Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 6560 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 6560 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Sondrio il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 10-02-2023 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10 febbraio 2023, la Corte di appello di Milano confermava la decisione del 16 maggio 2022, con la quale il G.U.P. del Tribunale di Sondrio aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 7 del decreto legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019, reato a lui contestato perché, secondo l’impostazione accusatoria, egli, ottenuto il reddito di cittadinanza a seguito di apposita domanda del 21 maggio 2020, ometteva informazioni dovute, non comunicando di essere sottoposto all’affidamento in prova ai servizi sociali a seguito di condanne, di essere proprietario di beni immobili e di essere destinatario di successione telematica a seguito della madre NOME COGNOME, percependo così indebitamente la somma di euro 5.385,67; fatto commesso in Montagna in Valtellina in data 24 maggio 2021.
Avverso la sentenza della Corte di appello meneghina, COGNOME, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi esposti congiuntamente, con i quali la difesa deduce l’erronea applicazione degli art. 25 comma 2 Cost. e 2, comma 1, cod. pen., l’inosservanza degli art. 2 e 7 e la violazione degli art. 2 e 7 del decreto legge n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019, nonché la violazione dell’art. 597 cod. proc. pen., rilevando che, allorquando l’imputato ebbe a presentare la domanda volta a conseguire il reddito di cittadinanza (21 maggio 2020), egli non aveva riportato condanne ostative, essendo queste divenute tali solo dal 10 gennaio 2022 a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 234 del 2021, che ha ricompreso tra i reati ostativi anche quelli di ricettazione e di traffico di stupefacenti, mentre le ulterio condotte omissive contestate erano state già ritenute insussistenti dal Tribunale.
Quanto alla prima condotta, si sottolinea che COGNOME non era tenuto a comunicare nulla, non potendosi addebitare al ricorrente modifiche normative intervenute successivamente al momento di consumazione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, per cui la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Preliminarmente, si ritiene utile una breve ricostruzione dei fatti di causa che, nella loro sequenza fenomenica, possono essere considerati pacifici, essendo controversa unicamente la loro qualificazione giuridica. Orbene, risulta dalle due conformi sentenze di merito che, in data 21 maggio
2020, l’imputato NOME COGNOME presentava all’RAGIONE_SOCIALE domanda di ammissione
al reddito di cittadinanza, autocertificando tra l’altro la mancanza di condanne definitive per taluno dei delitti ostativi alla concessione del beneficio. L’imputato veniva quindi ammesso al beneficio e, da controlli successivamente svolti, emergeva che egli non aveva comunicato di essere proprietario di beni immobili e di essere destinatario di successione telematica a seguito della morte della madre NOME COGNOME, deceduta in data 9 febbraio 2021. Risultava inoltre che COGNOME aveva subito condanne relative a reati di ricettazione e di traffico di stupefacenti, divenute definitive nel 2018 e nel 2019, le cui pene venivano scontate con l’affidamento in prova ai servizi sociali, risalendo l’espiazione delle pene, rispettivamente, al settembre 2020 e al marzo 2021.
2. Tale impostazione, tuttavia, non può essere condivisa.
Deve evidenziarsi in proposito che, come riconosciuto anche nella sentenza impugnata, i reati per cui COGNOME era stato condannato in via definitiva prima della presentazione della domanda di ammissione al reddito di cittadinanza, ovvero quelli di cui agli art. 648 cod. pen. e 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, non erano considerati ostativi alla concessione del beneficio richiesto, essendo divenuti tali solo a seguito delle modifiche apportate dalla legge n. 234 del 30 dicembre 2021 (“legge di bilancio 2022”), entrata in vigore il 10 gennaio 2022. Pertanto, sia all’epoca della presentazione della domanda (21 maggio 2020), sia alla data indicata nel capo di imputazione (21 maggio 2021, epoca coincidente
con l’accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza), i reati per cui COGNOME era stato condannato non impedivano l’erogazione del reddito di cittadinanza, per cui l’omessa indicazione nella domanda di tali condanne e la loro mancata comunicazione dopo l’elargizione del beneficio non possono ritenersi penalmente rilevanti, dovendosi in tal senso richiamare la recente affermazione delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 49686 del 13/07/2023, Rv. 285435), secondo cui integrano il delitto di cui all’art. 7 del decreto legge n. 4 del 2019, converti dalla legge n. 26 del 2019, le omesse o false indicazioni di informazioni contenute nell’autodichiarazione finalizzata a conseguire il reddito di cittadinanza, solo se funzionali a ottenere un beneficio non spettante, ovvero spettante in misura superiore a quella di legge: si è infatti precisato che quello di cui all’art. 7 del decreto legge n. 4 del 2019 costituisce un reato di pericolo concreto a consumazione anticipata, per cui, nell’ottica del principio di necessaria offensività, l’omessa comunicazione di dati non rilevanti, a differenza delle informazioni dovute ai fini della concessione, della revoca o della riduzione del beneficio, “costituisce puramente e semplicemente un fatto atipico che non reca alcuna offesa al patrimonio e agli interessi pubblici dell’ente erogante”.
Partendo da tale premessa interpretativa, la condotta posta in essere dall’odierno ricorrente deve essere necessariamente valutata alla luce del quadro normativo vigente all’epoca della presentazione della domanda volta al conseguimento del beneficio e dell’accertamento che ne è conseguito.
Invero, secondo la Corte territoriale, la modifica del contesto legislativo di riferimento non sarebbe idonea a escludere la rilevanza penale della condotta decettiva, valendo solo a spostarne il temine di consumazione al momento della entrata in vigore della legge n. 234 del 30 dicembre 2021, ma tale affermazione non può essere condivisa, atteso che, ampliando il novero dei reati ostativi alla concessione del beneficio e dunque idonei a comportarne la revoca, la legge n. 234 del 2021 ha finito con l’attribuire rilevanza penale, a partire dal 1° gennaio 2022, a condotte che fino a quel momento erano destinate a rimanerne prive, atteso che l’omessa comunicazione di eventuali condanne definitive intanto assume rilievo ai fini dell’integrazione della fattispecie per cui si procede, i quanto si riverberi sull’ an o sul quantum del beneficio economico richiesto.
3. Alla luce di tali considerazioni, il reato ascritto a COGNOME non può essere considerato configurabile, posto che, all’epoca della domanda e fino al 1° gennaio 2022, i reati per cui egli era stato condannato non erano inseriti nel novero dei reati ostativi, per cui l’omessa comunicazione delle condanne a suo carico non può essere ritenuta idonea a integrare il contestato reato di cui al citato art. 7, in quanto all’epoca non incidente sulla concessione del beneficio.
Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio,
perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Così deciso il 07/11/2023