione avrebbe, al più, consentito una impugnazione per mancata motivazione sulla esclusione delle circostanze de qua, ovvero per violazione di legge con riferimento all’art. 629, comma secondo, cod. pen., ma non certo per inosservanza dell’art. 63, comma quarto, cod. pen. poiché il giudice di prime cure non ha fatto alcuna applicazione di tale disciplina avendo esclu le aggravanti di cui all’art. 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo n. 1 e cod. pen.
L’atto di appello proposto dal Pubblico Ministero, stante l’assenza di correlazione impugnazione e sentenza gravata e difettando, appunto, di specificità estrinseca, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 581, comma 1-bis del codice di rito.
La Corte di appello, investita della questione, non ha reso alcuna motivazione al riguardo e ha accolto l’impugnazione del Pubblico Ministero, così finendo per operare nei confront dell’imputata una riforma in peius.
7.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) e e), cod. pr pen., la violazione di legge con riferimento alle aggravanti di cui all’art. 629, comma secondo, relazione all’art. 628, comma terzo n. 1 e 3, cod. pen. che la Corte di appello ha configurat connesso vizio motivazionale.
Deduce, in primo luogo, la difesa ricorrente che per la sussistenza dell’aggravante delle pi persone riunite prevista dall’art. 628, comma terzo n. 1, cod. pen. è richiesta la simulta presenza di almeno due soggetti nel luogo e al momento della realizzazione della condotta estorsiva, nel caso di specie, l’azione delittuosa (in forma tentata) è stata posta in essere sola imputata, senza la presenza di altri.
Neppure si configura l’aggravante prevista dall’art. 628, comma terzo n. 3, cod. pen mancando in capo a NOME COGNOME la qualifica di persona intranea alla associazione mafiosa.
7.3. Con il terzo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b) e e), cod. p pen., la violazione di legge con riferimento all’art. 81 cod. pen. e connesso vizio motivaziona
La Corte di merito ha accolto l’appello proposto dal pubblico ministero che si doleva anche della mancata applicazione della disciplina del reato continuato, obliterando le censure difensi dedotte rispetto a tale profilo di gravame.
Tale statuizione è grossolanamente erronea poiché il tentativo di estorsione si racchiude i una unica condotta realizzata nell’agosto 2020 descritta dalla persona offesa (sulla c attendibilità emergono, peraltro, non pochi dubbi, secondo la difesa ricorrente) ed è consist nell’avvicinare NOME COGNOME per chiedergli ragione della avvenuta sospensione, da parte sua, dei ratei estorsivi.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono stati articolati sei motivi.
8.1. Con il primo motivo ed il secondo motivo si deducono l’erronea applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione (apparente e frutto di travisamento probatorio) in punto giudizio di responsabilità, anche in relazione alla mancata configurazione della ipotesi connivenza non punibile.
Diversamente da quanto affermato dalla Corte di appello, solo la persona offesa NOME COGNOME ha fatto menzione dell’imputata (indicata come madre di NOME COGNOME e riconosciuta in album fotografico) delineandone la condotta tenuta, mentre il fratello NOME COGNOME non ha mai fatto il nome di NOME COGNOME
Vi è dunque una sola prova dichiarativa a carico dell’imputata, il cui vaglio avrebbe dovu essere condotto con particolare cautela sia con riferimento al suo contenuto che alla attendibili verifica che, tuttavia, la Corte di appello non ha effettuato.
In ogni caso, le dichiarazioni di NOME COGNOME, se lette correttamente escludono la responsabilità dell’imputata, descritta come colei alla quale costui, in alcune occasioni, av consegnato una busta da dare al marito il cui contenuto e sottostante causale ella ignorava; COGNOME ha anche riferito che NOME COGNOME, figlio dell’imputata si era opposto a tali consegn effettuate nelle mani della madre e ciò costituisce conferma del fatto che NOME COGNOME non conosceva la provenienza del denaro e che ella non era stata incaricata della riscossione dei rate estorsivi.
