Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37773 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37773 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Nigeria, DATA_NASCITA avverso la sentenza del 06/05/2025 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Cagliari; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona RAGIONE_SOCIALEa Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 6 maggio 2025, la Corte di appello di Cagliari ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari in data 23 maggio 2024, che aveva condannato l’imputato alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, con il beneficio RAGIONE_SOCIALEa sospensione condizionale RAGIONE_SOCIALEa pena, per i delitti di cui all’art. comma 1, d.l. n. 4 del 2019, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26 del 2019, e all’art. 316-ter cod. pen., unificati sotto il vincolo RAGIONE_SOCIALEa continuazione
poiché, al fine di ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza, nella domanda presentata al RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE (protocollo NUMERO_DOCUMENTO), dichiarava falsamente di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge per l’ottenimento del predetto reddito, così inducendo in errore l’RAGIONE_SOCIALE, che erogava la somma complessiva di euro 7.999,97. La Corte di appello ritenendo assorbito il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche in quello di cui all’art. 7, comma 1, del d.l. n. 4 del 2019, ha rideterminato la pena in mesi dieci e giorni venti di reclusione e ha confermato nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza di secondo grado, l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, denunciando, con un unico motivo di doglianza, il vizio RAGIONE_SOCIALEa motivazione in relazione alla sussistenza del dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice, sul rilievo che l’indicazione del permesso di soggiorno nella domanda sarebbe il frutto di un mero refuso e che ricorrerebbe un’ipotesi di inevitabilità RAGIONE_SOCIALE‘ignoranza di legge penale.
2.1. Sotto il primo profilo, a parere RAGIONE_SOCIALEa difesa ricorrente, il giudice di secondo grado non avrebbe prestato idonea attenzione alle risultanze probatorie, quali le dichiarazioni rese dall’imputato in sede di interrogatorio e la domanda presentata ai fini del conseguimento del reddito, con la conseguenza, che avrebbe erroneamente ritenuto pacifico il fatto che l’imputato avesse esibito al CAF un permesso di soggiorno falso ai fini RAGIONE_SOCIALE‘accoglimento RAGIONE_SOCIALEa domanda. Secondo la difesa, nell’interrogatorio reso dall’imputato in giudizio, quest’ultimo avrebbe negato di aver rappresentato agli operatori del CAF il possesso dei requisiti di legge per beneficiare del reddito e di aver anche solo mostrato il permesso di soggiorno.
2.2. In merito al secondo profilo, la difesa impugnante evidenzia che l’imputato è un cittadino straniero non inserito nel contesto sociale, privo di conoscenze linguistiche sufficienti per poter predisporre e presentare una pratica burocratica, al punto di chiedere assistenza al CAF. Sarebbe stata la funzionaria, che non parlava inglese, ad avergli consigliato di presentare domanda per il reddito di cittadinanza e l’imputato, per via RAGIONE_SOCIALEa sua incapacità linguistica, non si sarebbe potuto rendere conto – come in concreto non ha fatto – RAGIONE_SOCIALE‘illiceità RAGIONE_SOCIALEa sua condotta. Rileverebbe, nel caso di specie, l’inevitabilità RAGIONE_SOCIALE‘ignoranza RAGIONE_SOCIALEa legge penale ex art. 5 cod. pen., idonea ad escludere la colpevolezza RAGIONE_SOCIALE‘agente. Stando alla prospettazione difensiva l’iter argonnentativo percorso dalla Corte d’appello sarebbe carente sul punto, anche perché fondato sull’assunto che la falsa dichiarazione di risiedere nel territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato da più di dieci anni atterrebbe ad una situazione di fatto per cui è sufficiente possedere competenze linguistiche
basilari, che l’imputato possiede, e non particolari competenze giuridiche e linguistiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Prima di esaminare le censure difensive, va sottolineato che le disposizioni in tema di reddito di cittadinanza, con particolare riferimento al requisito, maturato dal richiedente al momento RAGIONE_SOCIALEa domanda, RAGIONE_SOCIALEa residenza nel territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato per dieci anni, di cui due continuativi (art. 2, comma 1, d.l. n. 4 del 2019) sono state recentemente oggetto di due importanti decisioni.
Deve innanzitutto rilevarsi che la questione relativa all’eventuale rilevanza di tali pronunce per la soluzione del caso qui in esame non poteva essere sottoposta dalla difesa innanzi alla Corte di appello poiché il giudizio di secondo grado si è concluso in epoca precedente rispetto a dette sentenze.
