Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17253 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17253 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/03/2025
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 494/2025
Relatore –
UP – 19/03/2025
R.G.N. 31046/2024
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
NOME NOME COGNOME nato in ROMANIA il 24/09/1970
avverso la sentenza del 07/05/2024 della Corte d’appello di Firenze udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo lÕinammissibilitˆ del ricorso.
La Corte dÕappello di Firenze ha confermato la sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Livorno con la quale lÕimputato era stato condannato, all’esito del giudizio abbreviato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e unificati i reati dal vincolo della continuazione, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in relazione ai reati di cui agli artt. 81 comma 2, cod.pen. 7 commi 1 e 2 del d.l. 4 del 2019, per aver reso una dichiarazione mendace indicando di pagare un canone di locazione pari a euro 4.800,00 annui, quando in realtˆ tale canone risultava fissato in euro 2.400,00 annui, cos’ ottenendo un aumento dell’importo erogato da febbraio a novembre 2020, quale beneficio economico denominato reddito di cittadinanza, nonchŽ per avere omesso di comunicare la variazione di reddito derivante dalla instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato (capo A), in Portoferraio il 23/01/2020 e 08/09/2020, nonchŽ del reato di cui allÕart. 7 comma 2 del d.l. n. 4 del 2019, per avere
omesso di comunicare la variazione di reddito della propria convivente derivante dalla instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato, cos’ conseguendo il mantenimento del beneficio del reddito di cittadinanza (capo B). In Portoferraio il 01/06/2021.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dellÕimputato e ne ha chiesto lÕannullamento deducendo i seguenti motivi:
Violazione di cui allÕart. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione allÕerronea applicazione dellÕart. 7 comma 1 del d.l. n. 4 del 2019 con riguardo allÕaccertamento della responsabilitˆ penale e il vizio di motivazione in ordine al mancato accoglimento dell’istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova ai sensi dell’articolo 168 bis cod.pen. In sintesi, la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto configurato il reato di cui allÕart. 7 comma 1, decreto- legge n. 4 del 2019, essendo incorsa nell’evidente errore di diritto giacchŽ l’erronea dichiarazione dell’imputato era connessa non alla dichiarazione per l’ottenimento del reddito di cittadinanza, ma alla DSU successiva rilevante solo per il calcolo dell’Isee familiare. La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto di poter applicare al caso concreto l’art. 7 comma 1, cit. che, come è noto, prevede la pena edittale massima pari anni sei di reclusione, solo per chi, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute. L’inosservanza ovvero l’erronea applicazione della legge ha avuto come conseguenza non solo quella di precludere all’imputato di ottenere una sentenza di assoluzione in relazione al reato di cui al capo A) dell’imputazione, ma anche l’impossibilitˆ di effettuare una corretta valutazione di merito in ordine alla domanda di sospensione del procedimento con messa alla prova formulata tempestivamente dall’imputato, nel caso di assoluzione dall’imputazione appunto dalla contestazione di cui allÕart. 7 comma 1, decreto legge 4 del 2019. La decisione sarebbe peraltro manifestamente illogica anche sulla motivazione addotta dalla Corte territoriale per negare la concessione della sospensione del processo per la messa alla prova.
Violazione di cui allÕart. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione allÕerronea applicazione dellÕart. 131 cod.pen. avendo omesso di esaminare gli elementi forniti dalla difesa e di valutare la condotta susseguente consistita nel pagamento delle rate connesse alle sanzioni irrogate dall’Inps a seguito della revoca del beneficio. Comportamento successivo non tenuto conto dai giudici del merito.
Violazione di cui allÕart. 606, comma 1 lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione allÕerronea applicazione dell’art. 43 cod.pen. e in relazione al canone di valutazione probatoria della regola dell’oltre ragionevole dubbio nella valutazione degli elementi posti a base dell’affermazione della responsabilitˆ, in punto buona fede, essendosi limitata la corte territoriale ad escludere aprioristicamente la buona fede.
Il Procuratore generale ha chiesto lÕinammissibilitˆ del ricorso.
Il difensore ha depositato memoria in data 15/11/2024, in data 20/02/2025 e memoria di replica alle conclusioni del P.G. in data 11/03/2025 con cui ha insistito nellÕaccoglimento del ricorso.
1. Il primo motivo di ricorso di NOME NOME COGNOME che contesta lÕaffermazione della responsabilitˆ per il reato di cui allÕart. 7 comma 1 del d.l. n. 4 del 2019 e il conseguente diniego di sospensione del processo ai sensi dellÕart. 168 bis cod.pen., è infondato.
La sentenza impugnata, in continuitˆ con quella del Tribunale, ha ritenuto accertato che lÕimputato aveva reso una dichiarazione mendace, circa il costo del canone di locazione, e omesso di comunicare le variazioni di reddito proprio in ragione dellÕinstaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato (capo A) e di quello della convivente in ragione dellÕistaurazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato (capo B) e cos’ ha percepito somme indebitamente in ragione della falsa dichiarazione e della omissione di informazione dovute.
