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Reddito di cittadinanza: false dichiarazioni e reato

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un soggetto per il reato di false dichiarazioni finalizzate a ottenere il reddito di cittadinanza. L’imputato aveva omesso di dichiarare beni immobiliari, sostenendo in sua difesa che l’omissione non fosse rilevante e che la norma incriminatrice fosse stata abrogata. La Corte ha rigettato il ricorso, specificando che la successione di leggi nel tempo non aveva cancellato il reato per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023 e che il motivo relativo alla non rilevanza dell’omissione non era stato correttamente presentato nei precedenti gradi di giudizio.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di cittadinanza: la Cassazione sulla continuità del reato di false dichiarazioni

Con la sentenza n. 5163/2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di false dichiarazioni per l’ottenimento del reddito di cittadinanza. La decisione offre importanti chiarimenti sulla natura del reato e sugli effetti della successione di leggi penali nel tempo, in particolare dopo l’abrogazione della misura di sostegno.

I Fatti del Caso: Omissione di Beni Immobiliari

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per aver omesso di dichiarare, nella domanda per il reddito di cittadinanza, la titolarità di alcuni beni immobili. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, ritenendo che l’imputato avesse fornito informazioni false per accedere al beneficio economico.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due principali motivi:
1. La sua condotta era priva di concreta offensività, poiché l’immobile non dichiarato era, a suo dire, parte della casa di abitazione e quindi non avrebbe inciso sul diritto a percepire il beneficio. Sosteneva che il reato dovesse essere considerato di ‘pericolo concreto’ e non ‘astratto’.
2. La Legge di Bilancio 2023 aveva abrogato l’intera disciplina del reddito di cittadinanza, e di conseguenza anche la relativa fattispecie penale, a partire dal 1° gennaio 2024. Secondo la difesa, questa legge più favorevole avrebbe dovuto essere applicata retroattivamente.

La Decisione della Cassazione e le Motivazioni sul reddito di cittadinanza

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. Le motivazioni della decisione sono articolate e toccano aspetti sia di diritto sostanziale che processuale.

Inammissibilità del primo motivo: la preclusione processuale

La Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo di ricorso. In primo luogo, ha evidenziato come la doglianza relativa alla natura del reato come ‘pericolo concreto’ non fosse stata sollevata nel giudizio di appello. L’articolo 606 del codice di procedura penale preclude la possibilità di presentare in Cassazione motivi non dedotti in precedenza.

In secondo luogo, e nel merito, la Corte ha sottolineato che la sentenza impugnata aveva già accertato in fatto che l’immobile omesso era un’unità abitativa distinta e separata dalla casa di abitazione principale. Di conseguenza, il suo valore avrebbe superato la soglia patrimoniale di 30.000 euro prevista dalla legge per accedere al beneficio. L’omissione, quindi, era tutt’altro che irrilevante.

L’infondatezza del secondo motivo: la continuità normativa sul reddito di cittadinanza

Il punto centrale della sentenza riguarda la successione di leggi penali. La Corte ha chiarito che, sebbene la Legge di Bilancio 2023 avesse previsto l’abrogazione della disciplina del reddito di cittadinanza dal 1° gennaio 2024, un successivo decreto-legge (D.L. 48/2023) è intervenuto per garantire la continuità della tutela penale.

Questo decreto ha stabilito esplicitamente che le sanzioni penali previste dalla normativa originaria continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. In pratica, il legislatore ha creato una deroga al principio di retroattività della legge più favorevole, ritenuta dalla Corte pienamente legittima e ragionevole. Lo scopo era quello di non lasciare privi di sanzione i comportamenti fraudolenti posti in essere finché il beneficio era ancora in vigore.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base di principi processuali e sostanziali. Ha ritenuto che il primo motivo fosse inammissibile per genericità e perché sollevato per la prima volta in sede di legittimità, violando la preclusione processuale. I giudici di merito avevano già accertato con motivazione logica che l’immobile non dichiarato era un’unità distinta dalla casa di abitazione e che la sua omissione era quindi rilevante ai fini del superamento delle soglie patrimoniali. Riguardo al secondo motivo, la Corte ha affermato che l’abrogazione differita della norma incriminatrice non poteva produrre effetti prima della data stabilita (1° gennaio 2024). Inoltre, il legislatore, con il D.L. 48/2023, ha espressamente salvaguardato l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023, operando una deroga ragionevole e costituzionalmente legittima al principio di retroattività della legge più favorevole.

le conclusioni

In conclusione, la sentenza ribadisce due principi fondamentali. Primo, nel processo penale, i motivi di ricorso devono essere specifici e proposti nei gradi di giudizio competenti. Secondo, la successione di leggi penali deve essere interpretata tenendo conto della volontà del legislatore. In questo caso, il legislatore ha chiaramente inteso assicurare una tutela penale continua per il reddito di cittadinanza per tutta la sua durata, evitando vuoti normativi. La condanna per le false dichiarazioni è stata quindi legittimamente confermata.

Omessa dichiarazione di un immobile per il reddito di cittadinanza è sempre reato?
Sì, costituisce reato se l’omissione o la falsa dichiarazione è funzionale a ottenere un beneficio non spettante o spettante in misura superiore. Secondo la sentenza, se l’immobile omesso, diverso dalla casa di abitazione, fa superare la soglia patrimoniale consentita (nel caso di specie, 30.000 euro), il reato sussiste.

L’abrogazione del reddito di cittadinanza ha cancellato i reati commessi in precedenza?
No. La Corte ha chiarito che, nonostante l’abrogazione della disciplina dal 1° gennaio 2024, una norma transitoria (art. 13, d.l. 48/2023) ha stabilito che le sanzioni penali continuano ad applicarsi per tutti i fatti illeciti commessi fino al 31 dicembre 2023.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione un motivo non presentato in appello?
No, di regola non è possibile. La sentenza ha dichiarato inammissibile una delle doglianze dell’imputato proprio perché non era stata prospettata nel precedente grado di giudizio, in applicazione del principio di preclusione processuale previsto dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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