Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7026 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7026 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/10/2024
SENTENZA
sul ricorso di NOME COGNOME COGNOME nata a Pescara il 06/03/1992, avverso la sentenza in data 19/02/2024 della Corte di appello di L’Aquila, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata per quanto riguarda l’aggravante; udito per l’imputata l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 19 febbraio 2024 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza in data 1° febbraio 2022 del G.u.p. del Tribunale di Pescara che aveva condannato l’imputata alle pene di legge per il reato dell’art. 7, comma 1, d.l. n. 4 del 2019 conv. in I. n. 26 del 2019 e per il reato dell’art. 316-ter cod. pen.
La ricorrente eccepisce con il primo motivo il vizio di motivazione per il mancato esame della memoria dell’art. 121 cod. proc. pen., dove aveva
evidenziato che, al momento della presentazione della domanda e per il periodo di conseguimento del beneficio, la normativa non prevedeva l’obbligatoria indicazione della posizione cautelare relativamente ai reati comuni o per quelli di droga così come indicati dalla legge. Non risultava a suo carico nessuna condizione ostativa né misure cautelari personali né condanne definitive per i reati e non era tenuta, perciò, a effettuare comunicazioni all’INPS. La sua situazione rimaneva immutata per tutto il periodo di conseguimento del beneficio dall’agosto 2019 all’agosto 2020, data di interruzione della riscossione del reddito di cittadinanza, e comunque fino al 31 dicembre 2022. Solo in epoca successiva, il legislatore era nuovamente intervenuto a modificare la norma, ampliando il novero dei reati preclusi tra cui l’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 per cui era stata condannata in via definitiva il 5 novembre 2014 con pena sospesa. Ribadisce poi la critica alla motivazione di primo grado, redatta con la tecnica “del copia e incolla” di massime giurisprudenziali e l’assenza dell’elemento psicologico.
Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge perché la Corte di appello non aveva pronunciato l’assoluzione dai reati dei capi A) e B), in seguito all’abrogazione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. E’ manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso perché il reato sussiste a dispetto della successiva abrogazione come confermato dalla sentenza a Sezioni Unite n. 49686 del 13/07/2023, Giudice, Rv. 285435 -01, mentre è fondato il primo motivo. E’ stato accertato in fatto che l’imputata aveva presentato la richiesta di reddito di cittadinanza in data 5 agosto 2019, ma non aveva indicato che era sottoposta alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, misura operante dal 26 giugno al 2 ottobre 2019, per cui aveva ricevuto, dall’agosto 2019 all’agosto 2020, la somma di euro 14.974,56. Nella formulazione originaria della norma ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 4 del 2019, non era previsto alcun obbligo di denuncia di reati, a eccezione della condanna per il reato previsto dalla stessa legge speciale e per il reato dell’art. 640-bis cod. pen. Solo con la legge di conversione n. 26 del 2019 è stato modificato il comma 3 ed è stata aggiunta la parte indicata in corsivo “3. Alla condanna in via definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2 e per quelli previsti dagli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416bis 416-ter, 422 e 640-bis del codice penale, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per gli stessi reati, consegue di diritto l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e il
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beneficiario è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. La revoca è disposta dall’INPS ai sensi del comma 10. Il beneficio non può essere nuovamente richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna”, mentre, successivamente, in seguito alla legge 30 dicembre 2021, è stato ulteriormente ampliato il catalogo dei reati previsti dal comma 3 ed è stato inserito anche il reato dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 per cui l’imputata era stata condannata. Quindi, al momento della presentazione della domanda, il reato per cui era intervenuta la misura non faceva parte del catalogo di quelli oggetto di obbligatoria comunicazione al momento di presentazione della domanda, essendo stato introdotto successivamente. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perché il fatto non sussiste (si veda l’analogo precedente di questa Sezione n. 6560 del 07/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non mass., in motivazione).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste Così deciso, il 22 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente