Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27663 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27663 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
Sul ricorso proposto da:
avverso la sentenza del 24/10/2024 della Corte di appello di L’Aquila;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
Con sentenza del 7 febbraio 2023, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pescaracondannava NOME COGNOME alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 7 d.l. n. 4 del 2019, convertito dalla legge n. 26 del 2019, per aver omesso di comunicare all’I.N.P.S. informazioni dovute, in particolare di aver riportato una condanna divenuta definitiva in data 01/11/2023 per i delitti di associazione mafiosa, estorsione e usura in concorso, nonchØ di essere sottoposto al regime di detenzione domiciliare dal 17/05/2016, così riuscendo a percepire indebitamente il beneficio di cui all’art. 3 d.l. n. 4 del 2019 da novembre 2020 a gennaio 2021.
Sent. n. sez. 1077/2025 UP – 20/06/2025 R.G.N. 9028/2025
In ogni caso, la difesa chiede di sollevare incidente di costituzionalità dell’art. 7 d.lgs. n. 4 del 2019 per violazione dell’art. 3 Cost. nella parte in cui non esclude che il soggetto condannato per reati ostativi, che abbia intrapreso un percorso di collaborazione e goduto della circostanza attenuante della dissociazione attuosa, debba attendere il passaggio di dieci anni dalla sentenza di condanna, come il condannato degli stessi reati che non abbia mai fornito un contributo alla giustizia nella lotta alla criminalità organizzata.
1.1. Ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 4 del 2019 il beneficio del reddito di cittadinanza Ł riconosciuto ai nuclei familiari in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio, di vari requisiti, tra i quali la lettera c-bis) della menzionata disposizione normativa include, per il richiedente il beneficio, la mancata sottoposizione a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell’arresto o del fermo, nonchØ la mancanza di condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati all’art. 7, comma 3, d.lgs. cit., vale a dire per i reati di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 7 e per quelli previsti dagli artt. 270bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter, 422, 600, 600-bis, 601, 602, 624-bis, 628, 629, 630, 640bis, 644. 648, 648-bis, 648-ter cod. pen., dall’art. 3 l. n. 75 del 1958, per i delitti aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., per i reati di cui all’art. 73, commi 1, 1-bis, 2, 3 e 4, nonchØ comma 5 nei casi di recidiva, d.P.R. n. 309 del 1990, nonchØ all’art. 74 e in tutte le ipotesi aggravate di cui all’art. 80 d.P.R. n. 309 del 1990, e per i reati di cui all’art. 12, comma 1, quando ricorra l’aggravante di cui al comma 3-ter e comma 3 d.lgs. n. 286 del 1998.
Del resto, il requisito richiesto Ł stato qualificato dalla Corte costituzionale come requisito morale di onorabilità legato alla mancanza di misure cautelari personali o condanne definitive per reati specifici, ribadendo, nella recente pronuncia n. 31 del 2025, la non incoerenza della sospensione del reddito di cittadinanza per il venir meno degli specifici requisiti di onorabilità necessari sia per accedere che per mantenere il beneficio, ovvero la mancata soggezione a una misura cautelare personale e l’assenza di condanna per taluni specifici reati intervenuta nei dieci anni antecedenti, affermata nelle precedenti sentenze n. 169 del 2023, n. 126 del 2021 e n. 122 del 2020.
La giurisprudenza di legittimità Ł, infatti, ferma nel ritenere che la formale abrogazione della norma incriminatrice di cui all’art. 7, d.l. n. 4 del 2019, disposta dall’art. 1, comma 318, legge 29 dicembre 2022, n. 197, a far data dall’1 gennaio 2024, non integra un’ipotesi di “abolitio criminis”, di cui all’art. 2, comma 2, cod. pen., ma dà luogo a un fenomeno di
Di qui la manifesta infondatezza del motivo di ricorso, dovendosi ricordare che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., Ł quella evidente, cioŁ di spessore tale da risultare percepibile “ictu oculi”, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074).
Deve ricordarsi che, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente, sicchØ anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (ex plurimis, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv. 259899).