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Reddito di cittadinanza: condanna annullata per legge

La Corte di Cassazione ha annullato parzialmente una condanna per indebita percezione del reddito di cittadinanza. La decisione si fonda sul principio del ‘tempus regit actum’: al momento della prima domanda, la legge non prevedeva ancora l’obbligo di dichiarare la specifica condanna penale che l’imputato aveva omesso. Di conseguenza, per quella condotta, il fatto non costituiva reato. La condanna per una successiva domanda, avvenuta dopo la modifica della legge, è stata invece rideterminata.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di cittadinanza: Condanna annullata per una questione di giorni

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46543/2024) ha messo in luce un aspetto cruciale del diritto penale: il principio del tempus regit actum, secondo cui la legge applicabile è quella in vigore al momento della commissione del fatto. Il caso riguarda una condanna per indebita percezione del reddito di cittadinanza, annullata parzialmente perché la prima domanda fu presentata pochi giorni prima di una modifica legislativa che rendeva illecita la condotta dell’imputato. Questo provvedimento ci offre un importante spunto di riflessione sulla successione delle leggi penali nel tempo e sulle sue conseguenze pratiche.

I Fatti del Caso: La Domanda di Reddito di Cittadinanza e i Precedenti Penali

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di un anno e sei mesi di reclusione per aver indebitamente percepito il reddito di cittadinanza. L’accusa si basava sull’omissione, in due distinte domande, di una condanna definitiva per un reato ostativo (nello specifico, associazione di tipo mafioso ex art. 416-bis c.p.), requisito soggettivo fondamentale per accedere al beneficio.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando tre aspetti principali:
1. La mancata considerazione della futura abrogazione del reato a partire dal 1° gennaio 2024.
2. L’errata valutazione della sua responsabilità, sostenendo che la domanda fosse stata compilata e inoltrata da un CAF (Centro di Assistenza Fiscale).
3. L’errata determinazione della pena, evidenziando che la prima domanda era stata presentata il 21 marzo 2019, in un momento in cui la normativa non includeva ancora il suo specifico precedente penale tra quelli da dichiarare obbligatoriamente.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reddito di Cittadinanza

La Suprema Corte ha accolto solo l’ultimo motivo di ricorso, ritenendolo fondato, e ha respinto gli altri due.

Il Reato non previsto al momento della prima domanda

Il punto centrale della decisione riguarda la data della prima condotta. La Corte ha ricostruito l’evoluzione normativa:
– Il D.L. 28 gennaio 2019, n. 7, ha introdotto il reato, ma inizialmente non includeva le condanne ex art. 416-bis c.p. tra quelle che impedivano l’accesso al beneficio.
– Solo con la legge di conversione del 28 marzo 2019, n. 26, entrata in vigore il 30 marzo 2019, tale reato è stato aggiunto all’elenco.

Poiché la prima domanda dell’imputato era datata 21 marzo 2019, la sua condotta, in quel preciso momento, non era prevista dalla legge come reato. L’omissione di quella specifica condanna non era ancora illecita. Di conseguenza, la Corte ha annullato la sentenza senza rinvio per questa parte, ‘perché il fatto non è previsto dalla legge come reato’.

Le altre censure respinte dalla Corte

La Cassazione ha giudicato inammissibili gli altri motivi. Riguardo all’abrogazione della norma sul reddito di cittadinanza, ha chiarito che il legislatore ha previsto un’eccezione al principio della lex mitior, mantenendo la punibilità per i fatti commessi fino all’ultimo giorno di vigenza della disciplina. Per quanto concerne il ruolo del CAF, la Corte ha sottolineato che l’imputato rimane responsabile dei dati forniti, e che l’argomentazione era comunque generica e priva di prove.

Le Motivazioni: La Successione delle Leggi Penali nel Tempo

La motivazione della Corte si fonda su un’applicazione rigorosa del principio di legalità e irretroattività della legge penale sfavorevole. Nessuno può essere punito per un fatto che, al momento in cui è stato commesso, non costituiva reato. La Corte ha analizzato la cronologia normativa, stabilendo che l’obbligo di dichiarare la condanna per 416-bis c.p. è sorto solo il 30 marzo 2019. Qualsiasi domanda presentata prima di tale data non poteva essere considerata penalmente rilevante per quell’omissione. Per la seconda domanda, presentata nel 2020 e quindi sotto la vigenza della nuova legge, la responsabilità penale è stata confermata. Tuttavia, eliminato il reato in continuazione, la pena è stata rideterminata dalla stessa Cassazione in un anno e quattro mesi di reclusione.

Le Conclusioni: L’Importanza della Data del Reato

Questa sentenza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: la certezza del diritto in materia penale. La punibilità di una condotta dipende esclusivamente dalla legge in vigore al momento della sua commissione. Anche una differenza di pochi giorni può essere decisiva per stabilire se un’azione costituisca reato o meno. Il provvedimento dimostra come un’attenta analisi della successione delle leggi nel tempo sia fondamentale per garantire i diritti dell’imputato e per la corretta applicazione della sanzione penale.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna per la prima domanda di reddito di cittadinanza?
La Corte ha annullato la condanna relativa alla prima domanda perché, alla data della sua presentazione (21 marzo 2019), la legge non prevedeva ancora l’obbligo di dichiarare la specifica condanna penale (per art. 416-bis c.p.) che l’imputato aveva omesso. La modifica di legge che ha introdotto tale obbligo è entrata in vigore solo il 30 marzo 2019.

La successiva abrogazione del reato di indebita percezione del reddito di cittadinanza cancella i reati commessi in passato?
No. La Corte ha chiarito che la legge che ha abrogato il delitto (L. 197/2022) ha espressamente fatto salva l’applicazione delle sanzioni penali per i fatti commessi fino al termine di efficacia della disciplina, derogando al principio di retroattività della legge più favorevole (lex mitior).

Presentare la domanda tramite un CAF esonera dalla responsabilità penale per dichiarazioni false o omesse?
No. Secondo la Corte, anche se la domanda viene presentata tramite un intermediario come un CAF, la responsabilità per la veridicità dei dati forniti rimane in capo al richiedente. Gli operatori del CAF si limitano a inserire i dati comunicati dall’interessato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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