2.1. Segnatamente, vanno richiamate: la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea del 29 luglio 2024, nelle cause riunite C-112/22, C. U. e C223/22, che ha risposto al quesito proposto da giudice del rinvio (Tribunale di Napoli) concernente la compatibilità RAGIONE_SOCIALE‘articolo 11, paragrafo 1, lettera d), RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, con la normativa italiana che prevede il requisito di residenza decennale per accedere al beneficio RAGIONE_SOCIALE‘erogazione del reddito di cittadinanza richiesto ai cittadini di Paesi terzi, ch siano soggiornanti di lungo periodo; la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale n. 31 del 20 marzo 2025 – emessa su incidente promosso dalla Corte di appello di Milano, sezione RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto questioni di legittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, comma 1, lettera a), n. 2), del d.l. n. 4 del 2019, come convertito, in riferimento agli artt. 3, 11 e 117, primo comma, Cost., questi ultimi in relazione agli artt. 21 e 34 CDFUE, 24, paragrafo 1, RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2004/38/CE e 7, paragrafo 2, del regolamento n. 2011/492/UE – che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale RAGIONE_SOCIALE‘art. 2, comma 1, lettera a), n. 2), del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 (Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, nella parte in cui prevedeva che il beneficiario del reddito di cittadinanza dovesse essere residente in Italia «per almeno 10 anni», anziché «per almeno 5 anni».
2.2. La Corte di giustizia ha stabilito che il requisito di residenza per dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, crea una disparità di trattamento tra cittadini di paesi terzi e cittadini nazionali, configurando una “discriminazione indiretta”; situazione che si verifica quando una disposizione, un criterio o una
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prassi apparentemente neutra, mettono in una posizione di svantaggio particolari gruppi di persone rispetto ad altri, senza una giustificazione obiettiva. La Corte ha sottolineato che le disparità di trattamento possono essere giustificate da obiettivi legittimi, esse devono essere appropriate e non eccedere quanto necessario per raggiungere tali obiettivi. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che il requisito di residenza imposto dalla normativa italiana non fosse giustificato, ed ha pertanto concluso che la normativa italiana è incompatibile con l’art. 11, paragrafo 1, lettera d) , RAGIONE_SOCIALEa Direttiva 2003/109/CE testualmente affermando che «L’articolo 11, paragrafo 1, lettera d), RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, letto alla luce RAGIONE_SOCIALE‘articolo 34 RAGIONE_SOCIALEa Carta dei diritti fondamental RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea, dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che subordina l’accesso dei cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo a una misura riguardante le prestazioni RAGIONE_SOCIALE, l’assistenza sociale o la protezione sociale al requisito, applicabile anche ai cittadini di tale Stato membro, di aver risieduto in detto Stato membro per almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, e che punisce con sanzione penale qualsiasi falsa dichiarazione relativa a tale requisito di residenza».
2.3. Come già anticipato, è poi intervenuta la sentenza C. cost. n. 31 de 2025, che ha richiamato la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Grande Sezione RAGIONE_SOCIALEa CGUE, ma ne ha preso esplicitamente le distanze quanto all’inquadramento del reddito di cittadinanza tra le misure di assistenza sociale ed ha evidenziato che mentre le prestazioni di assistenza sociale vere e proprie si fondano essenzialmente sul solo stato di bisogno, la disciplina del reddito di cittadinanza definisce un percorso di reinserimento nel mondo lavorativo che va al di là RAGIONE_SOCIALEa pura assistenza economica: il reddito di cittadinanza prevede, infatti, un sistema di rigorosi obblighi e condizionalità, che strutturano un percorso formativo e d’inclusione, il cui mancato rispetto determina, in varie forme, l’espulsione dal percorso medesimo (sentenza n. 126 del 2021 e, in termini simili, sentenza n. 122 del 2020). Si è quindi ribadito che il reddito di cittadinanza, pur presentando anche tratti propri di una misura di contrasto alla povertà, non si risolve in una provvidenza assistenziale diretta a soddisfare un bisogno primario RAGIONE_SOCIALE‘individuo, ma persegue diversi e più articolati obiettivi di politica attiva del RAGIONE_SOCIALE e d integrazione sociale. Su tali premesse, si è ritenuto evidente che una simile struttura, fondata sulla temporaneità, precisi obblighi e soprattutto rigide condizionalità persino in grado, se disattese, di determinare il venir meno del diritto alla prestazione, risulterebbe del tutto inconciliabile con il caratte meramente assistenziale e quindi con le caratteristiche tipiche RAGIONE_SOCIALE vere e proprie prestazioni di assistenza sociale, dove invece prevale l’esigenza, sostanzialmente
incondizionata, di rispondere ai bisogni primari, «indifferenziabili e indilazionabili» (sentenza n. 166 del 2018), cui sono relative (ex plurimis, sentenza n. 42 del 2024 e ordinanza n. 29 del 2024)». Dunque, «gli strumenti apprestati non consistono in meri sussidi per rispondere alla situazione di povertà, dal momento che il beneficio economico erogato è inscindibile da una più complessa e qualificante componente di inclusione attiva, diretta a incentivare la persona nell’assunzione di una responsabilità sociale, che si realizza attraverso la risposta positiva agli impegni contenuti in un percorso appositamente predisposto e che dovrebbe condurre, per questa via, all’uscita dalla condizione di povertà».
