Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5163 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 5163  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/04/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste scritte trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 2020, n. 137, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sente
impugnata;
lette le conclusioni rassegnate nell’interesse dell’imputato dall’AVV_NOTAIO, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
 Con sentenza del 7 aprile 2023, la Corte d’appello di Roma, decidendo sul gravame proposto da NOME COGNOME, ha confermato la condanna del medesimo alle pene di legge per il reato di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019, per aver omesso dichiarare i beni immobili di cui era titolare nella domanda inoltrata per usufruire del c.d. reddito di cittadinanza.
Avverso la sentenza di appello, a mezzo del difensore fiduciario, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con il primo motivo, la violazione della legge penale sostanziale ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza del reato contestato seppur in presenza di un contrasto giurisprudenziale – in alcun modo considerato dalla Corte territoriale – sulla natura di pericolo concreto piuttosto che di pericolo astratto della fattispeci incriminatrice. Dovendosi preferire la prima tesi, il ricorrente osserva come la condotta da lui tenuta sia priva di concreta offensività, non avendo la contestata falsità inciso sul suo diritto ad ottenere il beneficio. Al proposito si allega che, co documentato in giudizio, l’imputato era contitolare – con la moglie – soltanto della casa di abitazione, il cui valore non rileva ai fini della concessione del reddito cittadinanza. Con riguardo a detto immobile era stata infatti effettuata, successivamente alla proposizione della domanda fatta oggetto di contestazione, una rettifica meramente ricognitiva della situazione di fatto per unificare catastalmente i subalterni 502 e 503, che in origine risultavano distinti ma che in realtà si riferivano all’unica abitazione dislocata nel medesimo edificio su piani diversi collegati da una scala interna. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con il secondo motivo di ricorso si lamentano l’inosservanza della legge penale ed il vizio di motivazione per non aver la sentenza considerato – senza nulla al proposito argomentare – che la legge di Bilancio 2023 ha abrogato la fattispecie penale contestata unitamente alla disciplina concernente il reddito di cittadinanza. Pur essendo stata l’abrogazione differita al 10 gennaio 2024, trattandosi di legge penale più favorevole se ne sarebbero dovuti sin d’ora valutare gli effetti. Si lamenta, inoltre, l’omessa considerazione del giudizio di legittimi costituzionale pendente in relazione all’art. 2, comma 1, lett. a), n. 2 d.l. 4/2019 e della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione UE nei confronti dell’Italia per la violazione del diritto dell’Unione connesso alla disciplina sul reddito d cittadinanza.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha richiesto l’annullamento con rinvio della sent impugnata ritenendo fondati entrambi i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Reputa il Collegio che il primo motivo di ricorso sia inammissibile genericità, manifesta infondatezza e perché proposto per ragioni non consenti
1.1. Va premesso che, risolvendo il contrasto di giurisprudenza accennato ricorso, le Sezioni Unite di questa Corte, hanno affermato che integrano il d di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, conv., con modiff., in legge 2019, n. 26, le omesse o false indicazioni di informazioni conte nell’autodichiarazione finalizzata a conseguire il reddito di cittadinanza funzionali ad ottenere un beneficio non spettante ovvero spettante in mis superiore a quella di legge (Sez. U, n. n. 49686 del 13/07/2023, Giudice, 285435).
1.2. Ciò nondimeno, osserva il Collegio che il generico ricorso non conse di comprendere se – e in che modo – detto principio rilevi nel caso di specie avendo il ricorrente adempiuto all’onere impostogli dall’art. 581 cod. proc. p esposto i dati di fatto che consentano di ritenerne la rilevanza.
Ancor prima, la doglianza è inammissibile alla luce della preclusione di all’art. 606, comma 3, ult. parte, cod. proc. pen.
