Reddito di Cittadinanza e Immobili non Dichiarati: La Cassazione non Ammette Scuse
Omettere informazioni cruciali nella richiesta del reddito di cittadinanza può avere gravi conseguenze penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità della correttezza delle dichiarazioni ricade sempre sul richiedente, anche quando ci si affida a professionisti per la compilazione delle pratiche. Analizziamo insieme questo caso emblematico che chiarisce i confini tra errore in buona fede e omissione consapevole.
I Fatti del Caso: Un Acquisto Immobiliare Fatale
Un cittadino ha presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza di condanna per il reato previsto dalla legge sul reddito di cittadinanza. L’accusa era quella di aver omesso di comunicare, nella domanda per ottenere il beneficio, la proprietà di un immobile.
La particolarità del caso risiede nella tempistica: il richiedente aveva acquistato la piena proprietà dell’immobile lo stesso giorno in cui aveva presentato la domanda per il sussidio, allegando una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e un ISEE compilati mesi prima. Questo nuovo acquisto immobiliare comportava il superamento della soglia patrimoniale massima (fissata in 30.000 euro, esclusa la prima casa) per poter accedere al beneficio.
La Difesa dell’Imputato: Errore o Consapevole Omissione?
L’imputato ha basato la sua difesa su due punti principali. In primo luogo, ha sostenuto l’assenza di dolo, ovvero dell’intenzione di commettere il reato. In secondo luogo, ha affermato di essersi semplicemente affidato alle indicazioni di un CAF (Centro di Assistenza Fiscale) per la compilazione dei moduli, ritenendo di aver agito correttamente. Sostanzialmente, ha cercato di attribuire la responsabilità dell’errore a terzi professionisti.
La Decisione della Corte sul Reddito di Cittadinanza
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, le argomentazioni presentate non rientravano tra le censure che possono essere esaminate in sede di legittimità, poiché investivano valutazioni di fatto e di prova riservate ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello).
La Corte ha stabilito che la condanna era ben motivata e che non vi era spazio per dubbi sulla responsabilità penale del richiedente. Di conseguenza, ha confermato la condanna e ha aggiunto il pagamento delle spese processuali e di una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Perché il Ricorso è Inammissibile
La motivazione della Cassazione è chiara e diretta. I giudici hanno sottolineato che il richiedente non poteva non essere consapevole della situazione. Aver presentato la domanda di reddito di cittadinanza lo stesso giorno dell’acquisto dell’immobile rendeva la DSU, compilata in precedenza, palesemente incompleta e non veritiera rispetto alla sua situazione patrimoniale effettiva in quel momento.
La Corte ha specificato che i controlli successivi avevano appunto accertato il superamento delle soglie patrimoniali. L’imputato era quindi pienamente cosciente del contenuto lacunoso della sua dichiarazione. Non è stata fornita, inoltre, alcuna prova che, anche con il nuovo patrimonio, avrebbe avuto diritto a un beneficio, seppur ridotto. L’affidamento al CAF non è stato considerato una scusante valida, poiché la conoscenza di un fatto così rilevante come l’acquisto di una casa è un’informazione personale e diretta del dichiarante, che ha l’obbligo di garantirne la veridicità.
Le Conclusioni: Responsabilità Personale e Sanzioni
Questa ordinanza rafforza un principio cardine: la responsabilità per le dichiarazioni rese per ottenere benefici pubblici è personale. Delegare la compilazione a un intermediario non esonera il cittadino dal dovere di controllare e assicurare la correttezza e completezza dei dati forniti. L’acquisto di un immobile è un evento patrimoniale così significativo che la sua omissione non può essere considerata una semplice svista. La decisione della Cassazione serve da monito: la massima diligenza è richiesta e le omissioni consapevoli vengono sanzionate penalmente, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni pecuniarie in caso di ricorsi infondati.
È possibile giustificare l’omessa dichiarazione di un immobile nella domanda per il reddito di cittadinanza sostenendo di essersi affidati a un professionista (CAF)?
No, la Corte ha ritenuto che il richiedente fosse consapevole della lacunosità della sua dichiarazione, avendola presentata lo stesso giorno dell’acquisto dell’immobile. L’affidamento a terzi non esclude la responsabilità penale quando i fatti, come l’acquisto di una casa, sono direttamente conosciuti dal richiedente.
Cosa succede se si acquista un immobile dopo aver compilato la DSU ma prima di presentare la domanda per il beneficio?
È necessario dichiarare l’immobile. La sentenza chiarisce che il richiedente era consapevole che la DSU, compilata mesi prima, non rispecchiava più la sua reale situazione patrimoniale al momento della presentazione della domanda e avrebbe dovuto aggiornarla. L’omissione ha comportato il superamento della soglia patrimoniale consentita.
Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile in un caso simile?
Oltre alla conferma della condanna, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende, in quanto non è stata ravvisata un’assenza di colpa nella proposizione del ricorso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35711 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35711 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALMA DI MONTECHIARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME ricorre per cassazione avverso sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 7 legge numero 4 del 2019 ( reddito di cittadinanza) in ordine all’omessa comunicazi di una proprietà di un fabbricato nella richiesta di concessione del reddito di cittadin deducendo, con il primo e il secondo motivo di ricorso violazione di legge e difetto di motivazi in ordine all’affermazione della responsabilità, evidenziando l’assenza di dolo e la corr compilazione sulla scorta delle indicazioni del caf del DSU in ordine alle indicazioni del patrim immobiliare. Il giudice ha anche omesso di motivare in ordine al secondo punto dell’impugnazione ove l’imputato rappresentava di essersi affidato a professionisti per compilazione dei moduli.
Si osserva che le doglianze non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione d riservati alla cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insinda in cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum.
Nel caso di specie, dalle cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, avendo i giudici di secondo grado preso in es tutte le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni, in punto di responsabi attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qual in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede si desume dalle considerazioni formulate dal giudice a quo, laddove ha affermato la penale responsabilità in quanto i controlli avevano consentito di accertare un superamento delle sogl del patrimonio immobiliare diverso dalla prima casa.
In particolare, l’COGNOME ha presentato una domanda di concessione del reddito di cittadinanza, allegando una DSU e una dichiarazione ISEE rilasciata proprio lo stesso giorno i cui aveva acquistato per intero la proprietà di un immobile. Il ricorrente era quindi consape del contenuto lacunoso della DSU, compilata mesi prima rispetto all’acquisizione del cespit immobiliare che avrebbe dovuto essere invece dichiarato e che avrebbe comportato il superamento della soglia massima di euro 30.000, stabilita per l’ammontare del patrimonio immobiliare diverso dalla casa di abitazione che il nucleo istante può possedere per accedere a beneficio richiesto. Nè il ricorrente ha addotto alcun elemento che possa dimostrare che nonostante l’incremento patrimoniale immobiliare, il beneficio fosse comunque erogabile sebbene in misura inferiore.
Stante l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30/05/2025
Il consigliere estensore
Il Presidente