Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30757 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30757 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a EBOLI il 20/11/1957 COGNOME NOME nato a EBOLI il 10/01/1978
avverso la sentenza del 10/10/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
rilevato che, con due motivi di ricorso, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno dedotto: a) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 7, d.l. n. 4 del 2019, e corre vizio di motivazione sul punto (dolendosi, in particolare, della mancata valutazione della questione concernente l’abrogazione della normativa disciplinante il reddito di cittadinanza e delle sanzioni penali previsten caso di violazione della stessa)), b) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 131-bis, cod. pen. ed il correla vizio di motivazione sul punto (dolendosi, in particolare, della mancanza, nel capo di imputazione, della specificazione dell’importo erogato in favore dei due imputati; censura, nello specifico, il giudizio di abitualità operato dalla Cort d’appello);
ritenuto che i motivi di ricorso proposti dalla difesa sono inammissibili in quanto entrambi riproducono profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e di merito e non scanditi da specifica criticità dell argomentazioni a base della sentenza impugnata e comunque sono manifestamente infondati perché inerenti ad asserito vizio motivazionale non emergente dal provvedimento impugnato; il secondo, invece, oltre a prefigurare una rivalutazione e rilettura alternativa delle fonti probatorie,, estranea al sindacato di legittimità, avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito, prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità (si v., in particolare, le considerazioni espresse alle pagg. 4/5 della sentenza impugnata, che, con argomentazioni immuni dai denunciati vizi, chiariscono le ragioni per le quali, anzitutto, non potesse parlarsi di abrogazione della fattispecie incriminatrice, argomenti del resto, avvalorati dalla giurisprudenza di queta Corte, che ha chiarito come l’abrogazione, a far data dall’01/01/2024, del delitto di cui all’art. 7 di. 28 gennaio 2019, n. 4, convertit con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della “lex nnit altrimenti conseguente ex art. 2, comma secondo, cod. pen., ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza, assicurando la tutela penale all’indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, posto che la sua prevista soppressione si coordina cronologicamente con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con Corte di Cassazione – copia non ufficiale
modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, riferita agli analoghi benefici per i futuro introdotti in sostituzione del reddito di cittadinanza. (Sez. 3, n. 7541 del 24/01/2024, Picciano, Rv. 285964 – 01);
ritenuto, quanto al motivo afferente il mancato riconoscimento dell’art. 131-bis, cod, pen., che la doglianza difensiva non ha pregio, alla luce delle argomentazioni svolte sul punto dai giudici territoriali che hanno dato atto di come fosse stata quantificata l’indebita percezione del reddito di cittadinanza da parte dei due imputati; i giudici, peraltro, evidenziano come la COGNOME avesse posto in essere un comportamento abituale, avendo infatti presentato a breve distanza temporale ben quattro istanze per ottenere il beneficio, ciò che escludeva l’applicazione della speciale causa di non punibilità, anche per la gravità del fatto e l’abitualità della condotta; quanto al COGNOME lo stesso, oltre ad aver presentato due istanze di ammissione al beneficio, non è stato ritenuto meritevole del riconoscimento delle predetta causa di non punibilità non potendosi ritenere il fatto di lieve entità, anche alla luce del precedete ex art. 95 TU spese di giustizia; trattasi di motivazione del tutto immune dai denunciati, vizi, rilevandosi, per il COGNOME, la contestata abitualit stante il precedente specifico per reati della stessa indole, poiché in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo de comportamento abituale ricorre quando l’autore abbia commesso altri reati della stessa indole, per tali intendendosi quelli che, anche se incriminati da norme diverse, presentino caratteri fondamentali comuni per le circostanze oggettive e le condizioni ambientali nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati (Sez. 1, n. 9858 del 24/01/2024, S., Rv. 286154 – 01); quanto alla Cici, la reiterazione delle istanze per ottenere il beneficio è stata negativamente valutata dai giudici territoriali, qualificata in termini di abituali interna, che pur non essendo corrispondente normativamente al concetto di abitualità normativamente indicato, rileva tuttavia, in un’ottica in chiave valutativa in senso negativo della condotta, tra gli elementi valorizzabili per il diniego ex art 133, comma primo, cod. pen., denotando il fatto come grave alla luce della reiterata condotta posta in essere pervicacemente per ottenere il beneficio non dovuto; deve, infatti, essere ricordato che ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 1 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 – 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ritenuto, conclusivamente, che il congiunto ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di ciascuno in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 aprile 2025
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Il Consig iere estensore
Il Presidente