Si è dunque al cospetto di una condotta meramente passiva consistita nella ricezione di una busta ovvero, al più, di una mera connivenza non punibile.
8.2. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge e l’omessa motivazione in ordine a mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. invocata nell’atto di appe e sulla quale la Corte di merito ha totalmente soprasseduto essendosi limitata a richiamare l considerazioni espresse con riferimento ai coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME la cui posizione, tuttavia, non è affatto assimilabile.
L’obbligo motivazionale non può ritenersi assolto con il rimando alle posizione dei correi, giudice di secondo grado avrebbe dovuto sviscerare la condotta specificatamente serbata
dall’imputata che risulta avere assunto un ruolo del tutto marginale, limitandosi a ricevere i r estorsivi per conto del figlio e del marito.
8.3. Con il quarto motivo si deduce l’omessa motivazione in ordine alla invocata esclusione dell’aggravante del numero delle persone, oggetto dei motivi di appello e totalmente ignorata dalla Corte di merito.
L’aggravante in questione non è integrata poiché l’imputata era sempre sola al momento della ricezione delle buste di denaro, difettando in tal modo il requisito della simultanea prese di non meno di due persone nel luogo e nel momento in cui si realizzava il conseguimento dell’ingiusto profitto.
8.4. Con il quinto motivo si deduce l’omessa motivazione in ordine alla invocata esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen, pure oggetto dei motivi di appello e parimenti ignorata dalla Corte di merito che si è limitata ad affermare apoditticamente che l’imputata avev ” indubitabilmente agito con metodo mafioso e al fine di agevolare l’associazione criminale d appartenenza”, senza in alcun modo indicare in cosa sarebbe consistita, in concreto, tale condotta aggravata e spiegare se essa fosse stata consapevolmente idonea – a prescindere dalla mera vicinanza con soggetti appartenenti ad associazione mafiosa – ad esercitare la particolare coartazione psicologica evocativa dell’agire di tali sodalizi e a favorire il clan, consider natura soggettiva della aggravante agevolatrice.
8.5. Il sesto motivo è indicato nella intestazione del ricorso, in termini di om motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle già concesse attenuanti generiche in misura prevalente sulle ritenute aggravanti, ma è sprovvisto di argomentazioni al riguardo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.E’ inammissibile l’unico motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
1.1. Manifestamente infondata e comunque generica è la deduzione di inutilizzabilità ai sensi dell’art. 63 cod. proc. pen. delle dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME.
Correttamente la Corte di appello, in piena aderenza al contenuto di tale portato dichiarativ che è testualmente riprodotto nella sentenza di primo grado e con il quale la difesa ricorren non si confronta, ha esclusione l’emersione di “indizi di reità” a carico di COGNOME nel corso d sua audizione in qualità di persona informata sui fatti, avendo questi semplicemente prospettato ai verbalizzanti di essersi lamentato con NOME COGNOME e NOME COGNOME del fatto che – pur avendo egli puntualmente onorato il pagamento delle rate estorsive da costoro pretese con cadenza mensile – la madre aveva subito uno scippo e che quindi non vi era stata alcuna “protezione” da parte del clan; il collegio ha pertanto disatteso, allineandosi alle risul probatorie in atti richiamate nel provvedimento impugnato, l’assunto difensivo secondo cui COGNOME sarebbe stato l’istigatore delle successive iniziative del gruppo criminale, culminate c una spedizione punitiva attuata nei confronti dell’autore di tale azione predatoria.
Altrettanto correttamente, in punto di diritto, la Corte distrettuale ha affermato che, a a volere ritenere l’emersione di dichiarazioni autoindizianti, le stesse – vertendosi nell’ contemplata dall’art. 63, comma 1 cod. proc. pen- sarebbero comunque affette da inutilizzabilit contra sé (quindi esclusivamente nei confronti dello stesso dichiarante) e non contra alios, come erroneamente sostenuto anche nel presente nel ricorso.
