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Reddito di cittadinanza e reati: quando non c’è reato

Un cittadino era stato condannato per non aver dichiarato precedenti penali nella domanda per il reddito di cittadinanza. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna perché, al momento della richiesta, quei reati non erano legalmente considerati un ostacolo per ottenere il beneficio. La sentenza stabilisce che l’omissione è penalmente rilevante solo se riguarda informazioni che incidono effettivamente sul diritto a percepire il reddito di cittadinanza.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza e Reati: La Cassazione Annulla la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6560 del 2024, ha affrontato un’importante questione legata ai requisiti per l’accesso al reddito di cittadinanza e alle conseguenze penali di eventuali omissioni nella domanda. La decisione chiarisce che non tutte le omissioni sono penalmente rilevanti, ma solo quelle che riguardano informazioni decisive per l’ottenimento del beneficio. Questo principio tutela la certezza del diritto e l’irretroattività della legge penale.

Il Caso: una domanda per il reddito di cittadinanza con omissioni

Un cittadino aveva presentato domanda per il reddito di cittadinanza nel maggio 2020. Successivamente, veniva condannato in primo e secondo grado per aver omesso di dichiarare di avere a suo carico precedenti condanne definitive per reati di ricettazione e traffico di stupefacenti. Secondo l’accusa, tale omissione integrava il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019, poiché aveva portato alla percezione indebita del sussidio.

La questione dei “reati ostativi” e il reddito di cittadinanza

Il punto cruciale della difesa, accolto dalla Cassazione, verteva sul concetto di “reati ostativi”. Al momento della presentazione della domanda (maggio 2020) e della consumazione del reato contestato (maggio 2021), i reati per cui l’imputato era stato condannato non rientravano nell’elenco di quelli che impedivano l’accesso al beneficio.

Questi reati sono stati inseriti nell’elenco dei delitti ostativi solo con una modifica legislativa successiva, la legge di bilancio 2022 (L. n. 234/2021), entrata in vigore il 1° gennaio 2022. Pertanto, al momento dei fatti, l’omissione di tali condanne era irrilevante ai fini della concessione del reddito di cittadinanza.

La Decisione della Cassazione e il principio di offensività

La Suprema Corte ha annullato la condanna senza rinvio, stabilendo che “il fatto non è previsto dalla legge come reato”. I giudici hanno richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 49686/2023), secondo cui il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza è un “reato di pericolo concreto”.

Ciò significa che la condotta (omissione o falsa dichiarazione) è punibile solo se è concretamente idonea a far ottenere un beneficio non spettante. Se l’informazione omessa non avrebbe comunque inciso sul diritto a ricevere il sussidio, come in questo caso, la condotta non lede alcun interesse pubblico e, di conseguenza, non costituisce reato.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la valutazione della rilevanza penale della condotta deve essere effettuata sulla base del quadro normativo vigente al momento della presentazione della domanda. Applicare retroattivamente la normativa del 2022, che ha ampliato il novero dei reati ostativi, violerebbe il principio costituzionale di irretroattività della legge penale (art. 25 Cost.).

Poiché all’epoca dei fatti le condanne dell’imputato non impedivano l’erogazione del beneficio, la loro omessa comunicazione era un “fatto atipico”, cioè non corrispondente alla fattispecie di reato contestata. L’omissione di dati non rilevanti, che non reca alcuna offesa al patrimonio e agli interessi pubblici dell’ente erogatore, non può essere considerata penalmente sanzionabile.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un principio fondamentale del diritto penale: la necessaria offensività della condotta. Per essere puniti non basta compiere un’azione descritta dalla norma, ma è necessario che tale azione abbia leso o messo in concreto pericolo il bene giuridico tutelato. Nel caso del reddito di cittadinanza, l’interesse tutelato è la corretta allocazione delle risorse pubbliche. Se un’omissione non altera tale allocazione, non può esservi reato. La decisione offre quindi un’importante garanzia ai cittadini, ancorando la responsabilità penale a un danno effettivo e non a mere irregolarità formali.

Omettere una condanna penale nella domanda per il reddito di cittadinanza è sempre reato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’omissione costituisce reato solo se la condanna omessa rientra tra i “reati ostativi” previsti dalla legge al momento della presentazione della domanda, ovvero se è un’informazione funzionale a ottenere un beneficio non spettante.

Una modifica legislativa che aggiunge nuovi reati ostativi può avere effetto retroattivo?
No, la sentenza ribadisce il principio di irretroattività della legge penale. La valutazione della condotta deve essere fatta sulla base del quadro normativo vigente al momento della presentazione della domanda. Una legge successiva più sfavorevole non può rendere penalmente rilevante un’omissione che al tempo non lo era.

Qual è la natura del reato previsto per le false dichiarazioni sul reddito di cittadinanza?
Si tratta di un reato di pericolo concreto. Ciò significa che la condotta è punibile solo se ha concretamente messo in pericolo l’interesse pubblico, ovvero se le informazioni false o omesse erano idonee a far conseguire un beneficio altrimenti non dovuto. Un’omissione di dati non rilevanti ai fini dell’erogazione del beneficio è un fatto atipico e non punibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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