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Reciprocità atti persecutori: quando è reato?

Un soggetto, condannato per atti persecutori, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo la reciprocità delle condotte moleste con la parte offesa. La Corte di Appello, pur dichiarando il reato prescritto, aveva confermato le statuizioni civili. La Suprema Corte ha annullato la sentenza limitatamente agli effetti civili, stabilendo che in caso di reciprocità atti persecutori, il giudice ha l’obbligo di fornire una motivazione più accurata per accertare se, nonostante il conflitto, esista una posizione di squilibrio e predominio di una parte sull’altra, tale da integrare il reato. Poiché tale analisi era mancata, il caso è stato rinviato al giudice civile competente.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reciprocità Atti Persecutori: Stalking Anche se il Conflitto è Reciproco?

Un conflitto tra due persone, caratterizzato da offese e molestie reciproche, può configurare il reato di stalking a carico di una sola di esse? La questione della reciprocità atti persecutori è complessa e spesso fraintesa. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 4546/2025) offre un chiarimento fondamentale: la reciprocità non esclude automaticamente il reato, ma impone al giudice un dovere di analisi molto più approfondito. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria prende le mosse dalla condanna di un uomo per il reato di atti persecutori (comunemente noto come stalking) e molestie. L’imputato veniva anche condannato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili. In appello, la Corte territoriale riformava parzialmente la sentenza: pur dichiarando il reato di stalking prescritto, confermava le statuizioni civili, riducendo lievemente l’importo del risarcimento.

L’imputato, non soddisfatto, ricorreva in Cassazione, basando la sua difesa su un punto cruciale: l’omessa motivazione da parte dei giudici di merito sulla sussistenza di condotte moleste reciproche. Secondo la difesa, il clima di forte conflittualità e lo scambio di offese tra le parti escludevano uno degli elementi chiave dello stalking, ovvero lo stato di subordinazione psicologica della presunta vittima.

La Tesi Difensiva: Conflitto alla Pari

Il nucleo dell’argomentazione difensiva era che, in un contesto di litigiosità reciproca, non si poteva parlare di una vittima e di un persecutore, ma piuttosto di due contendenti su un piano di parità. Questa circostanza, a dire dell’imputato, avrebbe dovuto portare i giudici a escludere la configurabilità del reato, o quantomeno a motivare in modo più rigoroso la sussistenza di un perdurante stato d’ansia o di paura nella persona offesa.

L’Onere Motivazionale in caso di Reciprocità Atti Persecutori

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, non per escludere in astratto la possibilità di reato in presenza di un conflitto reciproco, ma per censurare il modo in cui la Corte d’Appello ha gestito la questione. Gli Ermellini ribadiscono un principio consolidato nella loro giurisprudenza: la reciprocità atti persecutori non è di per sé una causa di esclusione del delitto di stalking.

Tuttavia, quando la difesa solleva specificamente questo punto, scatta per il giudice un “onere motivazionale rafforzato”. Non è sufficiente constatare le condotte dell’imputato; è necessario condurre un’indagine più approfondita per accertare se, nonostante lo scambio di accuse e molestie, si sia creato un disequilibrio tra le posizioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha rilevato che la Corte d’Appello era rimasta “completamente silente” sulla doglianza relativa alla reciprocità delle condotte. Questo silenzio costituisce un vizio di motivazione che inficia la validità della sentenza per quanto riguarda gli effetti civili (risarcimento del danno).

Secondo la Cassazione, il giudice deve verificare scrupolosamente se una delle parti, attraverso le sue azioni, abbia assunto una “posizione di ingiustificata predominanza” sull’altra, tale da generare uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice: un perdurante e grave stato di ansia o di paura, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, o la costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita.

In altre parole, il conflitto può essere reciproco, ma se le azioni di una persona superano una certa soglia e creano un reale squilibrio di potere e un impatto psicologico devastante sull’altra, il reato di atti persecutori sussiste. Il compito del giudice è proprio quello di accertare e spiegare dove si trovi questa linea di demarcazione nel caso concreto. Mancando totalmente questa analisi, la sentenza è stata annullata con rinvio al giudice civile competente, che dovrà riesaminare la questione attenendosi a questo principio.

Le Conclusioni

La sentenza in esame offre una lezione importante: la complessità delle relazioni umane non può essere semplificata in rigide categorie. Un conflitto non esclude a priori la violenza psicologica tipica dello stalking. La chiave di volta, come indicato dalla Cassazione, risiede nell’analisi del disequilibrio tra le parti. La reciprocità atti persecutori diventa un elemento che impone al sistema giudiziario uno sforzo maggiore per distinguere una lite tra pari da una situazione in cui, pur in un contesto conflittuale, una persona diventa vittima della condotta prevaricatrice dell’altra. La decisione finale spetterà al giudice civile, che dovrà ora fornire quella motivazione approfondita che era mancata nel precedente grado di giudizio.

Se due persone si molestano a vicenda, può comunque esserci il reato di stalking (atti persecutori)?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude di per sé la configurabilità del reato. È però necessario che il giudice accerti se, nonostante il conflitto reciproco, la condotta di una persona abbia causato all’altra un perdurante stato d’ansia, un fondato timore o un cambiamento delle abitudini di vita, creando un disequilibrio tra le parti.

Cosa deve fare il giudice quando un imputato per stalking sostiene che le molestie erano reciproche?
Il giudice ha un “onere motivazionale rafforzato”. Deve condurre un’indagine approfondita per verificare se esista una posizione di ingiustificata predominanza di uno dei due contendenti. Deve valutare se, al di là della litigiosità, le azioni dell’imputato abbiano superato la soglia di una normale reazione conflittuale, assumendo i caratteri di una vera e propria persecuzione.

Perché la Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso specifico?
La Cassazione ha annullato la sentenza (limitatamente agli effetti civili) perché la Corte d’Appello non ha affatto motivato sulla questione della reciprocità delle condotte, sollevata specificamente dalla difesa. Essendo rimasta “completamente silente” su un punto decisivo, la motivazione della sentenza è risultata carente, rendendo necessario un nuovo esame da parte di un altro giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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