1.3. Ed invero, stando al non contestato riepilogo dei motivi di app contenuto nella sentenza impugnata, la doglianza in questa sede svolta ci l’omessa considerazione da parte della Corte territoriale del cont giurisprudenziale devoluto alle Sezioni unite e circa l’omessa valutazione natura di reato di pericolo concreto della fattispecie incriminatrice non er prospettata con l’appello e non può dunque essere in questa sede per la pr volta sollevata, né ci si può dolere di alcuna omessa motivazione sul punto. D stesso tenore dell’atto di appello, anzi, si ricava come la questione non ri caso di specie. Difatti, lo stesso appellante ammette – e la sentenza impugna dà correttamente atto a pag. 2, richiamando il dato ostativo di cui all’art. 2, 1, lett. b), punto 2), d.l. 4/2019, con riferimento al valore del patrimo immobiliare del nucleo familiare, come definito a fini ISEE, diverso dalla ca abitazione, superiore alla soglia di euro 30.000 – che, ove fosse fond contestazione a lui ascritta circa l’omessa indicazione degli immobili ogge addebito, il patrimonio immobiliare familiare avrebbe superato il limite fissato legge per poter fruire del reddito di cittadinanza (cfr. atto di appello, pag
Ciò considerato, osserva inoltre il Collegio come l’imputato – in questa s come con l’appello – si limiti a sostenere che l’omessa dichiarazione degli imm
di cui egli era con la moglie contitolare non avrebbe rilevanza trattandosi della casa di abitazione. Questa conclusione, tuttavia, è stata disattesa dalla sentenza impugnata con ricostruzione fattuale e non illogica motivazione con cui il ricorrente in alcun modo si confronta, non avendo questi preso posizione sulla circostanza chiaramente ricostruita dai giudici di merito con doppia decisione conforme ed in questa sede non ulteriormente scrutinabile – dell’intervenuta cessione a NOME COGNOME, successivamente alla consumazione del reato per cui si procede, del fabbricato contraddistinto dal subalterno n. 503, individuante un’unità abitativa confinante ma distinta da quella della casa di abitazione e pertanto non rientrante nell’esenzione di legge per quest’ultima prevista.
Quanto al secondo motivo, in disparte il rilievo che si tratta di questioni che non sono state parimenti devolute col gravame di merito, con conseguente preclusione a dedurle in questa sede ai sensi dell’art. 606, comma 3, ult. parte, cod. proc. pen., la principale doglianza svolta – che, se fondata, sarebbe comunque rilevabile d’ufficio, trattandosi dell’applicazione di una pena illegale non è fondata.
2.1. Va infatti ribadito il corretto principio, già affermato da questa Corte con cui il ricorrente non si confronta, giusta il quale non si può riconoscere effett prima del termine di efficacia indicato, all’abrogazione della fattispeci incriminatrice a far tempo dal 1° febbraio 2024 prevista dall’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Sez. 3, n. 39205 del 20/06/2023, Fasulo, Rv. 285140).
Diversamente da quanto argomentato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO nella sua requisitoria scritta, reputa il Collegio che debba essere confermato il citat indirizzo interpretativo, espressione di un orientamento costantemente seguito da questa Corte con riguardo al reato in esame (cfr., ad es., in precedenza, Sez. 3, n. 37836 del 18/04/2023, ric. COGNOME, n. m. e, successivamente, Sez. 3, n. 49047 del 16/11/2023, ric. COGNOME, n.m.). Non rileva qui il diverso problema affrontat dalla giurisprudenza, citata dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, allorquando si è affermato che, in tema di aboliti° criminis, è legittima la sentenza d’appello che non confermi la condanna per un reato che, al tempo della decisione, risulti abrogato, nonostante al momento della adozione della decisione non sia ancora interamente decorso il periodo di vacatio legis ai sensi dell’art. 10 delle preleggi e dell’art. 73, comma 3, Cost., in quanto la funzione di garanzia per i consociati, che è perseguita dalla previsione del suddetto termine volto a permettere la conoscenza della nuova norma, non comporta anche il perdurante dovere del giudice di applicare una disposizione penale ormai abrogata per effetto di una successiva norma già valida (Sez. 1, n. 53602 del 18/05/2017, COGNOME e a., Rv. 271639; v. anche Sez. 1, n.
