LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reddito di cittadinanza: il reato non è stato abrogato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20923/2025, ha confermato la condanna per indebita percezione del reddito di cittadinanza. La ricorrente sosteneva l’abrogazione del reato, ma la Corte ha chiarito che le sanzioni penali restano valide per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, grazie a una specifica norma transitoria che ha garantito la continuità normativa tra la vecchia e la nuova misura di sostegno, respingendo così il ricorso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di cittadinanza: il reato non è abrogato per i fatti fino al 2023

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20923/2025, ha affrontato una questione di grande attualità: la sorte dei procedimenti penali per l’indebita percezione del reddito di cittadinanza dopo la sua formale abrogazione dal 1° gennaio 2024. La Suprema Corte ha stabilito un principio fondamentale: la condotta resta penalmente rilevante per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, garantendo così la continuità della tutela penale.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda una ricorrente condannata sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 7, comma 1, del D.L. 4/2019. L’accusa era di aver presentato, in più occasioni, domande per ottenere il reddito di cittadinanza omettendo di dichiarare la presenza e i redditi del proprio convivente. Questa omissione le aveva permesso di percepire indebitamente il beneficio economico.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa della ricorrente ha basato il suo ricorso su quattro principali motivi:

1. Avvenuta abrogazione del reato: Si sosteneva che la norma incriminatrice fosse stata abrogata dal 1° gennaio 2024 e che, pertanto, il fatto non costituisse più reato al momento della sentenza d’appello.
2. Mancanza dell’elemento soggettivo: Si contestava la sussistenza del dolo specifico, ovvero l’intenzione mirata a conseguire un profitto ingiusto.
3. Violazione di norme processuali: Si eccepiva la prescrizione di alcuni reati contestati.
4. Particolare tenuità del fatto: Si richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., data la presunta lieve entità del fatto.

La questione del reddito di cittadinanza e la presunta abrogazione

Il fulcro della decisione ruota attorno al primo motivo di ricorso. È vero che la Legge n. 197/2022 ha disposto l’abrogazione degli articoli da 1 a 13 del D.L. 4/2019 (istitutivo del reddito di cittadinanza), inclusa la norma penale dell’art. 7, con efficacia dal 1° gennaio 2024. Tuttavia, il legislatore è intervenuto successivamente con il D.L. n. 48/2023 (cosiddetto “Decreto Lavoro”), che ha introdotto l'”Assegno di Inclusione”.

All’interno di questo decreto, una norma transitoria (art. 13, comma 3) ha specificato che le disposizioni penali del vecchio art. 7 continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. Questa disposizione, secondo la Cassazione, ha lo scopo di evitare un vuoto normativo e di garantire che le condotte fraudolente commesse sotto la vigenza del reddito di cittadinanza non restino impunite.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato tutti i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti su ciascun punto.

Sulla Continuità Normativa

La Corte ha stabilito che non vi è stata una vera e propria abolitio criminis. La volontà del legislatore è stata quella di assicurare una transizione ordinata dal vecchio al nuovo sistema di sostegno, mantenendo la rilevanza penale per le condotte illecite. La norma transitoria non viola i principi costituzionali (artt. 3 e 25 Cost.) perché è sorretta da una “ragionevole giustificazione”: garantire la tutela penale fino all’esaurimento della vecchia disciplina. In sostanza, si è derogato al principio della lex mitior (applicazione della legge più favorevole) in forza di una previsione legislativa esplicita e ragionevole.

Sull’Elemento Soggettivo e la Tenuità del Fatto

La Corte ha ritenuto infondate anche le altre censure. L’omissione consapevole di informazioni rilevanti, come la presenza di un convivente e dei suoi redditi, in più domande presentate nel tempo, è stata considerata prova sufficiente del dolo. I giudici di merito hanno correttamente valutato che tale condotta era finalizzata proprio a ottenere indebitamente il beneficio.

Anche la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta. La gravità è stata desunta non solo dall’entità della somma percepita, ma anche dalle modalità della condotta, caratterizzata da ripetute dichiarazioni mendaci.

Sulla Prescrizione

Infine, l’eccezione di prescrizione è stata giudicata manifestamente infondata. La Corte ha richiamato le recenti riforme (ex legge “Bonafede” e legge Cartabia) che hanno modificato i termini di sospensione e introdotto l’istituto dell’improcedibilità, concludendo che, per i reati commessi nel 2021, il termine di prescrizione non era affatto maturato.

Le Conclusioni

La sentenza della Cassazione consolida un principio cruciale: chi ha percepito illecitamente il reddito di cittadinanza non può sperare nell’impunità a seguito della sua abrogazione. Il legislatore ha creato un “ponte” normativo che mantiene in vita le sanzioni penali per i fatti pregressi, assicurando la coerenza del sistema e la continuità nella repressione delle frodi ai danni dello Stato. Questa decisione conferma che le condotte fraudolente relative ai sussidi statali continuano a essere perseguite con rigore, anche durante le fasi di transizione tra diverse discipline normative.

Il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza è stato abrogato?
No. Sebbene la legge istitutiva del reddito di cittadinanza sia stata abrogata dal 1° gennaio 2024, una specifica norma transitoria (art. 13, c. 3, D.L. 48/2023) ha stabilito che le sanzioni penali previste dall’art. 7 del D.L. 4/2019 continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023.

Cosa succede a chi ha commesso il reato prima del 31 dicembre 2023?
Chi ha commesso il reato presentando false dichiarazioni od omissioni per ottenere il reddito di cittadinanza prima di tale data rimane pienamente punibile secondo la vecchia normativa. Non si verifica un’abolizione del reato, ma una continuità normativa voluta dal legislatore.

Omettere informazioni nella domanda per il reddito di cittadinanza integra sempre il reato?
Sì, secondo la sentenza. L’omissione o la falsa indicazione di informazioni rilevanti (come la composizione del nucleo familiare o i redditi percepiti), se funzionali a ottenere un beneficio non spettante o spettante in misura inferiore, integra il delitto previsto dalla legge, in quanto dimostra la volontà di conseguire indebitamente il sussidio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati