Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5999 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5999 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME, nato a San Cataldo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2023 della Corte di appello di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste scritte del Pubblico RAGIONE_SOCIALE, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 09/01/2023, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Caltanissetta, con la quale NOME è stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 81, comma 2, 7, comma 1, di 4/2019 e condannato alla pena di anni due, mesi due e giorni venti di reclusione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità, deducendo che la legge di bilancio 2023 (art 1, comma 318 I 29 dicembre 2022 n. 197, pubblicata nella G.U. n. 303 del 29.12.2022, entrata in vigore in data 01.01.2023) ha abolito il reato di cui all’art. 7, comma 1, d.l. 4/2019 ascritto all’imputato; pertanto, all’udienza del 9.1.2023 la Corte di appello avrebbe dovuto assolvere COGNOME NOME perché il fatto non era più previsto dalla legge come reato.
Con il secondo motivo deduce nullità della sentenza impugnata e della sentenza di primo grado per sussistenza di legittimo impedimento dell’imputato, sottoposto a misura non detentiva, a partecipare all’udienza del 16.3.2022, erroneamente ed illegittimamente ritenuto insussistente dai Giudici di merito.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo, in quanto l’imputato era ignaro di non aver diritto al sostegno economico del reddito di cittadinanza per aver riportato nei dieci anni precedenti condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod.pen, non essendo tale informazione richiesta dal modulo di domanda predisposto dal RAGIONE_SOCIALE e dall’RAGIONE_SOCIALE, utilizzato, con l’assistenza del patronato, per formulare la predetta domanda.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
Come già affermato da questa Sezione (cfr. Sez. 3 n. 37836 del 18/04/2023 e Sez.3, n.49047 del 2023, non massimate), nel quadro di una più articolata riforma volta, in un primo tempo, ad un ridimensionamento – attuato tramite altre disposizioni contenute nella medesima legge – e, quindi, alla rimozione, in un arco temporale più ampio, della disciplina di cui al di. n. 4 del 2019 e successive
modificazioni, l’art. 1, comma 318, L. n. 197 del 2022 ha disposto, fra l’altro, l’abrogazione degli artt. da 1 a 13 del citato d.l. n. 4 del 2019, e, quindi, n essendo esso elencato fra le disposizioni espressamente escluse dall’efficacia della abrogazione, anche dell’art. 7 del detto provvedimento normativo, contenente le disposizioni di carattere penale intese a sanzionare chi abbia indebitamente conseguito il beneficio economico previsto dalla medesima legge. Tuttavia, per espressa previsione di legge, l’efficacia di tale effetto abrogativo è stata fissata da legislatore alla data del 1 gennaio 2024. Pertanto, sebbene la n. 197 del 2022 sia entrata in vigore, anche per quanto attiene al ricordato comma 318, già alla data del 1 gennaio 2023, la concreta efficacia dell’effetto abrogativo previsto dalla disposizione in esame deve intendersi sospesa sino alla diversa data del 1 gennaio 2024, con la conseguente perdurante applicazione, trattandosi di disposizione ancora in vigore, del citato art. 7 e degli effetti penali da esso previsti; sicché, momento della pronuncia impugnata, il reato ascritto all’imputato non poteva certamente dirsi abrogato. Va, quindi, ribadito il corretto principio, già affermato da questa Corte e con cui il ricorrente non si confronta, secondo il quale non può riconoscersi effetti, prima del termine di efficacia indicato, all’abrogazione dell fattispecie incriminatrice a far tempo dal 10 gennaio 2024 prevista dall’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Sez. 3, n. 39205 del 20/06/2023, COGNOME, Rv. 285140).
Inoltre, prima dell’indicata data, il legislatore è intervenuto per modificare l previsione di cui si discute, la quale, proprio con riguardo all’abrogazione anche delle disposizioni penali, era stata in dottrina ritenuta frutto di una mera “svista
Successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, è stato emanato il d.l. 4 maggio 2023 n. 48, recante “misure urgenti per l’inclusione e l’accesso al mondo del lavoro”, conv., con modiff., dalla I. 3 luglio 2023 n. 85. Dopo aver riproposto, all’art. 8, commi 1 e 2, previsioni incriminatrici per le false od omess comunicazioni concernenti l’ottenimento o il mantenimento dei nuovi benefici economici previsti dagli artt. 3 e 12 della legge, previsioni sostanzialmente identiche a quelle già contenute nell’art. 7, commi 1 e 2, d.l. 4/2019 con riguardo al reddito di cittadinanza, l’art. 13, comma 3, d.l. 48/2023, collocato tra disposizioni transitorie e finali, statuisce che «al beneficio di cui all’articolo decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo 7 del medesimo decreto-legge, vigenti alla data in cui il beneficio è stat concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023».
Sul punto anche le Sezioni Unite hanno osservato che “L’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha abrogato l’art. 7 dl. n. 4 del 2019, a decorrere, però, dal 1 gennaio 2024. Il legislatore, peraltro, nell’introdurre il cd. «assegno
inclusione» (misura di sostegno economico e di inclusione sociale e profession destinata a sostituire integralmente il Rdc e definita dall’art. 1, comma 1, d legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 lu 2023, n. 85, «quale misura nazionale di contrasto alla povertà, alla frag all’esclusione sociale delle fasce deboli attraverso percorsi di inserimento s nonché di formazione, di lavoro e di politica attiva del lavoro» contestualmente ed espressamente previsto che al Rdc continuano ad applicars le disposizioni di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019 vigenti alla data in cui è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 (Sez.U, n. 4 del 13/07/2023, Rv.285435 – 01, in motivazione).