Al riguardo va richiamato il consolidato principio di diritto secondo cui le dichiarazioni rese i alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi caratt autoindiziante, sono inutilizzabili solo contro chi le ha rese, ma pienamente utilizzabili co terzi, rispetto ai quali non opera la sanzione processuale di cui all’art. 63, comma 1, cod. p pen. che è una garanzia posta a tutela del solo dichiarante (Sez. 2, n. 5823 del 26/11/2020 COGNOME, Rv. 280640; Sez. 2, n. 28583 del 18/06/2021, NOME, Rv. 281807).
Il profilo di censura è dunque palesemente privo di pregio, oltre che affetto da generic poiché la difesa ricorrente nulla prospetta in ordine alla concreta incidenza del contenuto di dichiarazioni sul giudizio di responsabilità rispetto alle complessive risultanze probatorie val dai giudici di merito, essendo onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti proce indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente dal vizio e chiarirne, altresì, l’incidenza sul compendio istruttorio già valutato, così da pot inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato (Sez. U, n. 23868 23/04/2009, COGNOME, Rv. 243416; Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, COGNOME, Rv. 254108; Sez. VI n. 1219 del 12/11/2019, COGNOME, Rv. 278123).
1.2. Parimenti generica è la deduzione in ordine al vizio di motivazione in cui sarebbe incors la Corte di appello in punto di attendibilità delle dichiarazioni di NOME COGNOME ove an processualmente utilizzabili.
In primo luogo si tratta di denuncia cumulativa (v. pag. 1 del ricorso, ove la motivazi viene indicata come “mancante, contraddittoria e manifestamente illogica) che non è consentita e come tale è inammissibile (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME non massimata sul punto, secondo cui il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede legittimità ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ha l’onere – sanzi pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su quale pr motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamen illogica).
In secondo luogo, la difesa ricorrente non si confronta, confutandola, con la puntuale e no illogica valutazione che la Corte distrettuale ha espresso in ordine alla attendibilità del dett portato dichiarativo di NOME COGNOME confermato da dichiarazioni parzialmente ammissive di taluni coimputati ed assistito da plurimi riscontri oggettivi, compiutamente illustrati alle da 25 a 28 nella sentenza di primo grado che si salda con quella impugnata, trattandosi di doppia conforme sul punto, sicchè le due pronunce si integrano vicendevolmente, formando un tutto organico ed inscindibile al quale deve farsi riferimento per giudicare della congruità d
motivazione, integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quella di appello.
La valenza confermativa dei riscontri ad una fonte dichiarativa costituisce poi oggetto di u valutazione in fatto, che sfugge al sindacato di legittimità, sempre che il giudice, come avven nel caso di specie, abbia dato conto, con motivazione congrua e completa, del proprio apprezzamento.
A fronte di tale apparato argomentativo, la difesa ricorrente si limita a richiamare circostanza del tutto indimostrata che il collegio di merito ha correttamente escluso e cioè u supposta azione istigatoria attuata da NOME COGNOME a seguito dello scippo subìto dalla propria madre che la Corte avrebbe dovuto valutare come radicalmente incompatibile con il denunciato rapporto di soggezione al clan e, quindi, come chiaro sintomo di inattendibilità.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile per manife genericità dell’unico motivo proposto.
2.1. Le deduzioni relative alla pretesa violazione di legge e al vizio motivazionale in pu di mancato riconoscimento di attenuanti generiche e di dosimetria della pena sono prive di real confronto con la sentenza impugnata ( pag. 21) che ha escluso l’invocata diminuente per assenza di elementi positivi (neppure evidenziati nell’atto di appello ove si prospettava semplicemente necessità di adeguare la pena al ruolo marginale e meramente esecutivo ricoperto dall’imputato) e ha ritenuto complessivamente congrua la pena inflitta dal giudice di primo grado in ragion della obiettiva gravità dei reati commessi e dei precedenti penali, così correttamente applican gli indici di commisurazione della pena previsti dall’art. 133 cod. pen.
