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Reddito di cittadinanza: condanna confermata dalla Corte

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18736/2024, ha confermato una condanna a due anni di reclusione per indebita percezione del reddito di cittadinanza. La Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui l’abolizione del sussidio avrebbe cancellato il reato, chiarendo che una norma transitoria mantiene in vigore le sanzioni penali per i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023. Il ricorso è stato inoltre dichiarato inammissibile per la sua genericità.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di cittadinanza: perché l’abolizione non cancella il reato

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato un’importante questione legata al reddito di cittadinanza: la sua abolizione legislativa ha comportato l’estinzione del reato per chi lo ha percepito indebitamente? La risposta della Suprema Corte è stata netta e ha confermato la condanna di un cittadino a due anni di reclusione, stabilendo un principio chiave sulla continuità delle norme penali anche in caso di riforme.

I fatti del caso

Il caso riguarda un cittadino condannato sia in primo grado dal Tribunale di Frosinone sia in appello dalla Corte di Roma per il reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza, previsto dall’articolo 7 del D.L. 4/2019. L’imputato aveva reso dichiarazioni false per ottenere il beneficio, percependo illecitamente una somma di circa 4.000 euro.

Contro la sentenza d’appello, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione, accusando la Corte d’Appello di aver confermato acriticamente la prima sentenza.
2. Mancanza di prova del dolo, cioè dell’intenzione di commettere il reato.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

In aggiunta, la difesa ha sollevato una questione decisiva: l’intervenuta abolitio criminis. Poiché la legge n. 197/2022 ha abrogato le norme sul reddito di cittadinanza a partire dal 1° gennaio 2024, secondo la difesa il reato non esisterebbe più e l’imputato dovrebbe essere prosciolto.

La questione dell’abolitio criminis e il reddito di cittadinanza

Il punto centrale della decisione è la presunta abolizione del reato. La difesa sosteneva che, essendo stata abrogata la norma che istituiva il reddito di cittadinanza e le relative sanzioni, il fatto commesso non fosse più previsto dalla legge come reato.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto con forza questa interpretazione, definendola ‘manifestamente infondata’.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

I giudici hanno chiarito che, sebbene la legge di bilancio per il 2023 (L. 197/2022) abbia effettivamente disposto l’abrogazione delle norme sul reddito di cittadinanza dal 2024, il legislatore è intervenuto nuovamente per garantire la continuità della tutela penale.

La continuità normativa tra vecchio e nuovo sussidio

La Corte ha spiegato che il decreto-legge 48/2023, che ha introdotto le nuove misure come l'”Assegno di inclusione”, ha anche stabilito un regime transitorio. In particolare, l’articolo 13, comma 3, di tale decreto specifica che le disposizioni penali dell’articolo 7 del D.L. 4/2019 continuano ad applicarsi per tutti i fatti commessi fino al 31 dicembre 2023.

Questa disposizione, come sottolineato anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 49686/2023), assicura che non vi sia alcun vuoto normativo. Il legislatore ha voluto garantire che le condotte fraudolente relative al reddito di cittadinanza rimanessero punibili. La nuova fattispecie penale per l’Assegno di inclusione è strutturata in modo identico, dimostrando la volontà di mantenere lo stesso livello di disvalore penale per queste condotte.

L’inammissibilità degli altri motivi di ricorso

Oltre a risolvere la questione dell’abolitio criminis, la Corte ha dichiarato inammissibili gli altri motivi del ricorso per la loro genericità. Trattandosi di un caso di ‘doppia conforme’ (due sentenze identiche nei gradi di merito), il ricorrente avrebbe dovuto criticare specificamente le argomentazioni di entrambe le sentenze, cosa che non ha fatto.

La Corte ha inoltre ribadito che la valutazione delle prove e dei fatti, come la sussistenza del dolo, è compito dei giudici di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia manifestamente illogica, cosa che in questo caso non è stata riscontrata.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione stabilisce un principio fondamentale: la riforma delle misure di sostegno al reddito e il cambio di denominazione da reddito di cittadinanza ad Assegno di inclusione non creano una ‘zona franca’ per le condotte fraudolente passate. La volontà del legislatore è stata quella di assicurare una transizione senza vuoti di tutela penale. Chi ha percepito indebitamente il sussidio in passato continuerà a rispondere penalmente delle proprie azioni, anche dopo l’abolizione formale della misura.

L’abolizione del reddito di cittadinanza ha cancellato il reato per chi lo ha percepito indebitamente in passato?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che una specifica norma transitoria (art. 13, comma 3, del d.l. 48/2023) mantiene in vigore le sanzioni penali previste per il reddito di cittadinanza per tutti i fatti illeciti commessi fino al 31 dicembre 2023.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile principalmente per genericità. Non si confrontava in modo critico e specifico con le motivazioni delle due sentenze di merito precedenti (c.d. ‘doppia conforme’) e si limitava a contestazioni generiche, senza rispettare i requisiti formali previsti dalla legge per il ricorso in Cassazione.

È possibile contestare la valutazione dei fatti in Cassazione?
No, di norma non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare le prove e i fatti del processo. Il ‘travisamento del fatto’ non è un motivo deducibile nel giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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