Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19927 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19927 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a MORTARA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha chiesto dischiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 12 ottobre 2023, in rifor della sentenza di primo grado, dichiarava NOME responsabile del reato di all’ad. 7 del D.L. n. 4/2019 (capo 1), in esso assorbito il reato di cui agli comma 2 e 640 comma 2 n. 1 cod. pen. contestato al capo 2).
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputat osservando che il giudice di primo grado aveva constatato che il reato contest al capo 1) sarebbe stato abrogato con decorrenza dal 1°gennaio 2024, ma la Corte di appello aveva escluso di ritenere che la norma, al momento della senten impugnata, non fosse più vigente; il ricorso veniva quindi proposto per ottene una sentenza di non doversi procedere per non essere il fatto più previsto da legge come reato.
1.2 II difensore lamenta il travisamento dei fatti relativamente al reat truffa contestato: il giudice di primo grado aveva correttamente preso atto d circostanza che la residenza indicata dalla imputata nella dichiarazione present al fine di richiedere il reddito di cittadinanza era solo virtuale, visto indirizzo era stato assegnato dall’Ufficio Anagrafe all’imputata, così come ad a persone prive di fissa dimora; pertanto, come rilevato dal giudice di primo gra appariva del tutto presuntiva e non suscettibile di accertamento la circostanza il nucleo familiare di NOME fosse composto da dieci persone, corrispondevano a tutti i nomadi senza fissa dimora a cui era stata assegnata residenza virtuale da parte del Comune di Dalmine; erroneamente era quindi stato ritenuto che le dichiarazioni dell’imputata fossero mandaci.
1.3 II difensore rileva che il venir meno del reato di cui al capo 1) comport necessariamente una autonoma valutazione del fatto contestato sub 1) da ricomprendersi nel motivo secondo, anche se nella ipotesi suddetta venivano mancare le finalità specifiche assolutamente poste in essere dalla imputata e c l’avere agito per l’ottenimento del reddito di cittadinanza; in questo caso per non poteva sussistere come forma di reato autonoma la fattispecie contestata tantomeno sia l’aggravante di cui all’ad 81 comma 2 cod. pen., sia l’aggrava di avere commesso il fatto in danno di un ente pubblico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
1,1 La prospettazione della prossima futura abrogazione dell’istituto del reddit cittadinanza con conseguente venir meno delle normative penali è manifestamente infondata e inconducente, in quanto l’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022 n. 197, ha abrogato l’art. 7 dl.n. 4 del 2019, a decorrere, dall’i gennaio nell’introdurre il cd. «assegno di inclusione» destinato a sostituire integralm Rdc ha contestualmente ed espressamente previsto che al Rdc continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 7 dl. n. 4 del 2019 vigenti alla dat beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023.
Inoltre, già alla data della sentenza impugnata, era vigente il d.l. 4 maggio n. 48, recante “misure urgenti per l’inclusione e l’accesso al mondo del lav conv., con nnodiff., dalla I. 3 luglio 2023 n. 85. Dopo aver riproposto, all’art. 8, commi 1 e 2, previsioni incriminatrici per le false od omesse comunicazio concernenti l’ottenimento o il mantenimento dei nuovi benefici economici previs dagli artt. 3 e 12 della legge, previsioni sostanzialmente identiche a quel contenute nell’art. 7, commi 1 e 2, d.l. 4/2019 con riguardo al reddi cittadinanza, l’art. 13, comma 3, d.l. 48/2023, collocato tra le dispos transitorie e finali, statuisce che «al beneficio di cui all’articolo 1 del decr 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’articolo medesimo decreto-legge, vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023». Sul punto anche le Sezioni Unite hann osservato che “L’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha abrogato l’art. 7 dl. n. 4 del 2019, a decorrere, però, dal 1 gennaio 2024. Il legi peraltro, nell’introdurre il cd. «assegno di 3 inclusione» (misura di sos economico e di inclusione sociale e professionale destinata a sostit integralmente il Rdc e definita dall’art. 1, comma 1, decreto legge 4 maggio 202 n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, «quale mi nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale del deboli attraverso percorsi di inserimento sociale, nonché di formazione, di lav e di politica attiva del lavoro»), ha contestualmente ed espressamente previ che al Rdc continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all’art. 7 d.l. n. 4 d vigenti alla data in cui il beneficio è stato concesso, per i fatti commessi fin dicembre 2023 (Sez.U, n. 49686 del 13/07/2023, Rv.285435 – 01, in motivazione); si deve infine rilevare che il reato di truffa è stato ritenuto as da quello di cui all’art. 7 del D.L. n. 4/2019, che è rimasto inalterato nella sua struttura materiale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2 Relativamente al secondo motivo di ricorso, si deve precisare la natura d sindacato di legittimità e si riporta ai principi che questa Corte ha più volte ri a mente dei quali gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazi nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interament al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, a meno che risulti v il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la consegu inammissibilità, in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente in a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti diment che “…sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal rico come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispet a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propr valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
Nel caso in esame, il motivo chiede a questa Corte una serie di accertamenti fatto, (relativi alla dichiarazione dell’imputata, al fatto che la residenza le e assegnata dal Comune di Dalmine, agli accertamenti effettuati) che non possono essere compiuti in sede di legittimità, senza neppure provvedere ad allegare ricorso atti o documenti dai quali sarebbe possibile accertare il travisam denunciato.
2. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; ai sensi dell’art. 616 cod pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha pro deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 12/03/2024