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Reclamo archiviazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza che rigettava un reclamo archiviazione. La Corte ha stabilito che, per legge, tale ordinanza non è impugnabile, neanche in caso di presunte violazioni procedurali. L’unico rimedio per la parte offesa è la richiesta di revoca al medesimo giudice.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reclamo archiviazione: la Cassazione chiarisce quando è inammissibile

Nel complesso panorama della procedura penale, la fase successiva a una richiesta di archiviazione è spesso delicata. La persona offesa dal reato ha il diritto di opporsi, ma cosa succede se anche la sua opposizione viene respinta? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 45834 del 2024, offre chiarimenti cruciali sulla non impugnabilità dell’ordinanza che decide su un reclamo archiviazione, anche in presenza di presunti vizi procedurali. Analizziamo insieme la decisione e le sue importanti implicazioni.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da un decreto di archiviazione emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Pisa. La persona offesa, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato un reclamo formale. Il Tribunale, esaminato il caso, ha rigettato il reclamo con un’ordinanza.

Non arrendendosi, la persona offesa, tramite il proprio difensore, ha deciso di portare la questione fino all’ultimo grado di giudizio, proponendo ricorso per Cassazione. Il motivo principale del ricorso era una presunta violazione di legge processuale: si sosteneva che l’ordinanza del Tribunale fosse nulla a causa di un’errata applicazione delle norme sulla notifica degli atti ai detenuti, violando di fatto il diritto di difesa e di partecipazione della persona offesa.

Il rigetto del reclamo archiviazione e i motivi del ricorso

Il ricorrente lamentava che il rigetto del reclamo archiviazione fosse viziato da un errore fondamentale: la notifica degli atti non era stata effettuata personalmente alla parte offesa, che si trovava in stato di detenzione, ma solo al suo difensore. Secondo la tesi difensiva, questa modalità di notifica, prevista per l’indagato o l’imputato, non poteva essere estesa alla persona offesa, ledendone il diritto a un pieno contraddittorio. Di conseguenza, si chiedeva alla Corte di Cassazione di annullare l’ordinanza del Tribunale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio cardine della procedura penale. L’articolo 410-bis, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce in modo inequivocabile che il Tribunale decide sul reclamo avverso il provvedimento di archiviazione con un'”ordinanza non impugnabile”.

Questo significa che la legge stessa chiude la porta a qualsiasi ulteriore mezzo di impugnazione. La Corte ha ribadito il “principio di tipicità dei mezzi di impugnazione” (art. 568 c.p.p.), secondo cui un provvedimento può essere contestato solo con gli strumenti e nei casi espressamente previsti dalla normativa. Poiché la legge definisce l’ordinanza in questione come “non impugnabile”, il ricorso per Cassazione è, per definizione, escluso.

La Corte ha inoltre precisato che questo principio vale anche quando si lamenta una violazione del diritto al contraddittorio, come nel caso di una notifica errata. La generale inoppugnabilità del provvedimento, conforme ai principi costituzionali (art. 111 Cost.), non ammette deroghe. Tuttavia, la Corte ha indicato quale sarebbe stato il rimedio corretto: la parte che non è stata messa in condizione di partecipare effettivamente al procedimento può avanzare una richiesta di revoca del provvedimento allo stesso giudice che lo ha emesso. Questo strumento è l’unico consentito per sanare il difetto di partecipazione, senza poter ricorrere a un grado di giudizio superiore.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un punto fermo della procedura penale: la decisione del Tribunale su un reclamo contro un decreto di archiviazione è definitiva e non può essere portata davanti alla Corte di Cassazione. Le parti processuali devono essere consapevoli che, anche di fronte a un presunto errore procedurale, la via dell’impugnazione è preclusa. L’unico strumento a disposizione per far valere un difetto di partecipazione è la richiesta di revoca indirizzata al medesimo organo giudicante. La presentazione di un ricorso inammissibile, come in questo caso, comporta non solo il rigetto, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a causa della colpa nell’aver intrapreso un’azione legale non consentita dalla legge.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro l’ordinanza che decide su un reclamo contro un’archiviazione?
No. L’art. 410-bis, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce espressamente che tale ordinanza è “non impugnabile”, pertanto il ricorso per Cassazione è inammissibile.

Cosa può fare la persona offesa se ritiene che l’ordinanza sia viziata da un errore procedurale, come una notifica sbagliata?
La persona offesa non può impugnare l’ordinanza, ma può presentare una richiesta di revoca del provvedimento allo stesso giudice che lo ha emesso, al fine di sanare il difetto di partecipazione al procedimento.

Qual è la conseguenza se si presenta un ricorso giudicato inammissibile per colpa?
La parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, come sanzione per aver avviato un’impugnazione non permessa dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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