Va ricordato il consolidato orientamento di questa Corte per il quale l’applicazione del diminuente prevista dall’art. 62 bis cod. pen., costituisce giudizio di fatto che richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione del circostanza in parola; soprattutto dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. operata con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modif. dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto de quale, ai fini della concessione della diminuente, non ha alcun rilievo, di per sé solo, lo st incensuratezza dell’imputato, è sufficiente che il giudice di merito si limiti a dar conto mancanza di elementi o circostanze positive a tale fine (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME Rv. 260610; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv 283489; Sez. 3, n. 20664 del 16/12/2022, dep. 2023, Ventimiglia, non mass.). ·
Quanto alla dosimetria della pena, la sua graduazione rientra nella discrezionalità del giudi di merito, che la esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., avvenuto nella specie, sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri una nuova valutazione del giudizio di congruità la cui affermazione, come nella specie, non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME NOME, Rv. 281217-01, in motivazione).
E’ poi da ritenere adempiuto l’obbligo della motivazione in ordine alla misura della pe allorché sia indicato l’elemento, tra quelli di cui all’art 133 cod. pen., ritenuto prevale dominante rilievo, non essendo il giudice tenuto a una analitica valutazione di tutti gli elem favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti ma, in una visione globale di ogni particolar caso, è sufficiente che egli dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ( Sez. U del 21/04/1979, COGNOME, Rv. 142252, Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 238851; Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142-01, Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288).
Anche il ricorso proposto nell’interesse di NOME va dichiarato inammissibile.
3.1. Del tutto generico è il primo motivo di doglianza con il quale si deduce la violazion legge in relazione all’art. 629 cod. pen per difetto dell’elemento costitutivo della coartazione volontà delle due persone offese, rispetto al quale la Corte territoriale non avrebbe assolto l’o motivazionale in relazione a tale profilo, oggetto di specifica deduzione nell’atto di appello.
Il ricorrente non si confronta con l’impugnata sentenza che ha richiamato, sul punto, l dichiarazioni convergenti delle due persone offese (ritenute pienamente credibili in quanto riscontravano a vicenda ed erano altresì sorrette da plurimi elementi esterni di conferma) le qu avevano delineato un quadro di vera e propria costrizione attuata con l’espressa minaccia di “fa saltare il supermercato” ed evocando la forza intimidatrice del clan COGNOME ed avevano individuato l’odierno ricorrente come partecipe, in prima persona, delle condotte estorsive co il ruolo di esattore delle somme estorte (progressivamente in misura sempre più elevata) ricoperto dopo gli arresti dei correi Marino, COGNOME, La Mattina e Paternò e quale soggetto c aveva a loro indicato le persone (tra cui NOME COGNOME) alle quali versare il rateo in sua assen
Sulla scorta di tali fonti dichiarative, la Corte di appello ha correttamente disatt prospettazione difensiva volta a sostenere che le elargizioni di denaro fossero state il frut una sorta di accordo tra gli COGNOME e gli imputati finalizzato a preservare la loro at imprenditoriale dalle mire di altri gruppi criminali.
3.2. Affetto da analoga genericità è il secondo motivo di ricorso con il quale si censura violazione di legge in relazione all’art. 114 cod. pen. e l’apoditticità nonché illogici motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante della minima partecipazione sostenendo il ruolo meramente ancillare della condotta dell’imputato.
La Corte di appello, una volta riconosciuto in capo all’imputato NOME COGNOME il ruol evidentemente decisivo ed indispensabile, ai fini del perfezionamento dell’azione estorsiva soggetto preposto alla riscossione delle singole rate, ha logicamente fatto discendere l’esclusio dell’ invocata attenuante che è integrata solo laddove l’apporto del correo risulti obbiettivam così lieve da apparire, nell’ambito della relazione eziologica, quasi trascurabile e del marginale.
