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Reddito di cittadinanza: assoluzione per falsa residenza

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per false dichiarazioni finalizzate all’ottenimento del reddito di cittadinanza. La decisione si fonda su una sentenza della Corte di Giustizia UE che ha giudicato discriminatorio il requisito della residenza decennale per i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo. Di conseguenza, la falsa dichiarazione su tale requisito è stata ritenuta penalmente irrilevante, facendo venire meno sia il reato specifico che la truffa, poiché il beneficio non era più considerato indebito.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reddito di Cittadinanza e Requisito di Residenza: La Cassazione Annulla la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha segnato un punto di svolta fondamentale per le controversie legate al reddito di cittadinanza e ai requisiti richiesti ai cittadini stranieri. Con la pronuncia n. 13345 del 2025, la Suprema Corte ha annullato senza rinvio la condanna di una cittadina extracomunitaria, titolare di permesso di soggiorno di lungo periodo, accusata di aver falsamente dichiarato di risiedere in Italia da almeno dieci anni per ottenere il sussidio. La decisione si basa sull’impatto diretto di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE), che ha dichiarato illegittimo tale requisito di residenza.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna all’Assoluzione

Il caso riguardava una donna condannata in secondo grado dalla Corte di Appello di Genova per due reati: la falsa dichiarazione finalizzata all’ottenimento del reddito di cittadinanza (art. 7, d.l. n. 4/2019) e la truffa aggravata (art. 640 c.p.). In sintesi, l’accusa contestava di aver dichiarato, nella domanda per il sussidio, di possedere il requisito della residenza decennale in Italia, mentre in realtà il suo ingresso nel Paese era avvenuto meno di dieci anni prima. La Corte di Appello aveva confermato la sua responsabilità penale.

La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, ma l’elemento che ha cambiato radicalmente le sorti del processo è stata una pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 29 luglio 2024. Tale sentenza, intervenuta dopo il giudizio d’appello, ha stabilito che il requisito della residenza di dieci anni per i cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo periodo è discriminatorio e contrario alla Direttiva europea 2003/109/CE.

L’Impatto della Giustizia Europea sul Requisito di Residenza del reddito di cittadinanza

La Corte di Giustizia UE ha affermato che imporre un requisito di residenza così lungo crea una disparità di trattamento ingiustificata tra i cittadini nazionali e i cittadini di paesi terzi che sono soggiornanti di lungo periodo. Questi ultimi, secondo il diritto europeo, devono godere dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda le prestazioni sociali e l’assistenza sociale.

La normativa italiana, subordinando l’accesso al reddito di cittadinanza a dieci anni di residenza, violava il principio di parità di trattamento. La sentenza della CGUE ha quindi un effetto diretto e vincolante per i giudici italiani, i quali sono tenuti a disapplicare la norma nazionale in contrasto con il diritto dell’Unione.

La Conseguente Irrilevanza Penale della Falsa Dichiarazione

Sulla base di questo principio, la Corte di Cassazione ha ragionato in modo lineare e consequenziale. Se il requisito della residenza decennale deve essere disapplicato perché illegittimo, allora la dichiarazione (falsa) resa dall’imputata su tale circostanza perde ogni rilevanza penale. In altre parole, l’imputata aveva diritto a percepire il beneficio a prescindere dal numero di anni di residenza, purché in possesso degli altri requisiti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha spiegato che, per configurare sia il reato previsto dalla legge sul reddito di cittadinanza sia il reato di truffa, è necessario che il soggetto agente ottenga un profitto ingiusto. Nel momento in cui il requisito della residenza viene meno per effetto della sentenza europea, il beneficio percepito dall’imputata non può più essere considerato ‘indebito’ o ‘ingiusto’.

Di conseguenza, viene a mancare un elemento costitutivo fondamentale di entrambe le fattispecie di reato contestate. La condotta, pur consistendo in una dichiarazione non veritiera, diventa penalmente atipica, cioè non integra alcun reato. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza di condanna perché ‘il fatto non sussiste’, estendendo tale conclusione a entrambe le imputazioni.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rappresenta un precedente di enorme importanza per tutti i procedimenti penali simili pendenti in Italia. Le conclusioni della Cassazione chiariscono che, alla luce del diritto europeo, i cittadini di paesi terzi con permesso di soggiorno di lungo periodo non possono essere perseguiti penalmente per aver dichiarato il falso sul requisito della residenza decennale al fine di ottenere il reddito di cittadinanza. La pronuncia riafferma con forza il principio del primato del diritto dell’Unione Europea e il suo impatto diretto nell’ordinamento nazionale, fino a determinare l’insussistenza di un reato previsto dalla legge italiana.

Perché l’imputata è stata assolta nonostante avesse reso una dichiarazione falsa?
L’imputata è stata assolta perché una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il requisito della residenza decennale, oggetto della dichiarazione, è illegittimo e discriminatorio per i cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo. Di conseguenza, il giudice italiano ha dovuto disapplicare la norma nazionale, rendendo la falsa dichiarazione penalmente irrilevante.

Una sentenza della Corte di Giustizia Europea può portare all’annullamento di una condanna penale in Italia?
Sì. Come dimostra questo caso, le sentenze della Corte di Giustizia UE che interpretano il diritto dell’Unione sono vincolanti per i giudici nazionali. Se una norma penale italiana si basa su un presupposto che è in contrasto con il diritto europeo (come il requisito di residenza), il giudice deve disapplicare la norma interna, il che può portare all’assoluzione perché il fatto non è più considerato reato.

Per quale motivo sono state archiviate sia l’accusa di falsa dichiarazione che quella di truffa?
Entrambi i reati richiedono che l’azione sia finalizzata a ottenere un profitto ingiusto. Poiché la Corte ha stabilito che l’imputata aveva diritto al beneficio una volta disapplicato il requisito di residenza, il profitto ottenuto non era ‘ingiusto’. La mancanza di questo elemento essenziale ha reso impossibile configurare sia il reato specifico sul reddito di cittadinanza sia il reato di truffa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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