E’ evidente, pertanto, che coordinandosi con la prevista abrogazione de disciplina del reddito di cittadinanza a far tempo dal 10 gennaio 2024, la sopravenuta disposizione – richiamata in motivazione anche dalla citata decisi delle Sezioni unite che ne ha sostanzialmente tratto analoghe conclusioni – fa l’applicazione delle sanzioni penali dalla stessa previste per i fatti commes al termine finale di efficacia della relativa disciplina. La previsione sostanzi deroga al principio di retroattività della lex mitior altrimenti conseguente, ex art. 2, comma 2, cod. pen., alla prevista abrogazione dell’art. 7 d.l. 4/2019, ma q deroga – che, come noto, sul piano del rispetto delle garanzie costituzio suscettibile d’essere valutata esclusivamente con riguardo di principi rica dall’art. 3 Cost. e, ove non contrasto con questi, è altresì rispettosa della ricavabile dalle convenzioni internazionali (cfr., per tutte, Corte cost., sen del 22 luglio 2011) – non presta il fianco a censure, essendo indubbiam sorretta da una del tutto ragionevole giustificazione. Ed invero, semplicemente assicura tutela penale all’erogazione del reddito di cittadinanz conformità ai presupposti previsti dalla legge, sin tanto che sarà pos continuare a fruire di tale beneficio, così coordinandosi con la sua pr soppressione a far tempo dal 10 gennaio 2024 e con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 48/2023, che, strutturata in termini del tutto identici e analoghi benefici per il futuro introdotti in sostituzione del reddito di citt continua a prevedere il medesimo disvalore penale delle condotte di mendacio di omessa comunicazione volte all’ottenimento o al mantenimento delle nuove provvidenze economiche. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, In tema di legitti impedimento a comparire al dibattimento, l’imputato, citato a giudizio ritualme quando si trovi sottoposto per altro titolo alla misura di sicurezza della vigilata con obbligo di soggiorno , ha l’onere di richiedere tempestivamente, a della rimozione dell’impedimento, al giudice che ha disposto la misura la presc
autorizzazione ad allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura o, in ca ritardo nel rilascio della suddetta autorizzazione, fare conoscere al g procedente, prima del dibattimento, il motivo del suo impedimento (Sez.6, n.57 del 18/12/2019,dep.13/02/2020,Rv.278211 – 01; Sez. 5, n. 5891 de 05/12/2005, dep.15/02/2006, Rv.233844 – 01).
Nella specie, la Corte territoriale, facendo buon governo del suespo principio di diritto, valutava che correttamente il primo giudice non aveva ac la richiesta di rinvio formulata dal difensore dell’imputato all’udie 16.3.2022, richiamando l’onere dell’imputato di ottenere tempestivamen l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza e rimarcando che tale onere era stato rispettato dal NOME, che aveva inoltrato una richiesta che, s mancata di idonea documentazione che ne giustificasse le ragioni, era s dichiarata inammissibile.
Il terzo motivo di ricorso è infondato.
La Corte territoriale ha correttamente disatteso la deduzione difensiva co quale si deduceva il difetto dell’elemento soggettivo del reato, in qua modulo dell’RAGIONE_SOCIALE non informava che bisognasse indicare di non aver riportato dieci anni precedenti condanna per il reato di cui all’art. 416-bis c richiamando il principio ignoratia legis non excusat, richiamo questo pertinente, atteso che la modulistica utilizzata aveva una funzione solo esemplificativa certo non poteva superare o circoscrivere il tenore delle previsioni normative a disciplinare i presupposti per il conseguimento del reddito di cittadinanz oneri dichiarativi a carico del richiedente, in definitiva, a prescindere da letterale del modulo dalla stessa adoperato, erano pur sempre quelli imposti decreto legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019, non pote sostenere che fosse in qualche modo derogato o limitato il dovere del sogg richiedente di riferire alla P.A., in maniera chiara e trasparente, non solo della situazione reddituale familiare, ma anche l’esistenza e la tipolo precedenti penali riportati dalla richiedente e dal proprio coniuge (Sez.3, n del 2021, non nriassiniata).
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “non è ravvisabile l’ipotes cui all’art. 47, comma 3, cod. pen., poichè le norme contenute nel D.L. n. 2019, nello stabilire i requisiti di accesso al reddito di cittadinanza, in precetto penale contenuto nell’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, essendo incorporate, posto che la norma penale punisce chi effettua false indicazion dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento de di cittadinanza. Ne deriva che l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza de ad ottenere il reddito, pur non essendo in possesso dei suddetti requisiti, s in ignoranza o in errore sulla legge penale. Né è sostenibile che si versi in un
di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, poiché la normativa in tem concessione del reddito di cittadinanza non presenta certamente connotati d cripticità tali da potersi ricondurre all’ottica dell’oscurità del precett nemmeno riscontrabile, in materia, una situazione di caos interpretativo o assoluta estraneità del contenuto precettivo delle norme alla sensibilit cittadino” (cfr. Sez. 3, n. 44924 del 2023, non massimata).
Al rilievo di infondatezza dei motivi proposti consegue il rigetto del ric e, in base al disposto dell’art. 616 cod.proc.pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 09/01/2024