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Recidiva: valutazione della pericolosità sociale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi di quattro persone, confermando che la valutazione della recidiva non può basarsi solo sui precedenti penali. È necessaria un’analisi concreta della pericolosità sociale dell’imputato e del legame tra i vecchi e i nuovi reati. I motivi di ricorso generici e non specifici vengono sanzionati con l’inammissibilità.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Non Solo Precedenti Penali, ma Indice di Pericolosità Sociale

Con l’ordinanza n. 34841 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di recidiva. Quest’ultima non è un mero automatismo legato alla presenza di precedenti penali, ma un sintomo di accentuata pericolosità sociale che il giudice deve valutare in concreto. L’analisi del provvedimento offre spunti cruciali sull’onere di specificità dei motivi di ricorso e sulla corretta interpretazione della recidiva nel diritto penale.

I Fatti del Caso

Quattro individui proponevano ricorso congiunto avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. Le doglianze si concentravano principalmente su due aspetti: l’omessa motivazione riguardo alla determinazione della pena e l’errata valutazione della recidiva. Secondo i ricorrenti, la Corte territoriale non aveva adeguatamente giustificato la sanzione inflitta e aveva applicato la recidiva in modo non corretto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La decisione si fonda sulla manifesta infondatezza e aspecificità dei motivi proposti, fornendo importanti chiarimenti su come debbano essere articolate le censure in sede di legittimità e su come vada interpretato l’istituto della recidiva.

Le Motivazioni della Corte sulla Recidiva

La parte più significativa della decisione riguarda la trattazione della recidiva. La Corte ha rigettato il motivo di ricorso relativo a questo punto, definendolo reiterativo e infondato.

I giudici di legittimità hanno spiegato che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato, evidenziando come la consumazione dei delitti fosse un chiaro indice di maggiore pericolosità. Richiamando un proprio precedente consolidato (Sentenza n. 10988 del 2023), la Cassazione ha sottolineato che la recidiva non è una semplice constatazione dell’esistenza di precedenti penali. Essa è, piuttosto, un sintomo di una ‘accentuata pericolosità sociale’ dell’imputato.

La valutazione del giudice, pertanto, non può limitarsi alla gravità dei fatti o all’arco temporale in cui sono stati commessi. È necessario un esame concreto, basato sui criteri dell’art. 133 del codice penale, del rapporto tra il reato per cui si procede e le condanne precedenti. L’obiettivo è verificare se e in quale misura la pregressa condotta criminosa indichi una ‘perdurante inclinazione al delitto’ che abbia agito come fattore criminogeno per il nuovo reato.

La questione della specificità del ricorso

Oltre alla recidiva, la Corte ha bacchettato i ricorrenti per l’aspecificità del primo motivo. La contestazione sulla determinazione della pena è stata giudicata una ‘generica doglianza’ che non indicava quali elementi specifici la Corte d’Appello avrebbe omesso di valutare per giungere a un diverso trattamento sanzionatorio. Questo conferma che, per essere ammissibile, un ricorso deve essere preciso e puntuale, non potendo limitarsi a una critica generica dell’operato del giudice di merito.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida due principi cardine del processo penale. In primo luogo, l’importanza della specificità dei motivi di ricorso: le impugnazioni devono essere formulate in modo chiaro e dettagliato, pena l’inammissibilità. In secondo luogo, e più sostanzialmente, viene ribadita una visione moderna e non formalistica della recidiva. Non basta avere precedenti per essere considerato recidivo in senso sostanziale; occorre che il giudice accerti, con motivazione adeguata, una reale e attuale pericolosità sociale derivante da una persistente inclinazione a delinquere. Questa pronuncia serve da monito per la difesa: le contestazioni devono essere mirate e tecnicamente fondate, soprattutto su istituti complessi come la recidiva.

Quando un motivo di ricorso sulla determinazione della pena è considerato inammissibile?
Un motivo di ricorso è inammissibile quando si risolve in una doglianza generica e aspecifica, che non indica quali elementi concreti la Corte avrebbe dovuto valutare diversamente per arrivare a un trattamento sanzionatorio più favorevole.

Come deve essere valutata la recidiva dal giudice?
La recidiva non va intesa come una mera descrizione di precedenti penali, ma come sintomo di un’accentuata pericolosità sociale. Il giudice deve esaminare in concreto, sulla base dei criteri dell’art. 133 cod. pen., il rapporto tra il fatto per cui si procede e le condanne precedenti, per verificare se la condotta passata indichi una perdurante inclinazione al delitto.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro per ciascun ricorrente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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