Tale valutazione è insuscettibile di censura in questa sede in quanto congruamente giustificata
alla luce delle considerazioni poste a presidio dell’affermata responsabilità concorsuale d ricorrente, il cui contributo alle condotte estorsive non aveva avuto quella rilevanza caus minima e quasi trascurabile che sostanzia la diminuente.
Va, peraltro rilevato che, attesa la contestazione del delitto d’estorsione in forma aggrava per effetto del richiamo all’art. 628,comma 3, n. 1 cod.pen., nella specie deve trov applicazione il principio secondo cui la disposizione del secondo comma dell’art. 114 cod. pen.( secondo cui l’attenuante della minima partecipazione al fatto pluripersonale non si applic quando ricorra una delle circostanze aggravanti delineate all’art. 112 stesso codice, e, dunque quando il numero dei concorrenti sia pari o superiore a cinque) va riferita anche ai casi nei qu il numero delle persone concorrenti nel reato sia posto a base di un aggravamento della pena in forza di disposizioni specificamente riguardanti il reato stesso (Sez. 2, n. 18540 del 19/04/201 COGNOME, Rv. 266852; Sez. 3, n. 17180 del 5/3/2020, Rv. 279014; Sez. 2, n. 21089 del 29/09/2023, Natale, non mass.; Sez. 2, n. 12422 del 18/02/2025, Corso, non mass.;), con conseguente giuridica impossibilità di configurare la circostanza nel caso a giudizio.
Ne consegue che il motivo di ricorso finisce per essere anche manifestamente infondato poiché deduce la violazione di legge una disposizione che, invece, non poteva trovare applicazione.
3.3. Ad esiti di manifesta infondatezza deve pervenirsi con riferimento al terzo motivo ricorso in punto di mancato riconoscimento di attenuanti generiche e di dosimetria della pena.
Ribaditi i consolidati orientamenti di legittimità illustrati nel paragrafo 2.1., va dat che la Corte territoriale ha disatteso la richiesta difensiva in mancanza di elementi pos giustificativi della invocata mitigazione sanzionatoria e ha richiamato le considerazioni già sv per i coimputati ove era stata evidenziata- in conformità al criterio di cui all’art. 133, primo, cod. pen. dettato per la valutazione della congruità della pena- l’obiettiva gravità dei commessi in concorso anche con NOME COGNOME elemento ritenuto decisivo.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile essendo manifestamente infondato l’unico motivo proposto con il quale si deduce il vizio di motivazion in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e di quantificazione della pena, dovendosi, ancora una volta, richiamare i principi di diritto illustrati nel paragrafo 2.1.
Anche con riferimento alla posizione dell’imputato, il collegio di merito ha afferm l’assenza di elementi positivi giustificativi della invocata mitigazione sanzionatoria richiamato – in conformità ad uno degli indici di commisurazione espressamente previsti dall’ar 133, comma primo, cod. pen. – l’obiettiva gravità dei fatti commessi, ritenuta elemento decisiv e prevalente, così implicitamente valutando come recessiva l’ammissione di responsabilità resa in apertura del giudizio di appello rispetto alla quale non può che rilevarsi, in questa se carattere tardivo ed assai laconico (” nel 2014 per ben due volte ho preso il denaro, quind palese”).
Fondato è, invece, il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME dal quale discend l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti dell’imputata, limitatamente a trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Cor di appello di Catania.
5.1. Meritevole di accoglimento è, in primo luogo, il primo motivo (nel quale il secondo de ritenersi assorbito).
Il ricorso per cassazione (successivamente convertito in appello ai sensi dell’art. 580 co proc. pen.) proposto dal Pubblico Ministero avverso la sentenza di primo grado sotto il profi della violazione dell’art. 63, comma quarto, cod. pen. era effettivamente inammissibile su ta specifico punto per difetto di correlazione tra la doglianza denunciata e la pronuncia oggetto impugnazione.
