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Reddito di cittadinanza: reato anche dopo l’abolizione

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’indebita percezione del reddito di cittadinanza resta reato per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, nonostante la successiva abrogazione della misura. Una norma transitoria ha salvaguardato l’applicazione delle sanzioni penali, derogando al principio della legge più favorevole e garantendo la continuità della tutela penale. L’abrogazione della norma incriminatrice non ha quindi comportato una ‘abolitio criminis’ per le condotte passate.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza: La Cassazione Conferma, il Reato Resta Punibile

L’abolizione del reddito di cittadinanza a partire dal 1° gennaio 2024 ha sollevato numerosi interrogativi sulla sorte dei procedimenti penali per indebita percezione del sussidio. Molti si sono chiesti se l’abrogazione della misura comportasse una cancellazione del reato (abolitio criminis). Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fatto chiarezza, stabilendo che le condotte illecite commesse fino al 31 dicembre 2023 restano pienamente punibili. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una persona condannata in primo e secondo grado alla pena di 1 anno, 4 mesi e 20 giorni di reclusione per il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza. L’imputata aveva ottenuto il beneficio presentando dichiarazioni non veritiere. Contro la sentenza d’appello, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, basando la propria argomentazione su un unico, cruciale punto: la sopravvenuta irrilevanza penale del fatto a seguito dell’abolizione della normativa che istituiva il sussidio.

La Questione Giuridica: Abolitio Criminis o Continuità Normativa?

La tesi difensiva sosteneva che l’abrogazione degli articoli relativi al reddito di cittadinanza, compreso l’articolo 7 del D.L. n. 4/2019 che ne puniva la percezione indebita, avesse determinato una vera e propria abolitio criminis. Secondo questa interpretazione, in base al principio del favor rei (o lex mitior), l’imputata avrebbe dovuto essere prosciolta perché il fatto, al momento del giudizio, non era più previsto dalla legge come reato.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, dichiarandolo inammissibile e seguendo un orientamento ormai consolidato.

Le Motivazioni della Cassazione sulla Punibilità del reddito di cittadinanza

La decisione della Corte si fonda su un’attenta analisi della successione delle leggi nel tempo. Se è vero che la legge di bilancio per il 2023 (L. n. 197/2022) ha disposto l’abrogazione della disciplina del reddito di cittadinanza dal 1° gennaio 2024, è altrettanto vero che il legislatore è intervenuto nuovamente prima che tale abrogazione diventasse pienamente efficace.

Con il Decreto Legge n. 48 del 2023 (cosiddetto “Decreto Lavoro”), il Governo ha introdotto le nuove misure di sostegno, come l'”Assegno di inclusione”, ma ha anche inserito una disposizione transitoria fondamentale. L’articolo 13, comma 3, di tale decreto stabilisce espressamente che per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, continuano ad applicarsi le sanzioni penali previste dall’articolo 7 del decreto istitutivo del reddito di cittadinanza.

Questa norma transitoria, secondo la Corte, ha lo scopo preciso di evitare un vuoto normativo e di garantire la continuità della tutela penale. Di fatto, il legislatore ha operato una deroga esplicita al principio generale della retroattività della legge più favorevole (art. 2, comma 2, c.p.). La scelta è stata motivata dalla necessità di non lasciare impunite le condotte fraudolente commesse durante il periodo di vigenza del beneficio, coordinando la sua soppressione con l’introduzione delle nuove misure. Il disvalore penale della condotta (frodare lo Stato per ottenere un sussidio) è rimasto identico, e il legislatore ha voluto assicurare che non vi fossero “zone franche” temporali.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio cruciale: l’abolizione del reddito di cittadinanza non ha causato un’automatica cancellazione dei reati connessi. Grazie a una specifica norma transitoria, chi ha percepito indebitamente il sussidio presentando dichiarazioni false o omettendo informazioni dovute, commettendo il fatto entro il 31 dicembre 2023, rimane perseguibile penalmente secondo la vecchia normativa. La decisione sottolinea la volontà del legislatore di mantenere una tutela penale costante contro le frodi in materia di assistenza sociale, assicurando che il passaggio da un sistema di sussidi a un altro non si traduca in un’impunità generalizzata per le condotte illecite passate.

Dopo l’abolizione del reddito di cittadinanza, chi ha percepito il sussidio indebitamente in passato rischia ancora una condanna penale?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, grazie a una specifica norma transitoria (art. 13, comma 3, del d.l. 48/2023), per tutti i fatti illeciti commessi fino al 31 dicembre 2023 continuano ad applicarsi le sanzioni penali previste dalla normativa originaria sul reddito di cittadinanza.

Perché la Cassazione non ha applicato il principio della legge più favorevole (lex mitior) in questo caso?
Perché la norma transitoria introdotta dal legislatore costituisce una deroga esplicita e voluta a tale principio. La Corte ha ritenuto questa deroga pienamente legittima e non irragionevole, in quanto finalizzata a garantire la continuità della tutela penale ed evitare che le condotte fraudolente commesse in passato restassero impunite.

Cosa succede a chi presenta dichiarazioni false per ottenere il nuovo “assegno di inclusione”?
Anche per l'”assegno di inclusione”, il legislatore ha previsto una specifica fattispecie di reato (art. 8 del d.l. 48/2023), che punisce con la medesima pena (reclusione da due a sei anni) chi rende dichiarazioni false o omette informazioni per ottenere indebitamente il nuovo beneficio. Questo dimostra la continuità del disvalore penale attribuito a tali condotte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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