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Reddito di cittadinanza detenuto: obblighi e rischi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per non aver comunicato il proprio stato di detenzione entro 15 giorni, continuando a percepire il reddito di cittadinanza. La Corte ha stabilito che la giustificazione dell’isolamento in carcere per la pandemia Covid-19 non era stata provata. La sentenza sottolinea che l’obbligo di comunicazione per un reddito di cittadinanza detenuto è stringente e l’omissione costituisce reato, anche in presenza di un impedimento temporaneo se non seguito da una comunicazione successiva.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza Detenuto: La Cassazione sull’Obbligo di Comunicazione

La percezione del reddito di cittadinanza è subordinata al possesso di specifici requisiti, che devono essere mantenuti per tutta la durata del beneficio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la severità degli obblighi di comunicazione in caso di variazioni, in particolare per un reddito di cittadinanza detenuto. L’omessa comunicazione dello stato di detenzione entro i termini di legge integra un reato, e le giustificazioni basate su impedimenti temporanei, come l’isolamento carcerario, devono essere rigorosamente provate.

I Fatti del Caso

Un soggetto, beneficiario del reddito di cittadinanza, veniva sottoposto a custodia cautelare in carcere. Nonostante la legge imponga di comunicare qualsiasi variazione della propria condizione personale e patrimoniale entro quindici giorni, l’uomo ometteva di informare l’ente preposto del suo nuovo stato detentivo. Di conseguenza, continuava a percepire indebitamente il sussidio per diverse mensilità.

Condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 7 del D.L. n. 4/2019, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, adducendo tre motivi principali a sua difesa.

I Motivi del Ricorso: Obbligo di comunicazione del reddito di cittadinanza detenuto

La difesa dell’imputato si basava su tre argomentazioni:

1. Impossibilità per causa di forza maggiore: L’imputato sosteneva di essere stato impossibilitato a comunicare il suo stato detentivo a causa del regime di isolamento di quindici giorni imposto all’ingresso in carcere per via della pandemia da Covid-19.
2. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza: Secondo la difesa, la Corte d’Appello lo avrebbe condannato per un fatto diverso da quello contestato. L’accusa era di aver omesso la comunicazione nel termine di quindici giorni, mentre i giudici di secondo grado avevano argomentato che avrebbe potuto comunicarlo anche in ritardo, mutando così l’oggetto della contestazione.
3. Assenza di dolo: Collegato al punto precedente, l’imputato affermava di non potersi rappresentare l’obbligo di effettuare una comunicazione tardiva, una volta scaduto il termine perentorio di quindici giorni, essendo stato impossibilitato a rispettarlo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando una per una le tesi difensive.

In primo luogo, i giudici hanno ritenuto la giustificazione legata all’isolamento da Covid-19 del tutto indimostrata. La difesa non ha fornito alcun elemento probatorio a sostegno di tale affermazione. Per contestare efficacemente la valutazione dei giudici di merito, avrebbe dovuto denunciare un ‘travisamento della prova’, indicando specifici atti processuali che dimostrassero l’effettiva situazione di isolamento, cosa che non è avvenuta.

Successivamente, la Corte ha definito ‘arbitraria’ la tesi secondo cui l’imputato sarebbe stato condannato per un ‘fatto diverso’. Il ragionamento della Corte d’Appello sulla possibilità di una comunicazione tardiva non mirava a modificare l’imputazione, ma a sottolineare che, anche qualora fosse esistita un’impossibilità temporanea (peraltro non provata), l’obbligo non si sarebbe estinto. Una volta cessato l’impedimento, l’imputato avrebbe dovuto comunque adempiere al suo dovere, cosa che non ha fatto, né ha mai provveduto a restituire le somme indebitamente percepite. Il reato contestato e per cui è giunta la condanna rimane l’omessa comunicazione entro il termine di legge.

Infine, l’inammissibilità del secondo motivo ha comportato, per logica conseguenza, l’inammissibilità anche del terzo, relativo all’assenza di dolo. La condanna riguarda la volontaria omissione della comunicazione entro i quindici giorni previsti, e le argomentazioni su un presunto obbligo successivo sono state ritenute inconferenti per escludere l’intento criminoso originario.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: gli obblighi di comunicazione per i percettori di benefici statali sono stringenti e devono essere rispettati con la massima diligenza. La condizione di reddito di cittadinanza detenuto è incompatibile con il beneficio e deve essere immediatamente segnalata. Eventuali cause di forza maggiore che impediscano temporaneamente la comunicazione devono essere non solo allegate ma anche rigorosamente provate in giudizio. L’inerzia successiva alla cessazione dell’impedimento, unita alla mancata restituzione delle somme, rafforza il quadro accusatorio. Questa decisione serve da monito sulla responsabilità personale nella gestione dei sussidi pubblici e sulle conseguenze penali che derivano da comportamenti omissivi.

È possibile giustificare la mancata comunicazione dello stato di detenzione per il reddito di cittadinanza a causa di un isolamento forzato in carcere?
Secondo la sentenza, una tale giustificazione è ammissibile solo se l’impedimento oggettivo (l’isolamento e la conseguente impossibilità di comunicare) viene rigorosamente provato. Una semplice affermazione, priva di riscontri probatori, non è sufficiente a escludere la responsabilità penale.

Se si omette la comunicazione entro il termine di legge di 15 giorni, si commette reato anche se si era temporaneamente impossibilitati a farlo?
Sì, il reato si perfeziona con l’omissione entro il termine stabilito. La Corte chiarisce che un’eventuale e provata impossibilità temporanea non cancella il reato, ma al massimo potrebbe giustificare il ritardo, a condizione che la comunicazione avvenga non appena l’impedimento cessa. L’inerzia totale consolida la condotta illecita.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che il ricorso non viene esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza impugnata (in questo caso, quella della Corte di Appello) diventa definitiva e irrevocabile. Il ricorrente viene inoltre condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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