Reddito di Cittadinanza: Nessuna Sanatoria per i ‘Furbetti’ Nonostante l’Abrogazione
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha messo un punto fermo su una questione di grande attualità: le conseguenze penali per chi ha illecitamente percepito il reddito di cittadinanza prima della sua formale abrogazione, avvenuta il 1° gennaio 2024. La decisione chiarisce che la fine della misura non comporta un’automatica cancellazione del reato per le condotte passate, confermando la piena validità delle sanzioni previste.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino condannato in Corte d’Appello per il reato previsto dalla normativa sul reddito di cittadinanza. L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali: la presunta assenza di dolo (cioè l’intenzione di commettere il reato) e l’effetto dell’abrogazione della norma incriminatrice, che a suo dire avrebbe dovuto portare a un proscioglimento in applicazione del principio della legge più favorevole.
La Decisione della Corte di Cassazione sul reddito di cittadinanza
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Questa decisione non solo conferma la condanna dell’imputato, ma stabilisce anche principi giuridici importanti sulla successione di leggi penali nel tempo, in particolare quando il legislatore decide di derogare ai principi generali.
Le Motivazioni dell’Ordinanza
La Suprema Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso con argomentazioni chiare e precise.
La Genericità del Motivo sul Dolo
In primo luogo, i giudici hanno definito ‘aspecifico’ il motivo relativo alla mancanza dell’elemento soggettivo del reato. Il ricorrente, secondo la Corte, non si era confrontato adeguatamente con la dettagliata motivazione della sentenza d’appello. I giudici di merito avevano infatti illustrato in modo convincente le ragioni del dolo, evidenziando come su ogni cittadino gravino oneri di informazione non delegabili e la necessaria conoscenza della legge penale, specialmente quando si accede a benefici pubblici come il reddito di cittadinanza. Insistere su tesi già esaminate e respinte in sede di merito rende il ricorso inammissibile.
L’Inefficacia dell’Abrogazione per i Reati Passati: una Deroga alla ‘Lex Mitior’
Il punto centrale della decisione riguarda il secondo motivo. In linea di principio, l’articolo 2 del codice penale stabilisce il principio della retroattività della ‘lex mitior’, secondo cui se un reato viene abrogato, nessuno può essere punito per quel fatto. Tuttavia, la Corte ha spiegato che questo principio può essere derogato dalla legge stessa.
La legge che ha abolito il reddito di cittadinanza (L. 197/2022) ha espressamente previsto, all’art. 1, comma 318, che le sanzioni penali continuassero ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. La Cassazione ha ritenuto questa deroga pienamente legittima e non irragionevole. La scelta del legislatore di mantenere la punibilità per le condotte passate è sorretta da una ‘plausibile giustificazione’, ovvero l’esigenza di non creare un’ingiustificata ‘sanatoria’ per chi ha violato la legge approfittando di un beneficio sociale. La Corte ha richiamato un suo precedente conforme (Sentenza n. 7541/2024), consolidando questo orientamento.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza della Cassazione ha un’importante valenza pratica e giuridica. In primo luogo, lancia un messaggio chiaro: l’abrogazione del reddito di cittadinanza non costituisce un ‘colpo di spugna’ per chi ne ha beneficiato illecitamente. I procedimenti penali in corso proseguiranno e le condanne emesse resteranno valide.
In secondo luogo, la decisione riafferma la facoltà del legislatore di modulare gli effetti della successione delle leggi penali nel tempo, derogando anche a principi cardine come quello della ‘lex mitior’, a condizione che tale scelta sia sorretta da una giustificazione ragionevole e non arbitraria. Per i cittadini, resta fondamentale l’onere di informarsi correttamente sui requisiti necessari per accedere a qualsiasi tipo di sussidio pubblico, poiché l’ignoranza della legge non è una scusante valida.
L’abrogazione del reato legato al reddito di cittadinanza cancella le condanne per i fatti commessi prima del 1° gennaio 2024?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la legge di abrogazione ha volutamente fatto salve le sanzioni penali per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore. Pertanto, chi ha commesso il reato in precedenza rimane punibile.
Perché non si applica il principio della ‘lex mitior’ (legge più favorevole) in questo caso?
Non si applica perché la stessa legge che ha abrogato il reato (legge n. 197/2022) ha previsto una deroga esplicita a tale principio. La Corte ha ritenuto questa deroga legittima e non irragionevole, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione del legislatore.
È sufficiente dichiarare di non conoscere la legge per evitare una condanna per indebita percezione del reddito di cittadinanza?
No. La Corte ha ribadito che il ricorso basato su questo punto era generico. I giudici hanno sottolineato che esistono oneri di informazione non delegabili a terzi e una necessaria conoscenza della legge penale, inclusi i requisiti per accedere al beneficio, rendendo infondata la difesa basata sulla mancanza di dolo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10099 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10099 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
POLIMENI CANDELORO nato a MELITO DI PORTO SALVO il 29/07/1974
avverso la sentenza del 22/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile. E’ del tutto destituita di fondamento la censura di cui al primo motivo in tema di elemento soggettivo siccome a-specifica atteso che non si confronta con l’ampia motivazione, qui da condividere, di cui alla sentenza impugnata, con la quale i giudici illustrano in fatto e diritto le ragioni del dolo del reato e gli on informazione non declinabili a carico di terzi e imposti dalla necessaria conoscenza della legge penale inclusiva dei requisiti di accesso al reddito di cittadinanza di cui al D.L. 4 del 2019, e piuttosto insiste nella prospettazione d evidenze già esaminate e confutate in sede di merito.
Anche il secondo motivo è inammissibile alla luce della coerente spiegazione fornita in sentenza e del principio per cui l’abrogazione, a far data dall’01/01/2024, del delitto di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, converti con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficaci della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della “lex mit altrimenti conseguente ex art. 2, comma secondo, cod. pen., ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza (Sez. 3 – , n. 7541 del 24/01/2024 Ud. (dep. 21/02/2024 ) Rv. 285964 – 01).
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 18.10.2024.