L’art. 7, comma 1, d.l. cit. prevede: ÇSalvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anniÈ.
Questa disposizione deve ritenersi riferita non solo ai casi di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, o di omissione di informazioni dovute finalizzati a conseguire il beneficio economico del reddito di cittadinanza, quando questo non spetterebbe in alcuna misura, ma anche ai casi di dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, o di omissione di informazioni dovute finalizzati a conseguire il beneficio economico del reddito di cittadinanza per un importo maggiore di quello altrimenti spettante, come avvenuto nel caso in esame a seguito del mendacio con riguardo allÕammontare del canone di locazione (Sez. 3, n. 5440 del 13/01/2023, Rv. 284137 Ð 01).
LÕart. 7 comma 1, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla l. 28 marzo 2019, n. 26, è integrato per il solo fatto che il richiedente la misura di sostegno fornisca false indicazioni (primo comma) od ometta di rendere informazioni dovute (secondo comma), anche parziali, dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata all’ottenimento del c.d. “reddito di cittadinanza” o al conseguimento in misura maggiore, e si realizza per il solo fatto di avere portato all’attenzione dell’amministrazione erogatrice del reddito di cittadinanza dati non veritieri. Nel caso concreto, lÕattestazione per il calcolo ISEE di dati non veri, quanto al canone di locazione, determinava il mantenimento del Rdc per un importo superiore.
Dunque, correttamente i giudici del merito hanno ritenuto integrato il reato di cui allÕart. 7 comma 1, d.l. n. 4 del 2019, nellÕavere reso dichiarazioni non vere quanto
allÕammontare del canone di locazione che ha determinato la percezione di un beneficio in misura maggiore di quella dovuta.
I giudici territoriali hanno poi ritenuto integrata la fattispecie di cui al secondo comma dellÕart. 7 che punisce l’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, e non le dichiarazioni false funzionali al mantenimento dellÕRDC per un importo superiore, variazione conseguenti allÕistaurazione di un rapporto di lavoro dellÕimputato e della di lui convivente (capo A seconda parte e capo B).
Consegue che la sospensione del procedimento per la messa alla prova, ai sensi dellÕart. 168 bis cod.pen., anche a seguito della modifica della legge Cartabia n. 150 del 2022, non era ammissibile per mancanza dei presupposti di legge, in ragione del limite edittale superiore ad anni quattro e non rientrando il reato in questione in quelli previsti dal modificato art. 550 comma 2 cod.proc.pen.
Peraltro, mette conto rilevare, il Collegio, che in tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, l’imputato, ove ritenga che il fatto possa essere giuridicamente riqualificato in un reato che consente l’ammissione a tale istituto, ha l’onere di allegare il programma di trattamento o, quanto meno, la richiesta rivolta, a tal fine, all’Ufficio di esecuzione penale esterna, trattandosi di requisiti di ammissibilitˆ dell’istanza di sospensione ex art. 464-bis, comma 4, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 36467 del 03/07/2024, Afruni, Rv. 287058 Ð 01).
Il secondo motivo di ricorso con cui si censura il diniego di riconoscimento della speciale causa di non punibilitˆ ex art. 131 cod.pen. è manifestamente infondato.
Per effetto della modifica dellÕart. 131 bis cod.pen., ad opera della legge n. 150 del 2022, la condotta post factum è uno – ma non certamente l’unico, nŽ il principale degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto l’offesa. Il giudice potrˆ perci˜ valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa.
Ci˜ vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa – quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa, ma anche valutare se il comportamento successivo in uno con gli elementi altri dellÕart. 131 bis cod.pen. sia significativo di una valutazione in termini di tenuitˆ dellÕoffesa cosa che non pu˜ essere ritenuta, quando al caso in esame, in ragione del fatto che lÕimputato alleghi di avere ratealmente pagato le sanzioni amministrative (non di avere restituito il beneficio economico indebitamente percepito) in ragione della doverositˆ dellÕobbligo del pagamento delle sanzioni che non rende tenue lÕoffesa, come argomentato nel provvedimento impugnato alla luce degli altri parametri di valutazione.
Il terzo motivo di ricorso con cui contesta la motivazione in punto esclusione della buona fede è manifestamente infondato. La corte territoriale ha reso una
motivazione congrua e per nulla illogica lˆ dove ha escluso la buona fede dellÕimputato argomentando che non erano necessarie competenze specifiche per apprezzare gli effetti derivanti dal mendacio relativo all’importo delle spese sostenute per il pagamento del canone di locazione, trattandosi di informazione, quella dell’importo del canone di locazione, nella disponibilitˆ del beneficiario e come tale idonea ad escludere la buona fede in un contesto di molteplicitˆ di condotte di mendacio e di omessa comunicazione delle variazioni di reddito (cfr. pag. 6-7).
Il ricorso va pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Cos’ deciso in Roma, il 19/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME
NOME COGNOME