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Reddito di cittadinanza: obbligo di comunicare condanne

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un beneficiario del reddito di cittadinanza che ha omesso di comunicare all’INPS una sentenza penale definitiva e il conseguente stato di detenzione. La Suprema Corte ha stabilito che essere in carcere non è una scusante, poiché la comunicazione poteva avvenire tramite terzi. L’ignoranza dell’obbligo di comunicazione è stata considerata un errore inescusabile sulla legge penale, confermando la piena responsabilità dell’imputato.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza e Obblighi: La Condanna Penale va Comunicata Sempre

La percezione del reddito di cittadinanza comporta una serie di doveri informativi il cui mancato rispetto può avere conseguenze penali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, chiarendo che nemmeno lo stato di detenzione può giustificare l’omessa comunicazione di informazioni cruciali per il mantenimento del beneficio, come una condanna penale divenuta definitiva. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo, beneficiario del reddito di cittadinanza da ottobre 2019, che ometteva di comunicare all’I.N.P.S. una variazione fondamentale della sua situazione personale. Nello specifico, il 2 novembre 2019 era diventata definitiva una sentenza di condanna a suo carico, a seguito della quale, il 10 gennaio 2020, veniva recluso in carcere.

La legge istitutiva del reddito di cittadinanza (d.l. n. 4/2019) prevede, all’art. 7, comma 2, sanzioni penali per chi, pur di continuare a percepire il sussidio, omette di comunicare informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca del beneficio entro i termini stabiliti.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte di Appello avevano condannato l’uomo per questo reato, ritenendolo pienamente responsabile dell’omissione.

Le Argomentazioni della Difesa

L’imputato, attraverso il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancanza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo specifico. La tesi difensiva si basava su due punti principali:
1. L’impossibilità materiale: una volta in carcere, l’imputato non avrebbe potuto recarsi personalmente presso gli uffici I.N.P.S. per effettuare la comunicazione.
2. L’indeterminatezza della norma: la legge, parlando genericamente di “altre informazioni”, sarebbe eccessivamente astratta e non specificherebbe chiaramente che una condanna definitiva rientri tra gli obblighi di comunicazione.

La Decisione della Cassazione sul reddito di cittadinanza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e fornendo motivazioni nette e giuridicamente solide.
I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni della difesa, ribadendo la correttezza del ragionamento seguito dai giudici di merito.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.

In primo luogo, ha respinto la tesi dell’impossibilità di adempiere all’obbligo. I giudici hanno sottolineato che tra la data in cui la sentenza di condanna è diventata irrevocabile (2 novembre 2019) e l’effettiva carcerazione (10 gennaio 2020) sono trascorsi circa due mesi. Questo lasso di tempo è stato ritenuto più che sufficiente per permettere all’interessato di procedere alla comunicazione. Inoltre, la Corte ha specificato che lo stato di detenzione non isola l’individuo dal mondo. La comunicazione avrebbe potuto essere effettuata tramite un familiare, un delegato o, in ultima istanza, per il tramite dell’Ufficio Matricola della casa circondariale. L’impedimento, quindi, non era assoluto.

In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione della presunta vaghezza della norma. Ha chiarito che sostenere di non sapere che una condanna penale definitiva fosse un’informazione rilevante da comunicare equivale a un’ignoranza della legge penale. In base all’art. 5 del codice penale, l’errore su una norma penale non scusa, salvo casi eccezionali di inevitabilità, qui non ravvisabili. La disposizione che impone la comunicazione integra il precetto penale e, pertanto, il suo mancato rispetto, finalizzato a continuare a percepire indebitamente il sussidio, configura pienamente il reato contestato. Non si tratta di una norma generica, ma di un obbligo preciso legato al possesso dei requisiti per il reddito di cittadinanza.

Conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio cruciale: i beneficiari di prestazioni assistenziali come il reddito di cittadinanza hanno un dovere di trasparenza e collaborazione attiva con gli enti erogatori. La responsabilità di comunicare le variazioni rilevanti è personale e non viene meno neanche in situazioni di restrizione della libertà personale come la detenzione. La decisione della Cassazione serve da monito: l’ignoranza degli obblighi di legge non è una difesa valida e l’omissione di informazioni dovute per continuare a percepire un beneficio non spettante costituisce un reato.

Lo stato di detenzione esonera dall’obbligo di comunicare variazioni rilevanti per il reddito di cittadinanza?
No. Secondo la sentenza, lo stato di detenzione non costituisce un impedimento assoluto all’adempimento dell’obbligo. La comunicazione può essere effettuata tramite familiari, un delegato o attraverso l’Ufficio Matricola dell’istituto penitenziario, specialmente se, come nel caso di specie, è trascorso un significativo lasso di tempo tra la definitività della condanna e l’inizio della detenzione.

L’ignoranza sull’obbligo di comunicare una condanna definitiva può giustificare l’omissione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza dell’obbligo di comunicare si risolve in un errore sulla legge penale. Tale errore, ai sensi dell’art. 5 del codice penale, non esclude la responsabilità e quindi non può essere usato come valida difesa per giustificare l’omissione.

Una condanna penale definitiva rientra tra le “altre informazioni dovute e rilevanti” da comunicare ai fini del reddito di cittadinanza?
Sì. La sentenza afferma implicitamente che una condanna penale definitiva, che incide sui requisiti di legge per il mantenimento del beneficio e porta alla detenzione, è senza dubbio un’informazione rilevante ai fini della revoca o riduzione del beneficio. La presunta genericità della norma non è stata considerata una valida scusante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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