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Reddito di cittadinanza: reato anche con domanda non firmata

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36074/2025, ha confermato la condanna per il reato di falsa dichiarazione per ottenere il reddito di cittadinanza, anche se la domanda telematica non era sottoscritta secondo legge. Secondo i giudici, l’irregolarità formale non rende l’atto inesistente, soprattutto perché ha portato all’effettiva erogazione del sussidio, configurando così il reato.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza: la Domanda non Firmata non Salva dalla Condanna per Falso

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale riguardo le false dichiarazioni per ottenere il reddito di cittadinanza. Anche se la domanda viene presentata telematicamente senza rispettare tutte le formalità di sottoscrizione previste dalla legge, il reato sussiste se la dichiarazione mendace ha portato all’effettiva erogazione del sussidio. Analizziamo insieme questa importante decisione.

Il Caso in Esame: Dichiarazione Falsa e Difesa Formale

Il caso riguarda una cittadina condannata sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 7 del d.l. n. 4 del 2019. L’accusa era di aver inserito, nella richiesta per il reddito di cittadinanza, la presenza di una persona che in realtà non faceva parte del suo nucleo familiare, al fine di ottenere un beneficio economico maggiore.

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su un’unica argomentazione di natura prettamente formale: la domanda, inoltrata telematicamente all’INPS, non era stata sottoscritta con le modalità previste dall’art. 65 del Codice dell’Amministrazione Digitale (d.lgs. n. 82/2005). Secondo il legale, questa irregolarità rendeva la richiesta invalida, se non addirittura inesistente, e di conseguenza non poteva configurare la fattispecie criminosa contestata.

Le motivazioni della Corte sul reddito di cittadinanza

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, giudicandolo infondato e confermando la condanna. Il ragionamento dei giudici supremi si basa su un principio consolidato in materia di falso ideologico: la distinzione tra atto invalido e atto inesistente.

Atto Invalido vs. Atto Inesistente

La Suprema Corte, richiamando precedenti pronunce anche delle Sezioni Unite, ha chiarito che il reato di falso è configurabile anche in presenza di un atto invalido. L’unica eccezione si ha quando l’atto è talmente viziato da essere considerato giuridicamente inesistente e, quindi, del tutto inidoneo a produrre qualsiasi effetto giuridico.

Nel caso specifico, la domanda per il reddito di cittadinanza, sebbene presentata con una sottoscrizione irrituale, non poteva essere considerata inesistente. Anzi, ha prodotto l’effetto giuridico più rilevante: è stata formalmente acquisita e protocollata dall’INPS e, soprattutto, ha costituito il presupposto per l’effettiva erogazione del sussidio economico alla richiedente.

L’irregolarità della firma, quindi, non ha impedito alla falsa dichiarazione di raggiungere il suo scopo illecito. La Corte ha sottolineato che l’inesistenza della richiesta non può essere determinata dalla sua mancata sottoscrizione formale, quando questa ha comunque prodotto l’effetto dell’erogazione del beneficio. In sostanza, ciò che conta è il risultato concreto: l’indebita percezione del sussidio a seguito di una dichiarazione non veritiera.

Le conclusioni

La sentenza n. 36074/2025 rafforza un importante principio di diritto: la sostanza prevale sulla forma quando si tratta di reprimere condotte fraudolente ai danni dello Stato. Chi presenta dichiarazioni false per ottenere benefici come il reddito di cittadinanza non può sperare di sfuggire alla responsabilità penale appellandosi a vizi formali della domanda, se questa ha di fatto sortito l’effetto di un’indebita erogazione di denaro pubblico. La decisione serve come monito sulla serietà degli obblighi dichiarativi e sulla irrilevanza di cavilli procedurali di fronte a una comprovata frode.

Una domanda per il reddito di cittadinanza presentata online senza la firma digitale richiesta dalla legge è valida?
No, la domanda è formalmente irregolare o invalida, ma secondo la giurisprudenza non è considerata giuridicamente “inesistente”.

Si commette reato se si fanno dichiarazioni false in una domanda per il reddito di cittadinanza non firmata correttamente?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato si configura anche se la domanda è sottoscritta in modo irrituale, poiché l’atto, sebbene invalido, è comunque idoneo a produrre l’effetto dell’erogazione del sussidio.

Qual è l’elemento decisivo per cui la Corte ha confermato la condanna in questo caso?
L’elemento decisivo è che la domanda, pur irregolare, è stata formalmente acquisita e protocollata dall’ente erogatore (INPS) e ha concretamente portato all’erogazione del beneficio economico. Questo dimostra che l’atto ha prodotto effetti giuridici, rendendo penalmente rilevante la falsità contenuta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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