La Pubblica Accusa prospettava l’erronea applicazione della norma in questione poiché il giudice per l’udienza preliminare aveva applicato esclusivamente l’aumento di pena previsto per la circostanza aggravante di cui all’art. 416 bis.1 cod. pen., omettendo di operare la maggiorazione per le ulteriori due aggravanti di cui all’art. 629, comma secondo, in relazio all’art. 628, comma terzo n. 1 e 3, cod. pen. e, al riguardo, richiamava il prin giurisprudenziale secondo cui, nell’ipotesi di concorso tra più circostanze ad effetto speci l’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen. deve essere esclusa dal giudizio di bilanciamento in quanto, ai fini del calcolo degli aumenti di pena irrogabili, ad essa non si applica la generale prevista dall’art. 63, comma quarto, cod. pen.
Tuttavia, dalla lettura dal costrutto motivazione e dal calcolo di quantificazione della inflitta ( pagg. 50, 51 e 56 della sentenza impugnata) emerge con chiarezza che il giudice primo grado, con riferimento alla tentata estorsione ritenuta sussistente anche in capo al Spartà, aveva configurato esclusivamente l’aggravante dell’avere commesso il fatto con metodo mafioso e al fine di agevolare l’attività della associazione mafiosa Cosa nostra catanese “cl COGNOME” e non anche le contestate aggravanti di cui all’art. 629, comma secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo n. 1 e 3, cod. pen. che, solo ove ritenute integrate, avrebbero impos l’ulteriore aumento di pena per esse previste, non operando la regola prevista dall’art. comma quarto, cod. pen.
La doglianza dedotta dal Pubblico Ministero non presentava dunque una critica conferente alla decisione impugnata, essendo censura parametrata sul presupposto della ricorrenza di due aggravanti che, invece, il giudice di primo grado non risulta avere ritenuto sussistenti.
L’accoglimento del gravame da parte della Corte di appello, che ha maggiorato il trattamento sanzionatorio innalzando la pena base ad anni sette di reclusione (pari al minimo edittale previs per l’estorsione aggravata ai sensi dell’art. 628, comma terzo n. 1 e 3, cod. pen.), ha, di f determinato la violazione del divieto di reformatio in peius.
5.2. E’ fondato anche il terzo motivo di ricorso, quanto al dedotto profilo di manca motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello ha accolto il gravam proposto dal Pubblico Ministero anche in punto di mancata applicazione della disciplina del reato
continuato da parte del giudice di primo grado, sul presupposto che alla Spartà fossero attribuib non uno ma più tentativi di estorsione.
Effettivamente il collegio di merito ha proceduto alla rideterminazione della pena operando un aumento (peraltro immotivato) a titolo di continuazione omettendo, tuttavia, di pronunciar in ordine alla preliminare questione relativa alla effettiva configurazione di più condotte esto tentate (non di una sola) che la difesa ricorrente aveva, peraltro, contestato in sede discussione.
Anche sotto questo profilo, pertanto, la sentenza impugnata va annullato con rinvio affinché il giudice di secondo grado proceda a colmare tale lacuna motivazione, evidentemente prodromica alla rivisitazione in peius della sanzione inflitta dal giudice di primo grado.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
6.1. Manifestamente infondati sono il primo e secondo motivo di ricorso con i quali, in punt di giudizio di responsabilità, si deduce l’erronea applicazione delle disposizioni concernen concorso di persone nel reato e il vizio di motivazione.
