Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36645 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36645 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che i primi due motivi del ricorso proposto da NOME COGNOME, che deducono il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento materiale e psicologico del reato, sono inammissibili perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto, che, lungi dall’evidenziare profili di illogicità emergen dal testo del provvedimento impugnato, attengono, invece, alla valutazione delle prove e sono riproduttive di censure che la sentenza impugnata, nel confermare le conclusioni raggiunte dal primo giudice, ha rigettato con un apprezzamento di merito non manifestamente illogico – e quindi non censurabile in sede di legittimità -, avendo la Corte di merito ribadito, da un lato, la genericità delle dichiarazioni de teste COGNOME, tali, quindi, da non inficiare i dati desumibili dal documentazione anagrafica, attestante la residenza del figlio dell’imputato presso la casa di quest’ultimo; dall’altro, la sussistenza del dolo, quantomeno eventuale, posto che l’imputato, dichiarando di essere l’unico componente della famiglia anagrafica senza effettuare alcun accertamento presso il comune di residenza, ha deliberatamente accettato l’eventualità di rendere una dichiarazione mendace, come è accaduto;
rilevato che il terzo motivo, che deduce l’intervenuta abolitio criminis del delitto in esame, è manifestamente infondato, non confrontandosi criticamente con l’orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, avallata dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 54 del 2024), a tenore della quale l’abrogazione, a far data dall’01/01/2024, del delitto di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio di retroattività della lex mitior, altrimenti conseguente ex art. 2, comma secondo, cod. pen., ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibile giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza, assicurando la tutela penale all’indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, posto che la sua prevista soppressione si coordina cronologicamente con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, co modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, riferita agli analoghi benefici per futuro introdotti in sostituzione del reddito di cittadinanza (Sez. 3, n. 7541 de 24/01/2024, Picciano, Rv. 285964);
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 13 settembre 2024.