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Reddito di cittadinanza: condanna per lavoro nero

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un beneficiario del reddito di cittadinanza per non aver comunicato un’attività di lavoro nero. La sentenza chiarisce che l’abrogazione del reato non è retroattiva per i fatti commessi prima del 2024, respingendo le difese basate su un presunto periodo di prova.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Lavoro Nero e Reddito di Cittadinanza: La Cassazione non fa sconti

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39129 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: la percezione del reddito di cittadinanza in concomitanza con lo svolgimento di attività lavorativa non dichiarata. Il caso esaminato conferma la linea dura della giurisprudenza nei confronti di chi omette di comunicare variazioni di reddito, anche a fronte della recente abrogazione della misura di sostegno.

I Fatti del Caso: La Doppia Condanna

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo, beneficiario del reddito di cittadinanza, per il reato previsto dall’art. 7, comma 2, del d.l. n. 4 del 2019. L’imputato aveva omesso di comunicare all’ente preposto l’avvio di un’attività lavorativa come collaboratore artigiano. La sua colpevolezza era stata confermata sia in primo grado dal Tribunale sia in secondo grado dalla Corte di appello, che avevano ritenuto provata la condotta illecita.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione di legge per abrogazione del reato: Sosteneva che l’abolizione del reddito di cittadinanza e della relativa norma incriminatrice a partire dal 1° gennaio 2024 dovesse essere applicata retroattivamente in suo favore, secondo il principio della lex mitior.
2. Mancanza di offensività della condotta: L’uomo affermava di essere stato assunto lo stesso giorno dell’ispezione e di trovarsi in un periodo di prova. Non avendo la certezza del superamento della prova, riteneva di avere ancora trenta giorni per effettuare la comunicazione obbligatoria.
3. Travisamento della prova: Contestava l’interpretazione delle testimonianze, in particolare quella relativa alla comunicazione di assunzione (Unilav), che a suo dire dimostrava la regolarità della sua posizione.

La Decisione della Cassazione: Perché il Reddito di Cittadinanza Va Protetto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto e confermando la condanna. Vediamo nel dettaglio le argomentazioni dei giudici.

Sull’abrogazione della norma

Il primo motivo è stato respinto con una chiara spiegazione. La legge che ha soppresso il reddito di cittadinanza (legge n. 197 del 2022) ha esplicitamente fatto salva l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi fino al termine di efficacia della disciplina. Secondo la Corte, questa deroga al principio di retroattività della legge più favorevole è pienamente legittima e ragionevole. La sua funzione è quella di garantire la tutela penale contro l’indebita erogazione del beneficio fino alla sua completa estinzione, assicurando che le condotte fraudolente passate non restino impunite.

Sulla presunta assenza di offensività

Anche il secondo motivo non ha trovato accoglimento. La Corte territoriale aveva già evidenziato come, al momento dell’accesso ispettivo in cantiere, l’imputato stesse lavorando “in nero” con mansioni di responsabilità, poiché era intento a controllare il cantiere. Questa circostanza ha reso la versione difensiva del “periodo di prova” del tutto inverosimile. Per i giudici, il comportamento dell’imputato era chiaramente finalizzato a integrare il sussidio pubblico con un salario irregolare, omettendo volontariamente le comunicazioni necessarie per la revoca o la riduzione del beneficio.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, il legislatore ha operato una scelta chiara e non irragionevole nel decidere che l’abrogazione del reato legato al reddito di cittadinanza non dovesse avere effetto retroattivo. L’obiettivo era mantenere un presidio di legalità per tutte le erogazioni passate. In secondo luogo, la valutazione dei fatti compiuta dai giudici di merito è stata ritenuta logica e coerente. L’obbligo di comunicare qualsiasi variazione reddituale è un dovere fondamentale per chi percepisce un sussidio pubblico. Sostenere che un rapporto di lavoro “in prova” e non formalizzato esoneri da tale obbligo è un’argomentazione priva di fondamento giuridico. I giudici hanno ampiamente spiegato che la prova deve essere formalizzata, e l’assenza di tale formalizzazione ha permesso agli ispettori di accertare correttamente lo stato di lavoro nero.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: la lotta all’indebita percezione di aiuti statali rimane una priorità, anche dopo la soppressione di una specifica misura come il reddito di cittadinanza. Chi ha commesso illeciti in passato non potrà beneficiare dell’abrogazione della norma per sfuggire alle proprie responsabilità penali. La decisione serve da monito, ribadendo che qualsiasi forma di lavoro, anche se precaria o in prova, deve essere immediatamente comunicata, poiché incide sul diritto a percepire prestazioni sociali. La trasparenza verso le istituzioni è un prerequisito non negoziabile per l’accesso ai benefici pubblici.

Se la legge che punisce un reato viene abrogata, si viene sempre assolti per i fatti commessi in precedenza?
No. In questo caso, la Corte di Cassazione ha chiarito che la legge che ha abrogato il reato legato al reddito di cittadinanza ha specificamente previsto che le sanzioni penali continuino ad applicarsi per i fatti commessi prima della sua entrata in vigore.

Lavorare “in prova” senza contratto esonera dall’obbligo di comunicare la variazione di reddito se si percepisce il reddito di cittadinanza?
No. La Corte ha stabilito che l’obbligo di comunicazione sussiste. Un periodo di prova deve essere formalizzato. Lavorare “in nero”, anche se ritenuto “di prova” dal lavoratore, costituisce un’attività lavorativa che genera reddito e deve essere comunicata.

È possibile essere condannati anche se l’attività lavorativa è iniziata da pochissimo tempo?
Sì. La sentenza dimostra che ciò che conta è l’aver omesso la comunicazione dovuta. Il fatto che l’imputato sia stato scoperto a lavorare lo stesso giorno in cui affermava di essere stato assunto non ha diminuito la gravità del reato, poiché stava già percependo un salario in modo irregolare senza averlo dichiarato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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