Palesemente priva di pregio è la deduzione di travisamento probatorio fondata sul presupposto che la Corte di appello avrebbe confermato il giudizio di colpevolezza sulle dichiarazioni rese dalla persona offesa NOME COGNOME che, tuttavia, mai aveva fatt menzione dell’odierna ricorrente; di quest’ultima vi è solo riferimento nella testimonianza r da NOME COGNOME il cui vaglio di attendibilità non è stato operato.
In via preliminare, va rilevato che al ricorso non sono allegati i verbali integrali dichiarazioni rese da NOME COGNOME così da consentire l’apprezzamento del loro contenuto complessivo e verificare l’eventuale errore “sul significante” nel quale sarebbe caduti i giudi secondo grado. Il ricorrente ha infatti semplicemente trascritto nell’atto di impugnazione (p 3) poche righe di uno dei tre verbali di dichiarazioni.
Al riguardo, va ricordato il consolidato orientamento di legittimità, che qui si ribad secondo cui sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per generici quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivaz riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo conte dell’atto processuale (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2024, COGNOME, Rv. 263601; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2025, COGNOME, Rv. 265053; Sez. 2, n. 20677 del 11/0/ 2017, COGNOME, RV 270071).
La difesa ricorrente neppure argomenta in ordine alla decisività del dedotto travisamento e cioè come esso, ove effettivo, abbia concretamente inciso sulla tenuta logica della motivazione, al contrario, è lo stesso ricorso ad escludere la concreta rilevanza di tale vizio nel momento cui richiama estratti del portato dichiarativo di NOME COGNOME nella parte in cui costui av con certezza, indicato l’imputata Strano come colei che si era occupata del ritiro dei ratei esto dopo l’arresto del marito e del figlio.
In ogni caso, il dedotto travisamento non si ravvisa poiché la Corte di appello (pag. 34 del motivazione) ha confermato il giudizio di responsabilità facendo espresso richiamo al portat dichiarativo” della persona offesa ” e non di entrambe le vittime delle reiterate estorsioni evidente implicito riferimento al narrato di NOME COGNOME e cioè di colui che aveva descri il coinvolgimento nella pratica estorsiva anche di NOME COGNOME.
Di tale narrato, ben diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, il collegio di meri esaminando la posizione del coimputato NOME COGNOME ha valutato l’attendibilità di tale fo probatoria e, al riguardo, si richiamano le argomentazioni sviluppato nel paragrafo 1.2.
Quanto alla prospettazione difensiva di una condotta in capo all’imputata connotata dalla inconsapevolezza di avere incassato somme di denaro frutto di estorsione o, quantomeno, da una connivenza non punibile, la Corte di appello ha argomentato – con considerazioni non manifestamente illogiche e in linea con i noti principi che tracciano il discrirnine tra il conc persone nel reato e il comportamento meramente passivo – sulla riscossione da parte dell’imputata, in sostituzione dei propri familiari ristretti in carcere, delle somme corrispo NOME COGNOME avvenuta con la consapevolezza della provenienza estorsiva delle stesse, così fornendo contributo partecipativo materiale alla condotta criminosa altrui ( pag. 34).
Tale costrutto si salda con le ulteriori considerazioni sviluppate sul punto nella sentenz primo grado (pagg. 42 e 43), sicchè può affermarsi che la ritenuta condotta concorsuale di NOME COGNOME sia assistita da un assetto motivazionale adeguato e corretto in punto di dirit
6.2. Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso con il quale si censura il manca riconoscimento della attenuante di cui all’art. 114 cod. pen.
Correttamente la Corte di appello- dopo avere delineato in capo all’imputata il compito d materiale riscossione dei ratei estorsivi, in surroga del marito e del figlio- ha escluso l’in diminuente richiamando le considerazioni espresse in merito alla posizione di NOME COGNOME e cioè del coimputato che aveva rivestito lo stesso ruolo, così fornendo un contributo essenzial per il conseguimento, da parte del clan, del profitto delle estorsioni.
