Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 37275 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Ord. Sez. 7 Num. 37275 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/10/2025
SETTIMA SEZIONE PENALE
NOME DI COGNOME
– Relatore – ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da NOME, nato in Marocco il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo del 19/12/2024, visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 19/12/2024, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del GUP Tribunale di Agrigento dell’11/10/2022, che aveva condannato NOME alla pena di anni 1 di reclusione in ordine al reato di cui all’articolo 7 d.l. 4/2019.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione, in cui lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’omessa assoluzione per mancanza dell’elemento psicologico del reato: l’imputato non conosceva la lingua italiana, si era rivolto al CAF per compilare la domanda e appena ha compreso di non avere titolo alla percezione del RDC vi ha rinunciato, senza percepirlo.
Il ricorso Ł inammissibile.
Va debitamente premesso che, in tema di false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza, il disposto dell’art. 7, comma 1, d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sanzionante penalmente la non rispondenza al vero delle dichiarazioni del richiedente riguardanti la propria precedente residenza, Ł conforme ai principi costituzionali e sovranazionali, come interpretati dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea nella sentenza 29 luglio 2024, resa nelle cause riunite C-112/22 e C-223/22 e dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 31 del 2025, pur se Ł limitato a cinque anni il requisito della precedente residenza del richiedente nel territorio dello Stato. (Sez. 3, n. 23449 del 28/05/2025, Condino, Rv. 288230 – 01).
Nel caso in esame, il periodo di permanenza sul territorio italiano Ł irrilevante, posto che Ł stata accertata la permanenza in Italia solo dal 18 giugno 2018, laddove il reato Ł contestato come consumato il 29/01/2021, per cui l’imputato era presente sul territorio italiano da meno di tre anni.
Ciò posto, il Collegio rammenta che, secondo questa Corte, integrano il delitto di cui all’art. 7 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, le false indicazioni dei dati di fatto riportati nell’autodichiarazione finalizzata
Ord. n. sez. 15284/2025
CC – 31/10/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
all’ottenimento del “reddito di cittadinanza” o le omissioni, anche parziali, di informazioni dovute, solo ove le stesse siano strumentali al conseguimento indebito del beneficio, sicchØ non hanno rilevanza penale le condotte che, pur rappresentando una situazione difforme da quella reale, non incidano sul possesso effettivo dei requisiti richiesti per accedere al beneficio suddetto (Sez. 2, n. 29910 del 08/06/2022, Pollara, Rv. 283787 – 01)
La sentenza impugnata, sul punto, chiarisce come (pag. 2-3), stante il chiaro tenore delle formule utilizzate nella dichiarazione, l’imputato, all’atto della sua sottoscrizione, fosse ben consapevole «della natura ostativa al riconoscimento di detto beneficio della mancata effettiva residenza sul territorio nazionale», correttamente richiamando il principio (Sez. 2, n. 23265 del 07/05/2024, El, Rv. 286413 – 01) secondo cui, in tema di false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza, l’ignoranza o l’errore circa la sussistenza del diritto a percepirne l’erogazione, in difetto dei requisiti a tal fine richiesti dall’art. 2 d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, in legge 28 marzo 2019, n. 26, si risolve in un errore su legge penale, che non esclude la sussistenza del dolo ex art. 5 cod. pen., in quanto l’anzidetta disposizione integra il precetto penale di cui all’art. 7 del citato d.l. (In motivazione, la Corte ha aggiunto che non ricorre neanche un caso di inevitabilità dell’ignoranza della legge penale, non presentando la normativa in tema di concessione del reddito di cittadinanza connotati di cripticità tali da far ritenere l’oscurità del precetto).
Avverso tale motivazione il ricorrente si pone in modo meramente contestativo, difettando di talchØ la censura della necessaria specificità.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 31/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME