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Recidiva: valutazione del giudice e pericolosità

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la decisione della Corte d’Appello. La Corte ribadisce che per valutare la recidiva, il giudice deve considerare il legame tra i reati e la personalità del reo per accertare una persistente inclinazione al crimine. Anche il diniego delle attenuanti generiche è legittimo se motivato dalla pericolosità sociale e dalle modalità del reato, senza che la sola ammissione dei fatti sia sufficiente.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Recidiva: Quando la Pericolosità Sociale Giustifica l’Aumento di Pena

L’istituto della recidiva rappresenta uno dei temi più dibattuti nel diritto penale, poiché incide direttamente sull’entità della pena. Non si tratta di un automatismo, ma di una valutazione discrezionale del giudice. Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui criteri che guidano questa delicata valutazione, legandola indissolubilmente alla pericolosità sociale del reo e al nesso tra i crimini commessi.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna. L’impugnazione si fondava su due principali motivi di doglianza: l’errata applicazione dell’aggravante della recidiva e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.

I Motivi del Ricorso: Recidiva e Attenuanti nel Mirino

L’imputato ha contestato le decisioni dei giudici di merito sotto un duplice profilo, entrambi centrali per la determinazione del trattamento sanzionatorio.

La Contestazione sulla Recidiva

Secondo la difesa, i giudici di merito avevano applicato l’aggravante della recidiva in modo illogico e in violazione di legge. In particolare, si contestava il fatto che la valutazione non avesse tenuto adeguatamente conto del lungo arco temporale trascorso rispetto al precedente reato, risalente al 2003.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Il secondo motivo di ricorso riguardava il mancato accoglimento, o comunque il riconoscimento in misura minima, delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. L’imputato riteneva che la sua ammissione dei fatti dovesse essere valutata più favorevolmente.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo entrambi i motivi manifestamente infondati e cogliendo l’occasione per ribadire principi consolidati in materia.

Valutazione della Recidiva: Oltre il Tempo e la Gravità

La Corte ha chiarito che la valutazione sulla recidiva non può basarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso. Il giudice ha il dovere di condurre un’analisi concreta, basata sui criteri dell’art. 133 c.p., per verificare se esista un legame tra il reato sub iudice e le condanne precedenti. L’obiettivo è accertare se la condotta passata sia indice di una “perdurante inclinazione al delitto” che ha agito come fattore criminogeno per il nuovo reato. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente individuato un carattere di omogeneità tra i reati e la predisposizione di strumenti specifici per commettere truffe e rapine, elementi che delineavano una “spiccata pericolosità speciale” dell’imputato.

Diniego delle Attenuanti: La Personalità del Reo è Decisiva

Anche sul secondo punto, la Cassazione ha confermato la correttezza della decisione impugnata. Citando la propria giurisprudenza, ha ricordato che il giudice, nel negare le attenuanti generiche, non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che la sua motivazione si concentri sugli elementi ritenuti decisivi. Nel caso concreto, la personalità dell’imputato e le modalità della sua condotta sono state giudicate prevalenti rispetto alla sola ammissione dei fatti, giustificando così il diniego del beneficio.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza riafferma il ruolo centrale della discrezionalità del giudice di merito nella valutazione della personalità del reo. L’applicazione della recidiva e la concessione delle attenuanti generiche non sono automatismi legati a singoli fattori (come il tempo trascorso o una confessione), ma il risultato di un giudizio complessivo. Questa pronuncia sottolinea come la storia criminale di un individuo non sia un mero elenco di precedenti, ma un elemento fondamentale per valutare la sua attuale pericolosità sociale e, di conseguenza, per commisurare una pena che sia giusta ed efficace.

Come deve essere valutata la recidiva dal giudice?
La valutazione non può basarsi solo sulla gravità dei fatti o sul tempo trascorso. Il giudice deve analizzare concretamente il rapporto tra il nuovo reato e le condanne precedenti per verificare se queste siano indicative di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito sulla commissione del nuovo crimine.

La sola ammissione dei fatti obbliga il giudice a concedere le attenuanti generiche?
No, la Corte ha specificato che la concessione delle attenuanti generiche non è un atto dovuto. La sola ammissione di colpevolezza può non essere sufficiente a giustificare una diminuzione di pena se altri elementi, come la personalità complessiva dell’imputato e le modalità della sua condotta, depongono in senso contrario.

Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli?
No, non è necessario. Secondo la giurisprudenza costante, è sufficiente che il giudice motivi la sua decisione facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti, senza dover prendere in considerazione ogni singolo aspetto dedotto dalle parti o rilevabile dagli atti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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