Vanno inoltre ribadite le considerazioni già svolte nel paragrafo 3.2. con riferimento a giuridica impossibilità di configurare, nel caso di specie, la circostanza della mi partecipazione attesa la contestazione anche in capo all’odierna ricorrente del delitto d’estorsi in forma aggravata per effetto del richiamo all’art. 628,comma 3, n. 1 cod.pen.
6.3. Manifestamente infondato è anche il quarto motivo di ricorso con il quale si deduce l’omessa motivazione in ordine alla esclusione della aggravante del numero delle persone che era stata invocata nell’atto di appello.
Se è vero che sul tema dedotto nell’atto di gravame non vi è espressa pronuncia, il collegio di merito lo ha comunque implicitamente disatteso laddove ha affermato che l’imputata aveva più volte consapevolmente ritirato le somme di denaro corrisposte al clan da NOME COGNOME e a ciò era stata incaricata sia dal marito NOME, impossibilitato alla riscossione per ristretto in carcere, sia dal coimputato NOME COGNOME così delineando una piena adesione dell’imputata ad una condotta estorsiva realizzata in forma continuata da più persone riunite.
Va infatti ricordato che nel reato di estorsione commesso nell’interesse di un’associazion di tipo mafioso ( quale è quello sottoposto a giudizio), la simultanea presenza di non meno due persone, necessaria a configurare la circostanza aggravante delle più persone riunite, deve essere individuata in relazione ai plurimi momenti in cui viene effettuata la richiesta estorsi alla pluralità dei soggetti che contattano la persona offesa esplicitando la natura collettiva richiesta proveniente da più soggetti appartenenti al gruppo criminale (Sez. 5, n. 22614 de 16/02/2023 PG/ COGNOME Cosimo, Rv. 284773-02; Sez. 2, n. 6272 del 19/01/2027, Corigliano, Rv. 269295), come appunto avvenuto, sulla base della ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello, in relazione alle estorsioni contestate.
Peraltro, l’aggravante delle più persone riunite ha natura oggettiva concernendo le modalità dell’azione e, pertanto, si comunica ai correi non presenti nel luogo di consumazione del reat se gli stessi erano a conoscenza del fatto che il reato sarebbe stato consumato da più persone riunite o se per colpa ignoravano tale circostanza (Sez. 2, n. 36926 del 04/07/2018, COGNOME Rv. 273521).
6.4. Palese infondatezza va attribuita anche al quinto motivo di ricorso relativo alla omess motivazione in ordine alla esclusione della aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che stata invocata nell’atto di appello.
La Corte distrettuale ha affermato di condividere le argomentazioni spese nella sentenza di primo grado ( pag. 43) in punto di sussistenza dell’aggravante de qua e tale onere motivazionale va considerato sufficiente se solo si considera l’assoluta genericità e, quindi, inammissibilità relativo motivo di gravame proposto che, dopo avere richiamato astratti principi giurisprudenzia dettati in tema di metodo mafioso e di agevolazione mafiosa, aggiungeva semplicemente ” nel caso di specie appare sin troppo evidente che la suddetta aggravante non può essere applicata alla condotta di NOME senza alcun minimo confronto e critica argomentativa alla sentenza appellata.
6.5. Inammissibile, in quanto totalmente a-specifico, è il sesto motivo di ricorso con il q si lamenta l’omessa motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle già concesse attenuanti generiche in misura prevalente (anziché equivalente).
Tale censura risulta elencata nella intestazione del ricorso (pag. 2), ma sprovvista qualsivoglia argomentazione a sostegno.
Alla inammissibilità dei ricorsi proposti da NOME, NOME, NOME COGNOME NOME e NOME consegue la condanna dei medesimi al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della
Corte di appello di Catania. Dichiara irrevocabile l’affermazione di responsabilità. Dichiara inammissibili i ricorsi di NOME Salvatore, NOME, NOME COGNOME, NOME
NOME e NOMECOGNOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 08/05/2025