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39977 del 14/05/2019, Addis, Rv. 276949). La citata legge di Bilancio per il 2 che ha disposto l’abrogazione dell’intera disciplina del c.d. reddito di citt comprese le disposizioni penali incriminatrici, è infatti da tempo entrata in e non viene quindi in rilievo il tema della vacatio legis. Per contro, tale legge ha espressamente ed intenzionalmente disposto che l’effetto abrogativo della ci disciplina decorra soltanto dal 10 gennaio 2024, sicché, al momento della pronuncia impugnata, il reato ascritto all’imputato non poteva certamente abrogato, essendo ben possibile che, prima dell’indicata data, il legislatore intervenire per modificare la previsione di cui si discute, la quale, prop riguardo all’abrogazione anche delle disposizioni penali, era stata in d ritenuta frutto di una mera “svista”.
E’ quanto in effetti accaduto, successivamente alla pronuncia della sente impugnata, con il d.l. 4 maggìo 2023 n. 48, recante misure urgenti per l’inclusione e l’accesso al mondo de/lavoro, conv., con modiff., dalla I. 3 luglio 2023 n. 85. Dopo aver riproposto, all’art. 8, commi 1 e 2, previsioni incriminatrici per od omesse comunicazioni concernenti l’ottenimento o il mantenimento dei nuov benefici economici previsti dagli artt. 3 e 12 della legge, previsioni sostanzi identiche a quelle già contenute nell’art. 7, commi 1 e 2, d.l. 4/2019 con ri al reddito di cittadinanza, l’art. 13, comma 3, d.l. 48/2023, collocat disposizioni transitorie e finali, statuisce che «al beneficio di cui all’art decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, continuano ad applicarsi le disposizioni d all’articolo 7 del medesimo decreto-legge, vigenti alla data in cui il benefici concesso, per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023».
E’ evidente, pertanto, che coordinandosi con la prevista abrogazione d disciplina del reddito dì cittadinanza a far tempo dal 1° gennaio 202 sopravenuta disposizione – richiamata in motivazione anche dalla citata decisi delle Sezioni unite n. 49686/2023, sub §. 2, che ne ha sostanzialmente tratto analoghe conclusioni – fa salva l’applicazione delle sanzioni penali dalla previste per ì fatti commessi sino al termine finale di efficacia della disciplina. La previsione sostanzialmente deroga al principio di retroattivit lex mitior altrimenti conseguente, ex art. 2 cod. pen., alla prevista abrogazione dell’art. 7 d.l. 4/2019, ma questa deroga – che, come noto, sul piano del r delle garanzie costituzionali è suscettibile d’essere valutata esclusivamen riguardo di principi ricavabili dall’art. 3 Cost. e, ove non contrasto con altresì rispettosa della disciplina ricavabile dalle convenzioni internaziona per tutte, Corte cost., sent. n. 236 del 22 luglio 2011) – non presta il fianco a censure, essendo indubbiamente sorretta da una del tutto ragionev giustificazione. Ed invero, essa semplicemente assicura tutela pen
all’erogazione del reddito di cittadinanza, in conformità ai presupposti previsti dalla legge, sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di tale beneficio, cos coordinandosi con la sua prevista soppressione a far tempo dal 1° gennaio 2024 e con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 48/2023, che, strutturata termini del tutto identici e riferita agli analoghi benefici per il futuro introd sostituzione del reddito di cittadinanza, continua a prevedere il medesimo disvalore penale delle condotte di mendacio e di omessa comunicazione volte all’ottenimento o al mantenimento delle nuove provvidenze economiche.
2.2. Va da ultimo osservato che, al di là della rilevata preclusione, sono del tutto generiche ed incomprensibili le ulteriori doglianze svolte col secondo motivo di ricorso, non essendo stata in alcun modo illustrata la rilevanza del segnalato giudizio di legittimità costituzionale pendente e dell’iniziativa assunta dall Commissione dell’Unione europea.
Il ricorso, complessivamente infondato, dev’essere pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 30 novembre 202
GLYPH Il Presidente
Il Consigliere estensore