Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33788 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33788 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato in Jugoslavia il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 4573 della Corte di appello di Firenze del 10 dicembre 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Firenze ha, con sentenza pronunziata in data 10 dicembre 2024, integralmente confermato la sentenza con la quale il precedente 15 novembre 2022 il Gup del Tribunale di Livorno aveva dichiarato, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, la penale responsabilità di NOME in ordine al reato a lui ascritto, avente ad oggetto la violazione della normativa in relazione alla veridicità e completezza del contenuto delle dichiarazioni da compilare ai fini del riconoscimento del cosiddetto reddito di cittadinanza, e lo aveva, pertanto, condannato, applicata la diminuente per la scelta del rito ma ritenuta la recidiva reiterata contestata, alla pena di anni 2 di reclusione.
Avverso la sentenza emessa dalla Corte territoriale ha interposto ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, affidando le proprie doglianze a due motivi di ricorso; il primo di essi ha quale suo oggetto la ritenuta carenza di motivazione e violazione di legge in relazione alla ritenuta ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato contestato; osserva il ricorrente che la erroneità delle informazioni rese dal prevenuto in occasione della presentazione della sua domanda volta ai riconoscimento del reddito di cittadinanza non sono frutto di dolo ma di mera negligenza, circostanza questa da lui allegata in sede di impugnazione di fronte alla Corte territoriale e che non ha trovato smentita da parte della predetta Corte, la quale si sarebbe limitata a rilevare la non rispondenza al vero delle di tali dichiarazioni.
Con un secondo motivo di impugnazione il ricorrente si è doluto, anche in questo caso adducendo il vizio di motivazione e quello di violazione dì legge, lamentando il fatto che la Corte di appello non abbia riconosciuto in favore del prevenuto le circostanze attenuanti generiche ed abbia applicato una pena non adeguata alla gravità del caso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, nei termini in cui lo stesso è stato proposto, è inammissibile.
Con riferimento al primo motivo di censura, riferito alla pretesa carenza di motivazione e alla violazione di legge riguardante la ritenuta ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato oggetto di contestazione a carico del prevenuto osserva il Collegio quanto segue: si tratta di motivo palesemente infondato e, pertanto, inammissibile.
Ricordato che a carico del COGNOME è stata contestata la violazione dell’art. 7, comma 1, del decreto legge n. 4 del 2019, convertito con modificazioni con legge n. 26 del 2019 – per avere lo stesso, in occasione della presentazione della domanda volta al conseguimento del beneficio del reddito di cittadinanza, fornito informazioni non veritiere o, comunque, incomplete avendo egli omesso di comunicare la sua reale posizione · lavorativa, tacendo, in particolare, di essere titolare di un’impresa di compravendita di autoveicoli, risultando intestatario di ben 32 autoveicoli, e di indicare la propria vera residenza familiare – osserva il Collegio che l’affermazione secondo la quale la manchevolezza delle informazioni da lui fornite sia frutto di mera negligenza costituisce una mera postulazione; né può affermarsi che sul punto la sentenza della Corte di appello non sia stata adeguatamente motivata, posto che, avendo la Corte medicea confermato il dato obbiettivo della incompletezza informativa contenuta nella richiesta di riconoscimento del reddito di cittadinanza, sarebbe stato onere del ricorrente segnalare le ragioni, non esaminate in sede di gravame, per le quali attribuire a “colpa” siffatta omissione.
Va, d’altra parte, ricordato, che, trattandosi di reato per il quale l’elemento soggettivo rilevante è il dolo generico, cioè la consapevolezza in capo all’agente dell’azione posta in essere, ai fini della integrazione del reato in questione è sufficiente che l’agente si sia rappresentato la doverosità, ai fini della presentazione della domanda volta ad ottenere l’erogazione del beneficio, della trasmissione delle informazioni richieste (cosa della quale evidentemente l’COGNOME era ben consapevole tanto che ha, per il resto, reso le informazioni previste nel modulo per conseguire il reddito di cittadinanza) e che, scientemente, egli ometta di farlo nei termini completi che gli sono richiesti; né è pensabile che la omissione informativa possa essere dovuta ad una ipotetica ignoranza dei dati da comunicare, posto che, essendo riferiti alla persona stessa dell’imputato, questi, ragionevolmente, era perfettamente a conoscenza di quanto avrebbe dovuto indicare.
Quanto al secondo motivo di impugnazione, riguardante sia la mancata concessione delle attenuanti generiche che il quantum di pena irrogato a carico del predetto, osserva il Collegio, quanto al primo profilo, che il beneficio in questione è stato escluso, con motivazione non suscettibile di essere sindacata nella presente sede, rispondendo essa ampiamente alle esigenze di logicità della medesima, in ragione del non contestato corredo di precedenti penali gravante sull’imputato, mentre, quanto al secondo profilo, va detto che il contenimento della sanzione nel minimo previsto e l’adeguatezza
dell’aumento applicato per effetto della recidiva reiterata a lui contestata, in uno con il corretto calcolo dell’abbattimento sanzionatorio per effetto della scelta del rito, rende pretestuoso il motivo di censura.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente va, di conseguenza, condannato, visto l’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2025
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presidente