Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39129 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39129 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nato a Caltanissetta il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 27/03/2023 della Corte di appello di Caltanissetta, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 27 marzo 2023 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza in data 13 maggio 2022 del Tribunale di Caltanissetta che aveva condannato NOME COGNOME alle pene di legge per il reato dell’art. 7, comma 2, d.l. n. 4 del 2019, perché, come beneficiario del reddito di cittadinanza, aveva omesso di comunicare la variazione di reddito in qualità di collaboratore artigiano.
L’imputato lamenta, con il primo motivo di ricorso, la violazione di legge perché non si era tenuto conto, in senso a lui più favorevole, della successiva abrogazione del reato; con il secondo, il vizio di motivazione per omessa risposta S1,1,1
al motivo di appello sulla carenza di offesa e pericolosità; con il terzo, il travisamento della prova con riferimento alle testimonianze dell’ispettore COGNOME e del teste COGNOME, nonché con riferimento alla comunicazione Unilav effettuata in data 31 agosto 2020.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è nel complesso infondato.
Il primo motivo propone una lettura errata del dato normativo. L’abrogazione, a far data dal primo gennaio 2024, del delitto di cui all’art. 7 d.l 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, disposta ex art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, nel far salva l’applicazione delle sanzioni penali dallo stesso previste per i fatti commessi sino al termine finale di efficacia della relativa disciplina, deroga al principio retroattività della “lex mitior”, ma tale deroga, in quanto sorretta da una plausibil giustificazione, non presenta profili di irragionevolezza, assicurando la tutela penale all’indebita erogazione del reddito di cittadinanza sin tanto che sarà possibile continuare a fruire di detto beneficio, posto che la sua prevista soppressione si coordina cronologicamente con la nuova incriminazione di cui all’art. 8 d.l. 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85, riferita agli analoghi benefici per il futuro introdot sostituzione del reddito di cittadinanza (tra le più recenti, Sez. 3, n. 7541 de 24/01/2024, Picciano, Rv. 285964 – 01, conforme a Sez. U, n. 49686 del 13/07/2023, Giudice, pag. 8, non massimata sul punto).
Il secondo motivo trova adeguata risposta nella sentenza impugnata, perché il ricorrente ha correlato il difetto di offensività alla circostanza che e stato assunto il 28 agosto 2020, cioè lo stesso giorno dell’accesso ispettivo, e quindi, da una parte, non aveva la certezza del superamento della prova, e dall’altra, aveva ancora trenta giorni per la comunicazione prevista dalla normativa sul reddito di cittadinanza. La Corte territoriale ha, per contro, osservato che, al momento dell’accesso degli ispettori in cantiere, l’imputato lavorava lì a nero con mansioni di responsabilità, perché stava controllando il cantiere. Quindi, ha logicamente inferito che la versione difensiva era inverosimile e ha stigmatizzato il comportamento del prevenuto che aveva tentato di integrare il reddito di cittadinanza con il salario dell’attività irregolare, non comunicando le informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio, tra cui l’av di attività di lavoro dipendente (art. 3, comma 8, ult. periodo, e 7, comma 2, d.l. n. 4 del 2019).
Il terzo motivo relatiVo al travisamento della prova dei testi mira in realtà a confutare la ricostruzione della disciplina del rapporto di lavoro in prova, contenuta in sentenza, ma è rivalutativo e quindi inammissibile. L’imputato ha
sostenuto che non vi era obbligo di comunicazione all’RAGIONE_SOCIALE perché il rapporto lavoro dipendente era in prova. Ma i Giudici hanno ampiamente spiegato che “l prova” deve essere formalizzata, ciò che il datore di lavoro aveva omesso di per cui gli ispettori avevano verificato che l’imputato lavorava in nero e per al contempo il reddito di cittadinanza.
Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso va pertanto rigettat conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., d le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua Così deciso, il 5 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente