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Reddito di cittadinanza reato: la Cassazione decide

Un cittadino è stato condannato per non aver dichiarato una precedente condanna per associazione di tipo mafioso nella domanda per il reddito di cittadinanza. La Corte di Cassazione ha rigettato il suo ricorso, stabilendo che il reato non era stato abrogato al momento della decisione di appello e che l’ignoranza dei requisiti di legge, anche a fronte di una modulistica non esplicita, non costituisce una scusante. La sentenza ribadisce il principio che l’onere di conoscere la legge grava sul cittadino che richiede il beneficio.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza Reato: Ignoranza della Legge non Ammessa

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5999 del 2024, è tornata a pronunciarsi sul reddito di cittadinanza reato, chiarendo punti cruciali sulla responsabilità penale per false dichiarazioni. Il caso riguarda un cittadino condannato per aver omesso di dichiarare una precedente condanna ostativa. La decisione ribadisce un principio fondamentale: l’ignoranza dei requisiti di legge non è una scusante, anche se la modulistica ufficiale non è del tutto chiara. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Un cittadino veniva condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. 4/2019. La sua colpa era quella di aver presentato domanda per il Reddito di Cittadinanza omettendo di comunicare una condanna, riportata nei dieci anni precedenti, per il grave reato di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), una condizione che per legge impedisce l’accesso al beneficio. La Corte di Appello di Caltanissetta aveva confermato la pena a due anni, due mesi e venti giorni di reclusione.

Le Argomentazioni Contro il Reddito di Cittadinanza Reato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Abolizione del reato: La difesa sosteneva che la Legge di Bilancio 2023 avesse abrogato la norma incriminatrice a partire dal 1° gennaio 2023. Poiché l’udienza d’appello si era tenuta il 9 gennaio 2023, l’imputato avrebbe dovuto essere assolto perché il fatto non era più previsto dalla legge come reato.
2. Nullità processuale: Veniva eccepita la nullità della sentenza per un presunto legittimo impedimento dell’imputato a partecipare a un’udienza precedente. L’imputato, sottoposto a una misura non detentiva, lamentava che la sua richiesta di rinvio fosse stata ingiustamente respinta.
3. Mancanza dell’elemento soggettivo: Il ricorrente affermava di non essere stato consapevole dell’obbligo di dichiarare quella specifica condanna, poiché il modulo di domanda fornito dall’INPS non lo richiedeva esplicitamente. Sostanzialmente, si appellava a un errore incolpevole.

La Decisione della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato infondati tutti e tre i motivi del ricorso, confermando la condanna.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa con un ragionamento giuridico rigoroso.

Sul primo motivo, relativo all’abolizione del reato, i giudici hanno chiarito che, sebbene la Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022) avesse programmato l’abrogazione delle norme sul reddito di cittadinanza, l’efficacia di tale abrogazione era stata esplicitamente posticipata al 1° gennaio 2024. Pertanto, al momento della sentenza d’appello, la norma era ancora pienamente in vigore. La Corte ha inoltre evidenziato come un successivo intervento legislativo (D.L. 48/2023) abbia garantito la continuità dell’applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, creando un regime transitorio ed evitando vuoti normativi.

Per quanto riguarda il secondo motivo, il presunto legittimo impedimento, la Cassazione ha ribadito la sua giurisprudenza consolidata. L’imputato sottoposto a misure che limitano la libertà di movimento ha l’onere di richiedere tempestivamente al giudice competente l’autorizzazione per allontanarsi e partecipare all’udienza. Nel caso di specie, la richiesta era stata presentata senza un’adeguata documentazione a supporto, rendendola inammissibile. Di conseguenza, il giudice di merito aveva correttamente negato il rinvio.

Infine, sul terzo e più sostanziale motivo, la Corte ha respinto la tesi della mancanza di consapevolezza. È stato affermato il principio “ignorantia legis non excusat” (l’ignoranza della legge non scusa). I giudici hanno specificato che la modulistica INPS ha una funzione puramente esemplificativa e non può in alcun modo limitare o derogare alle previsioni normative. L’obbligo di dichiarare tutte le condizioni ostative, inclusi i precedenti penali rilevanti, discende direttamente dalla legge. L’errore sulla sussistenza dei requisiti per ottenere il beneficio si risolve in un errore sulla legge penale, che non è scusabile, tanto più che la normativa sul reddito di cittadinanza non è stata ritenuta particolarmente complessa o oscura.

Le Conclusioni

La sentenza n. 5999/2024 rafforza un messaggio chiaro: la responsabilità di informarsi sui requisiti necessari per accedere a un beneficio pubblico ricade interamente sul richiedente. Non è possibile addurre come scusante la mancata chiarezza di un modulo o la presunta ignoranza delle norme. Questa pronuncia sottolinea la diligenza richiesta ai cittadini nel rapporto con la Pubblica Amministrazione e conferma la severità dell’ordinamento nel punire le condotte fraudolente volte a ottenere indebitamente sussidi statali. Chiunque intenda richiedere aiuti economici è tenuto a un dovere di trasparenza e correttezza, la cui violazione comporta conseguenze penali significative.

Il reato per false dichiarazioni sul reddito di cittadinanza è stato abolito a inizio 2023?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’efficacia dell’abrogazione della norma incriminatrice era stata fissata dal legislatore al 1° gennaio 2024. Pertanto, per tutti i fatti commessi prima di tale data, la legge penale è rimasta in vigore.

Se il modulo di domanda per un beneficio non chiede esplicitamente un’informazione, posso ometterla senza conseguenze?
No. Secondo la sentenza, la modulistica ha una funzione solo esemplificativa. Gli obblighi dichiarativi derivano direttamente dalla legge, che il cittadino è tenuto a conoscere. Omettere un’informazione richiesta dalla legge, anche se non esplicitata nel modulo, integra il reato di indebita percezione.

Essere sottoposto a una misura di sicurezza come la libertà vigilata costituisce un automatico legittimo impedimento a partecipare a un’udienza?
No. La giurisprudenza costante, confermata da questa sentenza, stabilisce che l’imputato ha l’onere di attivarsi per tempo, richiedendo al giudice competente l’autorizzazione a spostarsi. Solo un’impossibilità assoluta e non imputabile di ottenere tale autorizzazione può configurare un legittimo impedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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