Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30358 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30358 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal:
Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma
Nei confronti di: COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza n. 6193/2023 della Corte di appello di Roma del 4 maggio 2023
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore genera NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
letta, altresì, la memoria difensiva redatta per l’imputato dall’AVV_NOTAIO, del foro di Roma, con la quale si chiede l’inammissibilità o il rigetto ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con sentenza pronunziata in data 4 maggio 2023, ha riformato la decisione con la quale, il precedente 25 novembre 2022, il Tribunale di Roma, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, aveva dichiarato la penale responsabilità di COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, del dPR n. 309 del 1990 per avere illecitamente detenuto, a fine di cessione a terzi, gr 57 lordi di sostanza stupefacente de tipo eroina, e lo aveva, pertanto, condannato, ritenute le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale, alla pena di anni 4 di reclusione ed euri 20.000,00 di multa.
La Corte territoriale, come detto, ha riformato la citata sentenza, escludendo la contestata recidiva e rideterminando, pertanto, la pena nella misura di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euri 12.000,00 di multa.
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Roma, affidando le proprie lagnanze ad un unico motivo di impugnazione avente ad oggetto la ritenuta violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale che, nell’escludere la ricorrenz della recidiva pluriaggravata, aveva trascurato di considerare il complessivo comportamento penale del prevenuto.
Con memoria del 1 marzo 2024 la difesa fiduciaria dell’imputato, munita di specifico mandato, ha chiesto che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o, comunque, rigettato.
COGNOMETO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto.
Rileva, invero, il Collegio che la Corte capitolina, nell’accogliere il motivo di impugnazione presentato avverso la sentenza di primo grado dalla difesa dell’imputato ha così, in sintesi, argomentato:
essendo intercorso un rilevante lasso di tempo fra l’ultima condotta del COGNOME avente rilevanza penale – la quale, avendo essa determinato l’irrogazione a carico del medesimo dell’ultima, in ordine di tempo, fra le condanne penali a suo carico, divenuta definitiva in data 21 aprile 2020, è riferibile a comportamenti delittuosi da lui tenuti in data 5 gennaio 2020 – ed fatti per cui è ora processo, non sarebbe possibile rilevare “una continuità
personologica” nel prevenuto tale da legittimare l’incremento del trattamento sanzionatorio derivante dal disposto dell’art. 99, comma quattro, cod. pen.
Ritiene il Collegio che un tale criterio di giudizio sia quanto meno inadeguato e, comunque, non sorretto da alcun possibile riferimento normativo; attraverso di esso, infatti, si ricollega al solo dato cronologico (peraltro, quan al caso in esame, neppure macroscopicamente ampio trattandosi di un intervallo di tempo pari a meno di 3 anni) l’esistenza degli indici rivelatori d maggiore allarme sociale destato e della maggiore pericolosità riscontrabile in occasione della commissione di un nuovo delitto da parte di chi già sia incorso nella violazione della legge penale essendo egli già pregiudicato per la commissione di precedenti delitti.
Va, infatti, considerato che – sebbene debba confermarsi il rilievo secondo il quale ai fini della rilevazione della recidiva, intesa quale sintomo un’accentuata pericolosità sociale dell’imputato e non come mera descrizione dell’esistenza a suo carico di precedenti penali per delitto, la valutazione de giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale della loro realizzazione, ma deve esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per procede e le precedenti condanne, verificando se e in qual misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto, che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (Corte di cassazione, Sezione II penale, 14 maggio 2023, n. 10988, rv 284425; e, già, prima, Corte di cassazione, Sezione III penale, 10 luglio 2017, n. 33299, rv 33299) – una tale indagine a “tutto tondo” deve, tuttavia, essere svolta anche ai fini delle esclusione della recidiva, tanto più ove la stessa si present come nella presente occasione, nella sua forma più grave – cioè reiterata, specifica ed infraquinquennale.
Con ciò vuole intendersi sia che si deve escludere, come la giurisprudenza più qualificata di questa Corte deve a questo punto indurre l’interprete a fare, che la ricorrenza della recidiva reiterata presupponga che a carico del condannato già sia stata emessa una precedente condanna per reato aggravato ai sensi dell’art. 99 cod. pen. (si veda, infatti: Corte di cassazione, Sezioni un penali, 25 luglio 2023, n. 32318, rv 284878), sia che possa ritenersi autonomamente decisivo, come invece sostanzialmente ritenuto dalla Corte territoriale, il fattore legato alla sussistenza di un margine temporale “neutro fra i diversi fatti costituenti delitto rilevanti ai fini dell’affermazione sussistenza della recidiva in capo all’autore di essi.