2.4. Ancora, richiamando la propria sentenza n. 19 del 2022, la Corte costituzionale ha precisato che gli obiettivi del reddito di cittadinanza implicano «una complessa operazione di inclusione sociale e lavorativa, che il legislatore, nell’esercizio RAGIONE_SOCIALEa sua discrezionalità, non irragionevolmente ha destinato agli stranieri soggiornanti in Italia a tempo indeterminato». In questa prospettiva di lungo o medio termine del reddito di cittadinanza, la titolarità del diritto d soggiornare stabilmente in Italia non si presenta come un requisito privo di collegamento con la ratio RAGIONE_SOCIALEa misura concessa, sicché la scelta di escludere gli stranieri regolarmente soggiornanti, ma pur sempre privi di un consolidato radicamento nel territorio, «non può essere giudicata esorbitante rispetto ai confini RAGIONE_SOCIALEa ragionevolezza».
Per quanto qui di rilievo, va evidenziato che la sentenza n. 31 del 2025 ha precisato che, «non trattandosi di una prestazione meramente assistenziale, un requisito di radicamento territoriale non è di per sé implausibile», né irragionevole e che «un requisito di residenza pregressa, peraltro, non appare, di per sé, determinare una violazione del divieto di discriminazione indiretta e RAGIONE_SOCIALE relative disposizioni del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione, che pure vengono in considerazione nella questione in esame. Per quanto un tale requisito ponga di fatto il cittadino italiano in una posizione più favorevole, non di meno la discriminazione indiretta ben può ritenersi giustificata quando sussistono ragioni che la rendono necessaria e proporzionata». La sentenza in oggetto ha, tuttavia, precisato che il periodo di residenza decennale istituisce una barriera temporale all’accesso al reddito di cittadinanza che trascende del tutto la ragionevole correlazione con le finalità di quest’ultimo. Si è evidenziato che, a differenza di altre misure – come l’assegno sociale, correlato allo stabile inserimento RAGIONE_SOCIALEo straniero in Italia, nel senso che la Repubblica ne riconosce e valorizza il concorso al progresso RAGIONE_SOCIALEa società, grazie alla partecipazione alla vita di essa in un apprezzabile arco di tempo (sentenza n. 50 del 2019 e ordinanza n. 29 del 2024) – il progetto di inclusione previsto dal reddito di cittadinanza non guarda al concorso realizzato nel passato, ma alle chances RAGIONE_SOCIALE‘integrazione futura, mirando alla prospettiva RAGIONE_SOCIALEo stabile inserimento
lavorativo e sociale RAGIONE_SOCIALEa persona coinvolta.; da qui, la conclusione che il gravoso termine del pregresso periodo decennale non appare ragionevolmente correlato alla funzionalità precipua del reddito in questione e si pone in violazione dei principi di eguaglianza, di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’art. 3 Cost.
2.5. La Corte costituzionale ha affermato, perciò, la necessità di tenere ferma la lettura costituzionalmente orientata RAGIONE_SOCIALE disposizioni in tema di reddito di cittadinanza, «senza che a ciò possa ritenersi d’ostacolo la recente sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea, grande sezione, 29 luglio 2024, nelle cause riunite C-112/22, C. U. e C-223/22, N. D.». Al riguardo, si è affermato che la sentenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE, in definitiva, non ha verificato l’esattezza RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione proposta dal giudice del rinvio (Tribunale di Napoli), in ordine alla natura del reddito di cittadinanza, ma ha correttamente rimesso tale verifica al sistema giurisdizionale e costituzionale che è deputato a garantire l’uniforme applicazione del diritto interno. Del resto, «se è indiscutibile che alla Corte di giustizia spett l’interpretazione dei trattati e del diritto derivato, al fine di assicurarne l’unifo applicazione in tutti gli Stati membri, è parimenti indiscutibile che l’interpretazione RAGIONE_SOCIALEa Costituzione è riservata a questa Corte, così come la funzione di nonnofilachia del diritto nazionale lo è alla Corte di cassazione, essendo orientate ad assicurare anche la certezza del diritto». Così ricostruito il sistema, la Corte costituzionale ha comunque ritenuto fondata la questione, sollevata (in subordine) dal rimettente con riguardo all’art. 3 Cost., del requisito RAGIONE_SOCIALEa residenza per almeno dieci anni richiesto ai cittadini di Paesi terzi, ritenuto privo di proporzionalità e di ragionevol giustificazione, specie se accostato al requisito RAGIONE_SOCIALEa residenza per cinque anni richiesto per l’ottenimento, da parte di tale categoria di cittadini, del permesso di lungo soggiorno. