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Reddito per gratuito patrocinio: TFR va dichiarato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per un imputato che non aveva dichiarato il TFR nella domanda di ammissione al gratuito patrocinio. La Suprema Corte ha stabilito che tutti i redditi, inclusi quelli a tassazione separata come il TFR, devono essere considerati nel calcolo del reddito per gratuito patrocinio. L’errore sulla norma che impone tale dichiarazione non è considerato scusabile e non esclude il dolo, in quanto la legge è chiara e richiamata dalla norma penale stessa.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito per Gratuito Patrocinio: Attenzione a Includere il TFR!

L’accesso al patrocinio a spese dello Stato, noto come gratuito patrocinio, è un diritto fondamentale per chi non dispone di mezzi economici sufficienti per sostenere le spese di un processo. Tuttavia, la domanda di ammissione richiede la massima trasparenza e correttezza nella dichiarazione dei propri redditi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: nel calcolo del reddito per gratuito patrocinio devono essere inclusi tutti i redditi percepiti, compreso il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Omettere tale voce, anche se per un presunto errore, può integrare un reato.

I fatti del caso: l’omissione del TFR nella dichiarazione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino che, avendo presentato istanza per essere ammesso al gratuito patrocinio, aveva dichiarato un reddito familiare inferiore alla soglia di legge. Successivi accertamenti della Guardia di Finanza avevano però rivelato che l’imputato aveva percepito, nello stesso anno, anche una cospicua somma a titolo di anticipazione del TFR. Sommando questo importo al reddito dichiarato, il totale superava ampiamente il limite massimo previsto per legge per accedere al beneficio.

La decisione della Corte d’Appello: un errore scusabile?

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva assolto l’imputato con la formula “perché il fatto non costituisce reato”. La motivazione si basava sull’idea che l’errore commesso fosse scusabile. Secondo i giudici di merito, la non facile “rilevabilità” delle somme percepite come TFR dalla comune certificazione fiscale (come il modello 730) poteva aver indotto in errore il dichiarante, escludendo così la presenza del dolo, ovvero la volontà cosciente di commettere il reato di falsa dichiarazione.

Calcolo del reddito per gratuito patrocinio: il chiarimento della Cassazione

La Procura Generale ha impugnato la sentenza di assoluzione, portando il caso davanti alla Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza e rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello. Il ragionamento dei giudici di legittimità è stato netto e si è basato su principi giuridici consolidati.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Cassazione ha innanzitutto chiarito l’aspetto oggettivo del reato. L’art. 76, comma 3, del Testo Unico sulle Spese di Giustizia (TUSG) è esplicito: ai fini della determinazione dei limiti di reddito per l’ammissione al beneficio, si deve tener conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall’imposta IRPEF o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o a imposta sostitutiva. Il TFR rientra pienamente in questa categoria.

Il punto cruciale della sentenza riguarda però l’elemento soggettivo, cioè il dolo. La Corte di Appello aveva giustificato l’assoluzione parlando di un errore scusabile sulla legge penale (art. 5 c.p.), interpretando la complessità della normativa fiscale come una valida causa di giustificazione. La Cassazione ha smontato questa tesi, affermando che l’errore sulla nozione di “reddito rilevante” ai fini del gratuito patrocinio non è un errore su una legge extra-penale, ma un errore sulla stessa norma penale incriminatrice. L’art. 95 del TUSG, che punisce le false dichiarazioni, richiama espressamente l’art. 76, che definisce quali redditi includere. Pertanto, l’art. 76 diventa parte integrante del precetto penale.

L’ignoranza della legge penale non scusa, se non in casi eccezionali di errore “inevitabile e insuperabile”, secondo i rigorosi parametri fissati dalla Corte Costituzionale con la storica sentenza n. 364/1988. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, non ha fornito alcuna motivazione sul perché l’errore dell’imputato fosse inevitabile, limitandosi a un’affermazione generica e apparente. Di conseguenza, ha commesso una violazione di legge.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale per chiunque intenda richiedere il gratuito patrocinio: l’obbligo di diligenza nella dichiarazione è massimo. Non è possibile invocare l’ignoranza o la complessità delle norme fiscali per giustificare omissioni. Il reddito per gratuito patrocinio deve essere calcolato includendo ogni entrata economica, anche quelle non soggette a tassazione ordinaria come il TFR, somme percepite “in nero” o derivanti da attività illecite. La decisione della Cassazione serve da monito: la trasparenza è un requisito non negoziabile per accedere a un beneficio a carico della collettività, e le false dichiarazioni, anche se parziali, sono perseguite penalmente con rigore.

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) va incluso nel calcolo del reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio?
Sì, la sentenza conferma che il TFR, anche se soggetto a tassazione separata, deve essere sempre incluso nel calcolo del reddito complessivo ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, come previsto dall’art. 76 del d.P.R. 115/2002.

Cosa succede se si omette per errore di dichiarare un reddito per ottenere il gratuito patrocinio?
L’omissione, anche parziale, di dati rilevanti nella dichiarazione per il gratuito patrocinio integra il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. L’errore non esclude automaticamente la colpevolezza, in quanto è richiesta la prova rigorosa del dolo, anche nella forma del dolo eventuale.

È possibile giustificare l’omissione di un reddito sostenendo di non conoscere la legge?
No, di regola l’ignoranza della legge penale non scusa. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’errore sulla nozione di reddito da dichiarare è un errore sulla norma penale stessa (o su una norma da essa richiamata) e non può essere considerato scusabile, se non in casi eccezionali in cui l’errore sia dimostrato come assolutamente inevitabile e insuperabile, cosa molto difficile da provare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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