Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32036 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32036 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/06/2025
Ogg i,
SENTENZA
2 C SR 2025
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Nocera Inferiore il 06/07/1981 avverso la sentenza del 04/02/2025 della Corte di appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 4 febbraio 2025, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la sentenza del 18 settembre 2024, con la quale il Tribunale di Nocera Inferiore aveva condannato COGNOME NOME in relazione al reato di cui all’art. 4, del d.l. n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 del 2019, per l’appropriazione del reddito di cittadinanza, ottenuto mediante false dichiarazioni.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, la difesa lamenta l’omessa motivazione in ordine alle censure, relative all’elemento soggettivo, presenti nell’atto di appello.
2.2. Con un secondo motivo, si denuncia l’omessa motivazione in ordine alla deduzione difensiva, che rilevava come non potesse essere evinta dal ricorrente la natura ostativa all’ottenimento del beneficio della presenza di una misura cautelare personale, data l’ambiguità del modulo della domanda sul punto, rilevata anche dall’ente erogatore.
2.3. Con un terzo motivo, si lamenta il vizio di motivazione in ordine all’incertezza normativa intorno al requisito dedotto nella richiesta, da cui è derivata l’impossibilità per il ricorrente di comprendere il contenuto del modulo. Si sostiene che la Corte d’appello si è limitata a citare un precedente di legittimità, riferibile, in verità ad una differente situazione di omess dichiarazione a fronte di una richiesta pienamente comprensibile; la stessa Corte avrebbe omesso di rispondere alle altre censure contenute nell’atto di gravame e nelle memorie di replica presentate dalla difesa.
La difesa ha depositato una memoria, con la quale insiste in quanto già dedotto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. I tre motivi di ricorso risultano affetti dallo stesso vizio di genericit prestandosi pertanto ad una trattazione unitaria. Con riguardo alla prospettata incertezza normativa relativa all’interpretazione della legge sull’attribuzione del reddito di cittadinanza, il giudice d’appello ha correttamente richiamato i principi stabiliti dalla Corte di cassazione, secondo i quali l’ignoranza dei requisiti di cui all’art. 2 del d.l. n. 4 del 2019 è scusata solo se inevitabile, essendo tale ignoranza soggetta al regime dell’art. 5, cod. pen., dal momento che l’art. 2 integra la disciplina del reato di cui all’art. 7 dello stesso decreto (Sez. 2, n 23265 del 07/05/2024, Rv. 286413 – 01). La Corte d’appello ha correttamente rilevato che il testo della disposizione (art. 2, comma 1, lettera c-bis) è sufficientemente chiaro da rendere edotto il richiedente della valenza ostativa alla concessione del beneficio della circostanza di essere soggetto a misura
cautelare personale. Esso, infatti, si riferisce esplicitamente alla mancata sottoposizione a misura cautelare personale del soggetto richiedente il beneficio.
L’assoluta chiarezza della disposizione rende evidentemente sussistente l’elemento soggettivo, essendo chiara, sul piano intenzionale, la frode perpetrata dal soggetto richiedente, consapevole della non spettanza del beneficio.
1.2. Anche a prescindere da tale risolutiva considerazione, il ricorso non prospetta alcun dato che permetta di sapere a cosa la supposta ignoranza del ricorrente dovrebbe riferirsi. Sotto questo profilo, il ricorrente si limi genericamente a prospettare: 1) con il primo motivo, l’impossibilità di rendersi conto dell’appropriazione indebita del beneficio, senza indicare specifici elementi, tranne un non meglio precisato documento del Ministero del lavoro del 17 settembre 2020, di cui non illustra il contenuto neanche per sommi capi; 2) con il secondo motivo, l’oscurità del testo della norma extrapenale, senza indicare le parti del testo interessate e le ragioni di tale oscurità; 3) l’impossibilità comprendere la formulazione contenuta nel modulo, ma non richiama la parte del modulo interessata, né tantomeno indica per quale ragione esso dovrebbe precludere tale conoscenza.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativannente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17/06/2025