Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11560 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11560 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Palermo il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Milano del 14/07/2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del GLYPH Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Milano ha dichiarato inammissibile – escludendo la violazione di alcun diritto soggettivo – il reclamo proposto da NOME COGNOME (detenuto in regime ex art.41-bis Ord. pen.) avverso il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza della medesima città in data 8 luglio 2022, con il quale era stato respinto il reclamo con il quale egli aveva lamentato la misura eccessiva della trattenuta a titolo di quota di mantenimento in carcere, rispetto allo stipendio percepito per l’attività lavorativa da lui svolta in carcere.
Avverso la sopra indicata ordinanza AVV_NOTAIO, per mezzo dell’AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. c proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Egli lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., la violazione ed erronea applicazione degli artt. 35-bis e 69 Ord. pen., in relazione agli artt.41-bis1.354/75, 1,3,4,27 35 e 36 Cost. e 666 del codice di rito ed osserva che, in realtà, il reclamo aveva ad oggetto un diritto soggettivo vertendosi in materia di lavoro e di retribuzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Preliminarmente deve ricordarsi che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, “in tema di ordinamento penitenziario, il reclamo giurisdizionale di cui agli artt. 35-bis e 69, comma 6, lett. b), Ord. pen. – a differenza del reclamo generico ex art. 35, comma 1, n. 5, Ord. pen. – non è volto alla tutela di un mero interesse del detenuto alla corretta esecuzione della pena, ma ha ad oggetto la verifica di un pregiudizio concreto e attuale sofferto dal medesimo in conseguenza di un comportamento dell’amministrazione lesivo di una sua posizione di diritto soggettivo, che, pur in difetto di un espresso riconoscimento di legge, ben può consistere nella proiezione di un diritto intangibile della persona” (Cass. Sez. 1, n. 54117 del 14/06/2017, Rv. 271905 – 01) e che, sempre secondo costante giurisprudenza di legittimità in tema di ordinamento penitenziario, a fronte del reclamo proposto dal detenuto, il magistrato di sorveglianza è chiamato a procedere alla corretta qualificazione dello strumento giuridico azionato,
verificando, preliminarmente, se sia configurabile, in relazione alla pretesa dedotta, una situazione di diritto soggettivo e se vi sia una correlazione tra tale posizione soggettiva e la condotta tenuta dall’Amministrazione penitenziaria; in caso di riscontro negativo, il reclamo deve essere qualificato come generico ex art. 35, comma 1, n. 5, Ord. Pen., trattandosi di materia che non rientra nelle previsioni di legge in tema di tutela giurisdizionale, e il relativo provvedimento deve essere ritenuto non impugnabile (Cass. Sez. 1, n. 28258 del 09/04/2021, Rv. 281998 – 01).
3.Ciò posto, si osserva che non si verte in materia di diritto soggettivo atteso che, come evidenziato dal Tribunale di sorveglianza con motivazione adeguata e non contraddittoria, la misura del prelievo è stata determinata dall’Amministrazione sulla base della normativa AVV_NOTAIO applicata indistintamente a tutti i detenuti (nella misura di 2/5 della retribuzione) e, pertanto, essa non è stata applicata in maniera discriminatoria nei confronti dell’odierno ricorrente, con la conseguente inapplicabilità della procedura prevista dal citato art.35-bis.
Al rigetto del GLYPH ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso 1’8 febbraio 2024.