Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10026 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10026 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MESAGNE il 16/08/1974
avverso la sentenza del 27/05/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 27 maggio 2024, la Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza, pronunciata il 9 aprile 2019 dal Tribunale di Brindisi, con la quale COGNOME NOME era stato ritenuto responsabile del reato di cui agli artt. 95, 7 comma 1, lett. c) d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115, 46 lett. o), 76 d.p.r. 28.12.2000 n. 445 e per l’effetto, riconosciuta la contestata recidiva ed applicata l diminuente prevista per il rito, condannato alla pena di mesi dieci e giorni venti di reclusione ed C 300,00 di multa.
La contestazione mossa all’imputato era quella di avere nella dichiarazione sostituiva di certificazione contenuta nell’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, depositata in data 19.11.2018 nella cancelleria del Gip di Brindisi, attestato falsamente il reddito riferito all’anno 2017 in misura pari ad Euro 4.800 in conseguenza di aiuti economici provenienti dalla madre, sebbene egli avesse venduto in data 16.3.2017 un fabbricato di valore dichiarato pari ad Euro 46.300,00
Per mezzo del proprio difensore, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione articolando un solo motivo con cui deduce l’erronea interpretazione dei fatti in ordine alla responsabilità penale dell’imputato, in particolare la violazione dell’art. 606 comma 1, lett. b) cod.proc.pen. in relazione all’applicazione degli artt. 76 e ss. d.p.r. n. 115 del 2002 e art. 67 e ss. del T.U.I.R., la violazione deg artt. 3 e 25 comma 2 Cost. anche in relazione agli artt. 1 e 5 cod.pen.
Si assume che la definizione di reddito di cui agli artt. 67 e ss. TUIR implica che in materia di alienazioni immobiliari i redditi siano costituiti esclusivamente dall plusvalenze, assenti nel caso di specie trattandosi della trasformazione in denaro di un immobile già acquisito a suo tempo a titolo ereditario. Sicché l’errore commesso in entrambe le sentenze di merito è aver ritenuto che l’alienazione immobiliare rientrasse nell’ipotesi dei redditi diversi.
Se peraltro si dovesse pervenire ad una interpretazione estensiva del concetto di reddito imponibile ne discenderebbe quantomeno sotto il profilo soggettivo l’assenza della prova in capo all’imputato del dolo generico.
Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é manifestamente infondato.
Ed invero la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui ai fini della determinazione del limite di reddito per l’ammissione al beneficio, vanno calcolati tutti i redditi, compresi quelli soggetti a tassazion separata (così questa Sez. 4, n. 44140 del 26/9/2014, Seck, Rv. 260949 in relazione ad emolumenti percepiti a titolo di arretrati di lavoro dipendente; conf. Sez. 4, n. 41271 del 11/10/2007, Gulino, Rv. 237791; Sez. 4, n. 30238 del 13/07/2021, Rv.281742).
In particolare nella valutazione del possesso da parte dell’istante dei requisiti reddituali per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato deve tenersi conto di tutti i redditi leciti e illeciti percepiti dallo stesso, compresi quelli ricavat vendita di beni pervenutigli a seguito di successione ereditaria (Sez. 4, n. 38486 del 17/09/2008, Rv. 241225).
Correttamente la Corte territoriale ha riaffermato l’illiceità e l’assoluta n giustificabilità della mancata indicazione da parte del ricorrente nella sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato delle somme percepite a titolo di vendita di un immobile prevenutogli a titolo di eredità.
Ciò in quanto l’art. 76 del d.P.r. n. 115 del 2002, nell’indicare le condizioni d ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non fa riferimento solo al “reddito imponibile ai fini dell’imposta personale … risultante dall’ultima dichiarazione bensì anche ai “redditi che per legge sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, ovvero ad imposta sostitutiva “.
E del resto la Corte costituzionale, già con la sentenza n. 382 del 1985, nell’affrontare la problematica dei limiti di reddito per il patrocinio a spese del Stato, ha precisato che “nella nozione di reddito, ai fini dell’ammissione del beneficio in questione, devono ritenersi comprese le risorse di qualsiasi natura, di cui il richiedente disponga, anche gli aiuti economici (se significativi e non saltuari a lui prestati, in qualsiasi forma, da familiari non conviventi o da terzi pur non rilevando agli effetti del cumulo – potranno essere computati come redditi direttamente imputabili all’interessato, ove in concreto accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici previste dall’art. 2739 cod. civ., quali il tenore di vita ecc. “.
Tale indirizzo interpretativo è stato più volte confermato da questa Corte di legittimità, che ha chiarito come, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per la determinazione dei limiti di reddito, rilevano anche i reddit che non sono stati assoggettati ad imposte, vuoi perché non rientranti nella base imponibile, vuoi perché esenti, vuoi perché di fatto non hanno subito alcuna imposizione: ne consegue che rilevano anche i redditi da attività illecite, ovvero i redditi per i quali l’imposizione fiscale è stata esclusa (ex plurimis, Sez. 3, n
25194 del 31.3.2011, COGNOME, Rv. 250960, in un caso in cui l’imputato aveva falsamente dichiarato i redditi familiari nell’istanza di ammissione al patrocinio, omettendo in particolare di indicare le somme percepite, rispettivamente, dal padre, a titolo di TFR e, dalla sorella, a titolo di indennità di disoccupazione conf. Sez. 4 n. 36362 del 14.7.2010).
La Corte territoriale ha altresì motivato in ordine alla ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato, evidenziando come sussista il dolo generico richiesto dalla norma, posto che l’odierno ricorrente ha omesso di indicare il reddito percepito, non potendosi versare in tal caso in ipotesi di errore ai sensi dell’art. 47 cod. pen., atteso che l’errore in ordine alla nozione di reddito valevole ai fi dell’applicazione della disciplina del patrocinio a spese dello Stato è errore inescusabile poiché l’art. 76 d.lgs. n. 115 del 2022 che disciplina la materia è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 5 del medesimo decreto, dunque, non costituisce una legge extrapenale (così Sez. 4, n. 14011 del 12.2.2015; conf. Sez. 4, n. 37590 del 7.7.2010, Rv. 248404).
In conclusione il ricorso manifestamente infondato va dichiarato inammissibile. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 7.2.2025