Osserva, infatti, il Collegio che, al di là della ipotesi, per altro ora scandagliata dalla Corte territoriale, nella quale si sia verificato che l’esiste di una fase di “latenza” di fatti costituenti reato nella biografia del soggetto stata dovuta alla non peregrina circostanza che questi in tale periodo, o quanto meno in una significativa parte di esso, si sia trovato a scontare la pen connessa ad una preesistente condanna, evento questo che indubbiamente priverebbe in larga parte del suo valore sintomatico di una qualche presa di distanza rispetto alla precedente condotta di vita la fase in cui il soggetto s astenuto dal violare la norme, deve segnalarsi che è lo stesso legislatore che, nel disciplinare l’istituto giuridico di qui si tratta, fissa – quale fattore cronol idoneo a giustificare, stante la allarmante sintonnaticità della temporalmente ravvicinata ricaduta nel crimine, un trattamento sanzionatorio aggravato – il termine di 5 anni dalla precedente condanna (e non dalla commissione del reato presupposto: Corte di cassazione, Sezione II penale, 2 settembre 2021, n. 32785, rv 281860), mentre la Corte di appello di Roma ha ritenuto di per sé fattore idoneo ad escludere la recidiva il fatto che fra la precedente sentenza ed il nuovo delitto, siano passati già solo poco più di due anni di tempo.
Una tale motivazione si palesa, pertanto, del tutto assertiva e priva di agganci di carattere normativo, avendo la Corte di merito del tutto trascurato, a fronte del citato dato temporale, di per se assai poco eloquente, di esaminare gli altri tratti sia della condotta da lui tenuta che della personalità del preven che, invece, avrebbero potuto giustificare la perdurante rilevabilità dell aggravante a lui contestata e ritenuta in sede di sentenza di primo grado.
Va, peraltro segnalato come il giudice del gravame abbia del tutto omesso di verificare se gli argomenti che avevano determinato l’affermazione della sussistenza della aggravante erano o meno condivisibili, atteso che questi non sono stati minimamente presi in considerazione, sia pure per confutarne la condivisibilità, da parte del giudice del secondo grado (sulla sussistenza in capo al giudice del gravame, ove questi riformi anche in senso migliorativo per il prevenuto la sentenza di primo grado, l’obbligo di fornire, anche attraverso il confronto dialettico con la motivazione della sentenza riformata, una razionale giustificazione della difforme decisione adottata, si veda: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 21 gennaio 2022, n. 2474, rv 282612; Corte di cassazione, Sezione IV penale, 22 giugno 2021, n. 24439, rv 281404; nel senso, invece, in una tale fattispecie, della insussistenza, oltre che dell’obbligo di rinnovazion delle prove dichiarative, anche di quella della “motivazione rafforzata”: Corte di cassazione, Sezione V penale, 13 giugno 2017, n. 29261, rv NUMERO_DOCUMENTO; Corte di cassazione, Sezione III penale, 10 ottobre 2017, n. 46455, rv 271110, ma
questo secondo parrebbe orientamento superato per effetto di Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 3 aprile 2018, n. 14800, rv 272430, nella quale è ribadito che, pur non avendo il giudice del gravame che intenda assolvere il prevenuto condannato in primo grado l’obbligo di rinnovare le prove dichiarative, sullo stesso incombe comunque il dovere di fornire una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata).
La sentenza impugnata, essendosi la Corte di Roma sottratta ai predetti obbligimillustrativi e valutativi, deve, pertanto, essere annullata con rinvio limitatamente alla sola sussistenza della circostanza inerente alla persona del colpevole, dovendo, per converso, ritenersi che l’affermazione della penale responsabilità del COGNOME per il reato a lui contestato sia definitiva – sia pur allo stato, nella forma della mera equivalenza fra la recidiva contestata e le attenuanti generiche, suscettibile di un aggravamento all’esito del giudizio di rinvio – non foss’altro a cagione della omessa impugnazione da parte dell’imputato della sentenza dì secondo grado nella parte in cui essa era ricognitiva della affermazione della sua penale responsabilità quanto al reato in forma non aggravata.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata, limitatamente all’avvenuta esclusione della recidiva contestata, con rinvio per nuovo esame sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
PQM
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla recidiva, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.
Così deciso in Roma, il 22 marzo 2024
GLYPH
Ti