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.6. Alla luce di tali considerazioni, la Corte costituzionale ha evidenziato che, in questi termini, si “ricompone armonicamente” anche il rapporto con la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia 29 luglio 2024, nelle cause riunite C-112/22, C.U. e C223/22, dal momento che, in riferimento a qualsiasi cittadino, sia italiano, sia degli altri Stati membri, sia di Paesi terzi, viene espunto con efficacia erga omnes dall’ordinamento nazionale il requisito RAGIONE_SOCIALEa residenza decennale, ritenuto, da tale sentenza, contrastante, in riferimento però ai soli cittadini di Paesi terzi, con l’ordinamento RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea. Si evita così, oltretutto, l’insorgere di una “discriminazione alla rovescia” altrimenti effettivamente prospetta bile, in relazione ai cittadini RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea, che rimanevano ancora soggetti al termine decennale. Infatti, come la stessa Corte costituzionale ha già rilevato nella sentenza n. 1 del 2025, la pronuncia di incostituzionalità, nel caducare un requisito che ha valenza generale, consente di porre rimedio alle incongruenze di una
disciplina che per tutti, cittadini e stranieri, prescrive il requisito RAGIONE_SOCIALEa reside decennale.
In conclusione, al caso di specie deve applicarsi il principio secondo cui è sufficiente che il beneficiario del reddito di cittadinanza sia residente in Italia p almeno 5 anni, anziché per almeno 10 anni (Sez. 3, n. 23449 del 28/05/2025, Rv. 288230).
Tenuto conto RAGIONE_SOCIALE‘accertata insussistenza in capo al ricorrente di tale requisito, non avendo NOME la residenza «per almeno 5 anni» al 17 dicembre 2020, ossia al momento RAGIONE_SOCIALEa domanda (aveva ottenuto il rilascio del primo permesso di soggiorno in data 23 marzo 2017 e dai documenti acquisiti nel giudizio di merito risultava essere arrivato in Italia 1’8 ottobre del 2016), deve affermarsi la persistente rilevanza penale RAGIONE_SOCIALEa condotta contestata.
Fatta questa premessa circa l’applicabilità RAGIONE_SOCIALEa disposizione incriminatrice, deve rilevarsi che il motivo unico di ricorso è inammissibile, in quanto generico e volto a prefigurare un’alternativa rilettura RAGIONE_SOCIALE fonti probatorie; in ogni caso, l doglianze difensive formulate con l’atto di appello hanno trovato adeguata risposta nella sentenza impugnata.
Secondo il consolidato orientamento RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza di legittimità, in tema di false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza, l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza del diritto a percepirne l’erogazione, in difetto dei requisiti a tal fine richiesti dall’art. 2 del d.l. 28 gennaio 2019, n convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, si risolve in un errore su legge penale, che non esclude la sussistenza del dolo ex art. 5 cod. pen., in quanto l’anzidetta disposizione integra il precetto penale di cui all’art. 7 de citato d.l. (Sez. 2, n. 23265 del 07/05/2024, Rv. 286413).
La Corte di appello, con motivazione adeguata e coerente, ha fatto corretta applicazione di tali coordinate interpretative, evidenziando che la domanda, nella quale vengono puntualmente individuati gli estremi del titolo di soggiorno e contenente la dichiarazione di essere in Italia per un periodo decennale, è stata sottoscritta dall’imputato e che l’utilizzazione di un intermediario, quale il CAF, non esclude la sua responsabilità, che emerge dalla falsa rappresentazione di un dato a lui noto.
Si evidenzia altresì che la carenza di competenze linguistiche di NOME COGNOME trova smentita nei seguenti fatti, che trovano conferma anche negli scritti difensivi: l’imputato risiede in Italia da almeno quattro anni, ha un RAGIONE_SOCIALE e un’abitazione, ha avuto la capacità di ottenere un regolare documento di identità,
mentre il CAF non ha ravvisato l’esigenza di farsi assistere da un mediatore culturale.
Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa sentenza 13 giugno 2000, n. 186, RAGIONE_SOCIALEa Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa causa di inammissibilità”, alla declaratoria RAGIONE_SOCIALE‘inammissibilità medesima consegue, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 616 cod. proc. pen., l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché quello del versamento RAGIONE_SOCIALEa somma, in favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e RAGIONE_SOCIALEa somma di C 3.000,00 in favore RAGIONE_SOCIALEa Cassa RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso il 02/10/2025