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Reddito di cittadinanza: reato anche dopo l’abrogazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per aver indebitamente percepito il reddito di cittadinanza, omettendo di dichiarare la presenza di un figlio detenuto nel nucleo familiare. La Corte ha stabilito che l’abrogazione della norma non cancella i reati commessi in precedenza, poiché la legge stessa ha previsto una deroga al principio della retroattività della legge più favorevole. Inoltre, è stato confermato il diniego delle attenuanti generiche, poiché non erano presenti elementi positivi a favore dell’imputato.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di cittadinanza: perché il reato non scompare con l’abolizione della legge?

La recente abolizione del reddito di cittadinanza ha sollevato numerosi interrogativi sulla sorte dei procedimenti penali per chi lo ha percepito indebitamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la fine del sussidio non significa un’automatica cancellazione del reato. Analizziamo insieme questa importante decisione per comprendere le implicazioni legali per i fatti commessi prima dell’abrogazione.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino condannato per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. 4/2019. L’imputato aveva percepito il reddito di cittadinanza omettendo una informazione cruciale nella sua dichiarazione: non aveva indicato la presenza nel proprio nucleo familiare di un figlio in stato di detenzione. Questa omissione, essendo rilevante ai fini della corretta erogazione del beneficio, ha portato alla sua condanna nei precedenti gradi di giudizio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due principali argomentazioni:
1. Abolizione del reato: Sosteneva che l’abrogazione della norma sul reddito di cittadinanza, avvenuta a partire dal 1° gennaio 2024, avrebbe dovuto comportare l’estinzione del reato stesso, in applicazione del principio della lex mitior (legge più favorevole).
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentava il fatto che i giudici di merito non gli avessero riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, respingendo entrambe le doglianze. Vediamo nel dettaglio il ragionamento dei giudici.

Sulla persistenza del reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza

La Corte ha chiarito che, sebbene la norma incriminatrice sia stata abrogata, la legge che ha disposto tale abrogazione (legge n. 197/2022) contiene una specifica clausola di salvaguardia. Questa clausola deroga esplicitamente al principio generale della retroattività della legge più favorevole. In altre parole, il legislatore ha voluto assicurare che i fatti illeciti commessi fino all’ultimo giorno di vigenza del reddito di cittadinanza rimanessero penalmente sanzionabili.

Secondo la Cassazione, questa scelta è logica: la tutela penale contro l’indebita erogazione del sussidio doveva rimanere attiva finché fosse stato possibile fruire del beneficio. La soppressione si coordina con le nuove misure di sostegno e le relative nuove incriminazioni, garantendo continuità nella protezione delle risorse pubbliche. Pertanto, l’abolizione non ha alcun effetto retroattivo sui reati commessi in precedenza.

Sul diniego delle circostanze attenuanti generiche

Anche la seconda censura è stata respinta. La Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2008, per la concessione delle attenuanti generiche non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato. È necessario che emergano elementi positivi e concreti che giustifichino una diminuzione della pena. Il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole, ma deve basare la sua decisione su quelli ritenuti più rilevanti.

Nel caso specifico, il giudice di merito aveva correttamente motivato il diniego, evidenziando l’assenza di elementi positivi valorizzabili e la presenza di una precedente condanna a una pena significativa. Questa valutazione è stata ritenuta immune da censure di legittimità.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce due principi di fondamentale importanza pratica:
1. Chi ha commesso il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza prima del 1° gennaio 2024 resta punibile. L’abrogazione della misura non cancella gli illeciti passati.
2. Per ottenere le circostanze attenuanti generiche, non basta non avere precedenti penali; occorre dimostrare la presenza di elementi positivi di valutazione che possano giustificare una pena più mite.

La decisione, infine, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa dell’inammissibilità del suo ricorso.

L’abolizione del reddito di cittadinanza ha cancellato il reato per chi lo ha percepito indebitamente in passato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la legge che ha abrogato il sussidio ha previsto una specifica deroga al principio della legge più favorevole, mantenendo l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi fino al termine di efficacia della disciplina.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche al ricorrente?
Le attenuanti generiche sono state negate perché il giudice non ha riscontrato la sussistenza di elementi positivi da valorizzare. La sola assenza di precedenti penali non è più sufficiente per la loro concessione, e nel caso specifico pesava anche una precedente condanna a una pena di un anno e quattro mesi di reclusione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Secondo l’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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