Reddito di Cittadinanza e False Dichiarazioni: L’Ignoranza della Legge Non Paga
L’accesso a benefici statali come il reddito di cittadinanza impone ai richiedenti un preciso onere di informazione e correttezza nelle dichiarazioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con forza un principio cardine del nostro ordinamento: l’ignoranza della legge non scusa. Il caso analizzato riguarda un cittadino condannato per aver fornito false indicazioni al fine di ottenere il sussidio, il quale ha tentato di giustificare la propria condotta adducendo un errore sui requisiti richiesti. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione.
I Fatti del Caso: Una Condanna per False Dichiarazioni
Un cittadino veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di due anni di reclusione per il reato previsto dall’art. 7, comma 1, del D.L. 4/2019. L’accusa era quella di aver reso dichiarazioni false nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del reddito di cittadinanza.
Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, articolando quattro distinti motivi:
1. Difetto dell’elemento soggettivo (dolo): sosteneva di non aver agito con l’intenzione di commettere il reato, ma di essere caduto in errore sui requisiti.
2. Violazione di legge: contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.).
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche.
4. Vizio di motivazione sull’applicazione della recidiva.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarando tutti i motivi inammissibili. La decisione si fonda sul principio che le censure presentate dall’imputato erano, in sostanza, una mera riproposizione di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti con motivazioni corrette dai giudici di merito, senza introdurre elementi di critica specifica contro la sentenza d’appello.
Il Principio “Ignorantia Legis Non Excusat” e il reddito di cittadinanza
Il punto centrale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza del dolo. La Corte ha chiarito che le norme che definiscono i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza (contenute nel D.L. 4/2019) sono parte integrante del precetto penale che punisce le false dichiarazioni.
Di conseguenza, l’errore o l’ignoranza su tali requisiti non riguarda un elemento di fatto, ma si traduce in un’ignoranza sulla legge penale stessa. Secondo il principio generale del diritto penale, tale ignoranza non è scusabile, a meno che non sia inevitabile. La Corte ha escluso questa possibilità, affermando che la normativa sul reddito di cittadinanza non presenta particolari “connotati di cripticità” o “oscurità” tali da rendere l’errore comprensibile.
Le Altre Censure: Attenuanti e Recidiva
Anche gli altri motivi di ricorso sono stati giudicati inammissibili. La mancata applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto era stata giustificata dalla Corte d’Appello con la non tenuità del danno. Le attenuanti generiche, invece, non erano state concesse a causa dei precedenti penali dell’imputato, gli stessi che avevano giustificato il giudizio di maggiore pericolosità sociale e, di conseguenza, l’applicazione della recidiva.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte Suprema sono lineari e rigorose. In primo luogo, viene ribadito che l’onere di informarsi sui requisiti per un beneficio pubblico grava sul richiedente. Le norme sul reddito di cittadinanza sono considerate chiare e accessibili; pertanto, non è sostenibile un’ipotesi di “ignoranza inevitabile”. La Corte, citando un proprio precedente (n. 44924/2023), sottolinea come l’errore sui requisiti si risolva in un errore sulla legge penale, che non può essere invocato come scusante. In secondo luogo, la Cassazione ha ritenuto i restanti motivi del ricorso come ripetitivi e non specifici, confermando la correttezza delle valutazioni dei giudici di merito. La decisione di negare le attenuanti e confermare la recidiva era stata fondata su un elemento oggettivo, ovvero i precedenti penali del ricorrente, che indicavano una maggiore pericolosità sociale.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza un orientamento giurisprudenziale severo in materia di false dichiarazioni per l’ottenimento di sussidi pubblici come il reddito di cittadinanza. Le conclusioni pratiche sono chiare: chi presenta domanda per un beneficio ha il dovere di conoscere la normativa di riferimento. Affermare di non essere a conoscenza di un requisito o di averlo frainteso non costituisce una difesa valida per escludere la responsabilità penale. Questa decisione serve da monito sulla necessità di agire con la massima diligenza e trasparenza nei rapporti con la pubblica amministrazione, poiché le conseguenze di dichiarazioni mendaci possono essere molto serie, inclusa una condanna penale.
L’ignoranza sui requisiti specifici per ottenere il reddito di cittadinanza può escludere la colpevolezza per false dichiarazioni?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tale ignoranza si risolve in un errore sulla legge penale, che di regola non è scusabile. Le norme che stabiliscono i requisiti di accesso al beneficio integrano il precetto penale stesso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Perché i motivi presentati erano in gran parte riproduttivi di argomentazioni già esaminate e respinte correttamente dalla Corte d’Appello, senza presentare critiche specifiche e pertinenti alla sentenza impugnata.
Perché non sono state concesse le attenuanti generiche all’imputato?
Il giudice di merito ha negato le attenuanti generiche a causa dei precedenti penali dell’imputato. Tali precedenti hanno anche fondato il giudizio di maggiore pericolosità che giustifica la ricorrenza della recidiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25071 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25071 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 13/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 29/03/1987
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli che ha confermato la condanna per il reato di cui all’art. 7 comma 1 del D.I. 4 del 2019 ad a due di reclusione, articolando quattro motivi di ricorso: deduce vizio di motivazione in rela al difetto dell’elemento soggettivo (primo motivo), violazione di legge in relazione al diniego causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. (secondo motivo), e delle circostanze attenuanti generiche (terzo motivo), nonché vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione del recidiva (quarto motivo);
Considerato che il primo motivo, espone censure non consentite dalla legge in sede di legittimità poiché riproduttive di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con cor argomenti giuridici dal giudice di merito, non scanditi da specifica critica con il ricorso, e sono manifestamente infondate poichè che la Corte territoriale, con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria, ha spiegato le ragioni della sussistenza del dol reato e gli oneri di informazione non declinabili a carico di terzi e imposti dalla nece conoscenza della legge penale inclusiva dei requisiti di accesso al reddito di cittadinanza d al D.L. 4 del 2019. Invero, ha ribadito che secondo il consolidato orientamento de giurisprudenza di legittimità “non è ravvisabile l’ipotesi di cui all’art. 47, comma 3, co poichè le norme contenute nel D.L. n.4 dei 2019, nello stabilire i requisiti di accesso al r di cittadinanza, integrano il precetto penale contenuto nell’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, essendo in esso incorporate, posto che la norma penale punisce chi effettua false indicazioni d dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del reddito di cit Ne deriva che l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza del diritto ad ottenere il reddito, essendo in possesso dei suddetti requisiti, si risolve in ignoranza o in errore sulla legge pe Né è sostenibile che si versi in un’ipotesi di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale la normativa in tema di concessione del reddito di cittadinanza non presenta certament connotati di cripticità tali da potersi ricondurre all’ottica dell’oscurità del prece nemmeno riscontrabile, in materia, una situazione di caos interpretativo o di assoluta estrane del contenuto precettivo delle norme alla sensibilità del cittadino” (cfr. Sez. 3, n. 449 2023). :4″ GLYPH t · ( t GLYPH n” GLYPH ; L I N Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato che il secondo motivo di ricorsoTriproduttivo i deduzioni già adeguatament vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito in relazione al di riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod.pen. (cfr. pag. 8 “enti danno non tenue”) è inammissibile.
Rilevato che il terzo ed il quarto motivo di ricorso, parimenti riproduttivi di deduzioni già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice risultano inammissibili avendo i giudici del merito negato il riconoscimento delle attenuanti generiche in ragione dei precedenti penali, precedenti penali che hanno giudizio di maggiore pericolosità che giustifica la ricorrenza della recidiva.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa
delle Ammende, sussistendo profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 giugno 2025.