Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30173 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30173 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a POLISTENA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza dei 09/01/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Premesso che con sentenza del 9/1/2024 la Corte di appello di Reggio Calabria confermava la pronuncia emessa il 1°/6/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi, con la quale NOME COGNOME era stato giudicato colpevole del delitto di cui agli artt. 81 c.p., 7, d.l. 28 gennaio 2019, n convertito, con modificazioni, dalla I. 28 marzo 2019, n. 26.
Rilevato che propone ricorso per cassazione il COGNOME, chiedendo l’annullamento della decisione per non aver considerato l’ignoranza non colpevole (dunque l’errore scusabile) nella quale sarebbe incorso imputato, soggetto poco scolarizzato; questi non sarebbe stato avvertito dagli operatori del centro di assistenza fiscale circa l’ulteriore contenuto della dichiarazione da effettuare, d cui non avrebbe avuto alcuna conoscenza, ed il modulo compilato non sarebbe stato aggiornato.
2.1. Rilevato che questa Corte ha già affermato che l’abrogazione, a far data dall’1/1/2024, del delitto di cui all’art. 7 in esame, disposta ex art. 1, comma 318, I. 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relati disciplina, deroga al principio di retroattività della “lex mitior”, altrimenti conseguente ex art. 2, comma secondo, cod. pen., ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza, assicurando la tutela penale all’indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, posto che la sua prevista soppressione si coordina cronologicamente con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla I luglio 2023, n. 85, riferita agli analoghi benefici per il futuro introdot sostituzione del reddito di cittadinanza (tra le altre, Sez. 3, n. 7541 del 24/1/2024 Picciano, Rv. 285964).
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché – riproponendo le medesime censure avanzate alla Corte di appello – tende ad ottenere in questa sede una nuova e non consentita lettura delle stesse emergenze istruttorie già esaminate dai Giudici di merito, sollecitandone una valutazione diversa e più favorevole invero preclusa alla Corte di legittimità.
La doglianza, inoltre, trascura che la Corte di merito – pronunciandosi proprio sulla questione qui riprodotta – ha steso una motivazione del tutto congrua, fondata su oggettive risultanze dibattimentali e non manifestamente illogica; come tale, quindi, non censurabile. La sentenza, in particolare, ha evidenziato che il COGNOME, compilando la richiesta volta ad ottenere il reddito di cittadinanza (di cui poi aveva goduto dall’aprile 2019 al febbraio 2021), non aveva
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dichiarato una serie di condizioni ostative al beneficio (essere stato sottoposto a misure di prevenzione e cautelari personali detentive ed aver riportato condanna definitiva per il reato di associazione di tipo mafioso), per quanto tale indicazion fosse stata già prevista dalla legge di conversione del decreto istitutivo (in vigor dal 30/3/2019. Al riguardo, peraltro, non rileva la prima domanda indicata in contestazione, a data 29/3/2019, perché successivamente annullata, con rilievo, pertanto, soltanto di quella del 28/6/2019 e delle successive). Ancora, la Corte ha sostenuto che l’interessato che intenda ottenere determinati effetti a lui favorevoli nei confronti dello Stato è tenuto a svolgere una previa attività di acquisizione d tutte le informazioni utili, non potendo questi far valere un’eventuale e sol asserita mancanza di comunicazione da parte di addetti all’ufficio di assistenza fiscale. Così da non potersi riscontrare alcun errore rilevante.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve esser dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 21 giugno 2024
Il Presidente
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