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Reddito di cittadinanza: reato se non comunichi lo stato detentivo

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per una persona che, dopo aver ottenuto il reddito di cittadinanza, non ha comunicato all’INPS il suo stato di detenzione derivante da una sentenza definitiva. Secondo la Corte, l’obbligo di comunicazione sussiste per qualsiasi variazione rilevante che comporti la perdita del beneficio, e l’ignoranza della legge non costituisce una scusante. L’abolizione successiva della misura non cancella il reato commesso in precedenza.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza: L’Omessa Comunicazione dello Stato Detentivo è Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale per i percettori di benefici assistenziali: l’obbligo di trasparenza verso lo Stato. In particolare, il caso esaminato riguarda l’indebita percezione del reddito di cittadinanza a causa della mancata comunicazione di uno stato di detenzione. Questa decisione chiarisce che l’omissione di informazioni rilevanti, che determinano la perdita del diritto, integra una precisa fattispecie di reato, anche se il beneficio è stato successivamente abolito.

I Fatti del Caso

Una donna, già beneficiaria del reddito di cittadinanza, veniva condannata in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019. La sua colpa era quella di non aver comunicato all’INPS l’intervenuto stato di carcerazione, conseguente a una condanna definitiva. A causa di questa omissione, aveva continuato a percepire indebitamente il sussidio per diversi mesi, per un importo totale di circa 2.000 euro.
La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali: un presunto errore nella contestazione del reato, la mancanza di dolo, la richiesta di assoluzione per l’abolizione della normativa sul reddito di cittadinanza e, infine, la mancata concessione delle attenuanti generiche.

Analisi dei Motivi del Ricorso

Il ricorso dell’imputata verteva su diversi punti di diritto, tutti respinti dalla Suprema Corte.
1. Errata qualificazione giuridica: La difesa sosteneva che l’obbligo di comunicazione dello stato detentivo si applicasse solo in caso di misura cautelare e non di esecuzione di una pena definitiva. La Corte ha chiarito che ciò che rileva è l’omessa comunicazione di una causa di revoca del beneficio, come la condanna definitiva per uno dei reati ostativi previsti dalla legge, a prescindere dal titolo della detenzione.
2. Assenza di dolo: L’imputata affermava di non essere a conoscenza dell’obbligo di comunicazione. Anche questo motivo è stato rigettato, poiché l’errore sulla legge penale non scusa, specialmente quando i moduli di richiesta del beneficio specificano chiaramente le condizioni di ammissibilità e gli obblighi di comunicazione.
3. Abolizione del beneficio: Il legale chiedeva l’assoluzione sostenendo che, con l’abolizione del reddito di cittadinanza dal 2024, il fatto non fosse più previsto dalla legge come reato. La Cassazione ha richiamato la normativa transitoria e la giurisprudenza costituzionale, le quali stabiliscono che le sanzioni penali continuano ad applicarsi per i fatti commessi fino al termine di efficacia della vecchia disciplina, per garantire la tutela penale contro l’indebita erogazione.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato in ogni suo punto. Ha sottolineato che il complesso normativo che regolava il reddito di cittadinanza imponeva un preciso dovere di comunicare qualsiasi variazione rilevante ai fini della revoca del beneficio. Tra queste variazioni rientra a pieno titolo la condanna in via definitiva per uno dei reati contemplati dalla normativa (nel caso di specie, un reato in materia di stupefacenti), che comporta la revoca automatica.

L’omissione di tale comunicazione integra quindi pienamente il reato contestato. La Corte ha specificato che la carcerazione non rileva ex se, ma in quanto conseguenza di una condanna definitiva che è causa di revoca del beneficio. L’elemento soggettivo del reato, il dolo, è stato ritenuto sussistente, poiché l’imputata, firmando la domanda, era stata messa a conoscenza delle condizioni per mantenere il diritto, e la sua ignoranza si risolve in un inescusabile errore sulla legge penale.
Infine, riguardo alle circostanze attenuanti generiche e alla recidiva, i giudici hanno confermato la valutazione del merito, considerandola logica e non manifestamente illogica, data la capacità criminale dimostrata e i precedenti penali dell’imputata.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento rigoroso: chi beneficia di aiuti statali ha un inderogabile dovere di correttezza e trasparenza. La decisione evidenzia tre punti chiave:
* L’obbligo di comunicazione è ampio: Qualsiasi variazione che incida sul diritto al beneficio deve essere comunicata tempestivamente.
* L’ignoranza non è una scusante: Firmare una richiesta di sussidio implica l’accettazione degli obblighi ad essa connessi, e non è possibile invocare la mancata conoscenza della legge per sfuggire alla responsabilità penale.
* L’abolizione di una norma non cancella il passato: I reati commessi sotto la vigenza di una legge rimangono punibili anche dopo la sua abrogazione, se il legislatore lo ha previsto per tutelare gli interessi lesi, come in questo caso le finanze pubbliche.

L’obbligo di comunicare lo stato di detenzione per il reddito di cittadinanza vale solo in caso di misura cautelare?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’obbligo di comunicazione riguarda qualsiasi variazione rilevante che comporti la revoca del beneficio. La carcerazione rileva in quanto conseguenza di una condanna definitiva per uno dei reati previsti dalla legge, che è causa diretta di revoca.

L’abolizione del reddito di cittadinanza a partire dal 2024 ha cancellato i reati commessi in precedenza da chi lo ha percepito indebitamente?
No. La legge che ha abrogato il reddito di cittadinanza ha fatto salva l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi fino al termine di efficacia della disciplina. Pertanto, chi ha commesso il reato quando la legge era in vigore rimane punibile.

Affermare di non conoscere l’obbligo di comunicazione dello stato di detenzione può escludere la responsabilità penale?
No. Secondo la sentenza, l’ignoranza o l’errore sulla legge penale non esclude il dolo (cioè la volontarietà del reato). La Corte ha ritenuto che i moduli di richiesta del beneficio indicassero in modo chiaro le condizioni e gli obblighi, rendendo l’errore inescusabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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