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Reddito illecito tassabile: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la condanna di un amministratore di condominio per omessa dichiarazione dei redditi. La difesa sosteneva che le somme sottratte, essendo state usate per coprire altri ammanchi, non costituissero un arricchimento personale. La Corte ha stabilito che il momento in cui l’amministratore ha ottenuto la disponibilità dei fondi (impossessamento) è sufficiente a qualificarli come reddito illecito tassabile, indipendentemente dal loro successivo impiego.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito Illecito Tassabile: Anche i Soldi Sottratti e Subito Riutilizzati Vanno Dichiarati

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia fiscale e penale: la configurazione del reddito illecito tassabile. La pronuncia chiarisce che anche i proventi derivanti da un reato, come l’appropriazione indebita, devono essere dichiarati al fisco nel momento in cui si entra in loro possesso, a prescindere dal fatto che vengano immediatamente utilizzati per altri scopi, leciti o illeciti.

I Fatti del Caso: L’Amministratore e le Somme Sottratte

Il caso esaminato riguarda un amministratore di condominio condannato per il reato di omessa dichiarazione dei redditi, previsto dall’articolo 5 del D.Lgs. 74/2000. L’imputato non aveva dichiarato ingenti somme percepite negli anni 2013 e 2014, proventi di numerose attività illecite commesse nella sua qualità di amministratore, tra cui truffa aggravata, furto aggravato e appropriazione indebita ai danni dei condomini che gestiva. Le somme non dichiarate ammontavano a oltre 750.000 euro per un anno e più di 1.000.000 di euro per l’anno successivo.

La Tesi Difensiva: “Nessun Arricchimento, Solo un Effetto Domino”

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un punto specifico: le somme sottratte non potevano essere considerate reddito imponibile. Secondo il ricorrente, i fondi prelevati illecitamente da un condominio venivano immediatamente reimpiegati per coprire le esposizioni debitorie di altri condomini, creando un cosiddetto “effetto domino”. Questa dinamica, a suo dire, escluderebbe un arricchimento personale e, di conseguenza, la qualificazione di tali somme come reddito. In sostanza, la difesa argomentava che mancava un vero e proprio “impossessamento” della ricchezza, necessario per far sorgere l’obbligo fiscale.

La Decisione della Cassazione sul Reddito Illecito Tassabile

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendo l’argomentazione difensiva manifestamente infondata. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale per la definizione di reddito illecito tassabile.

Il Momento dell’Impossessamento è Decisivo

Il punto centrale della decisione è che, una volta che le somme sottratte sono confluite sui conti correnti personali dell’amministratore, esse entrano nella sua piena disponibilità. In quel preciso momento, egli ne acquisisce il possesso, inteso come relazione di fatto con il bene, che gli consente di decidere liberamente come impiegarlo. Proprio questa capacità di destinare i fondi secondo la propria volontà, anche per scopi personali come il pagamento di un mutuo (come accertato nei gradi di merito), qualifica tali somme come reddito.

Il Reato Istantaneo di Appropriazione Indebita

La Corte ha inoltre richiamato il principio secondo cui il delitto di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) è un reato istantaneo. Si consuma nel momento in cui l’agente compie il primo atto di dominio sulla cosa, comportandosi uti dominus, cioè come se ne fosse il proprietario. Questo momento coincide perfettamente con l’impossessamento rilevante ai fini fiscali. La successiva destinazione del denaro è irrilevante per la configurazione sia del reato di appropriazione indebita sia dell’obbligo dichiarativo fiscale.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla netta distinzione tra il momento in cui il reddito viene prodotto e il suo successivo utilizzo. Per la legge tributaria, un provento, anche se di origine illecita, diventa reddito nel momento in cui entra nella sfera di disponibilità del soggetto. Nel caso di specie, l’amministratore, versando i soldi dei condomini sui propri conti, ne ha acquisito il controllo de facto. Da quel momento, era lui a decidere se usarli per pagare il proprio mutuo o per coprire altri ammanchi. Questa libertà di scelta dimostra l’avvenuto impossessamento e, quindi, la produzione di un reddito tassabile. La tesi difensiva, che lega la tassabilità all’arricchimento finale o permanente, è stata giudicata errata perché confonde la produzione del reddito con la sua gestione successiva. La Corte ha inoltre respinto il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sottolineando che la reiterazione e la sistematicità delle condotte appropriative nei confronti di numerose persone offese erano elementi ostativi correttamente valutati dai giudici di merito.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio di estrema importanza: qualsiasi provento derivante da attività illecita costituisce reddito tassabile dal momento in cui l’autore del reato ne acquisisce la materiale disponibilità. La destinazione finale di tali somme (reimpiego, restituzione parziale o spesa per fini personali) non incide sulla nascita dell’obbligazione tributaria. Questa decisione rafforza il principio di onnicomprensività del reddito, chiudendo possibili vie di fuga per chi, pur commettendo reati patrimoniali, cerchi di sottrarsi agli obblighi fiscali sostenendo la mancanza di un arricchimento netto o duraturo.

I soldi sottratti da un’attività illecita e subito usati per coprire altri debiti sono considerati reddito tassabile?
Sì. Secondo la sentenza, i proventi di un’attività illecita diventano reddito tassabile nel momento in cui entrano nella disponibilità materiale di chi li ha sottratti, indipendentemente dal fatto che vengano poi utilizzati per coprire altre passività o per scopi personali.

Quando si concretizza l’impossessamento di una somma di denaro ai fini fiscali e penali?
L’impossessamento si concretizza nel momento in cui una persona acquisisce la piena disponibilità dei fondi, ad esempio facendoli confluire sul proprio conto corrente. In quel momento, l’agente può decidere liberamente come impiegare tali somme, e questo è sufficiente per integrare sia il reato di appropriazione indebita sia la produzione di reddito imponibile.

La reiterazione e la sistematicità di un reato possono impedire la concessione delle attenuanti generiche?
Sì. La sentenza conferma che i giudici di merito possono legittimamente negare le circostanze attenuanti generiche basandosi sulla reiterazione e sulla sistematicità delle condotte illecite, in quanto questi elementi, valutabili ai sensi dell’art. 133 del codice penale, indicano una maggiore gravità del fatto e una spiccata capacità a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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